Il Casanova di Federico Fellini1976

SCHEDA FILM

Il Casanova di Federico Fellini

Anno: 1976 Durata: 170 Origine: ITALIA Colore: C

Genere:BIOGRAFICO

Regia:Federico Fellini

Specifiche tecniche:VISTAVISION - TECHNICOLOR

Tratto da:libero adattamento delle "Storie della mia vita" di Giacomo Casanova

Produzione:ALBERTO GRIMALDI PER P.E.A.

Distribuzione:TITANUS - MONDADORI VIDEO

ATTORI

Donald Sutherland nel ruolo di Giacomo Casanova
Tina Aumont nel ruolo di Henriette
Cicely Browne nel ruolo di La Marchesa D'Urfé
Carmen Scarpitta nel ruolo di Signora Charpillon
Clara Algranti nel ruolo di Marcolina
Daniela Gatti nel ruolo di Giselda
Margareth Clémenti nel ruolo di Suor Maria Maddalena
Olimpia Carlisi nel ruolo di Isabella
Silvana Fusacchia nel ruolo di Sorella di Isabella
Mario Cencelli nel ruolo di Dr. Mobius, l'entomologo
Chesty Morgan nel ruolo di Barberina
Leda Lojodice nel ruolo di Rosalba, la bambola meccanica
Sandy Allen nel ruolo di Angelina, la gigantessa
Clarissa Mary Roll nel ruolo di Anna Maria
Daniel Emilfork nel ruolo di Dubois
Mario Gagliardo nel ruolo di Righetto, il cocchiere
Alessandra Belloni nel ruolo di La principessa
Angelica Hansen nel ruolo di Tedeschina Gobba
Dan Van Husen nel ruolo di Viderol
Diane Kourys nel ruolo di Figli della signora Charpillon
Dudley Sutton nel ruolo di Duca di Wurtemberg
Francesco De Rosa nel ruolo di Giovane al luna park a Londra
John Karlsen nel ruolo di Lord Talou
Luigi Zerbinati nel ruolo di Il Papa
Marika Rivera nel ruolo di Astrodi
Marjorie Bell nel ruolo di Contessa di Waldenstein
Mary Marquet nel ruolo di Madre di Casanova
Veronica Nava nel ruolo di Romana
 
 

MUSICHE

Rota, Nino
 
 

COSTUMISTA

Donati, Danilo
 

TRAMA

Vecchio e malandato, Giacomo Casanova, bibliotecario nel castello di Dux in Boemia, rievoca la sua vita densa di amori e di avventure. Prima, da giovane, a Venezia dove, incarcerato per le sue sregolatezze, evade dai Piombi e comincia a vagare per le corti europee conducendo una vita brillante, ricca di amori, di truffe, di onori. Con il passare del tempo però il suo successo si va appannando; molte porte gli si chiudono in faccia, la degradazione fisica e morale va accentuandosi con sempre maggiore celerità. Trova infine rifugio presso un nobile boemo, che però lo esibisce come un ridicolo fantasma del passato. Ma lo spirito di Casanova è irriducibile ed egli lo fa rivivere e perpetuare scrivendo di notte le sue memorie.

CRITICA

"Era prevedibile che Fellini puntasse soprattutto su quella dimensione erotica che ha fatto passare il nome di Casanova in antonomasia (e che occupa, invece, soltanto un terzo delle memorie del più illustre avventuriero italiano del Settecento), riducendo il libertinismo del personaggio storico alla nozione più angusta, e più corrotta, di dongiovannismo. Ma che tipo di Don Giovanni è questo Casanova cialtrone, piagnone, disperato, ossessionato, teatralissimo, sottaniere forsennato, atleta del sesso, muscolare del coito, così murato nella sua ottusa maschilità da essere un mezzo uomo? Fellini sembra ben consapevole che, nel mondo di oggi, Don Giovanni non è più un eroe del Male, ma una figura anacronistica che, a risuscitarla, rischia di diventare una mezza caricatura. Se si bada al film, e non alle dichiarazioni più o meno programmatiche del suo autore, non risulta del tutto vero che in questo Casanova si sia voluto raffigurare il prototipo di una certa spregevole mascolinità peninsulare, il nonno del qualunquismo donnaiolo, l'antenato del vitellonismo italiota. Come il solito, l'atteggiamento di Fellini verso il suo personaggio è ambivalente: questo è un Casanova odiosamato. Fra i tanti Don Giovanni della letteratura e della musica, il più vicino al Casanova felliniano sembra quello di 'The Rake's Progress' di Auden e Stravinskij, e non soltanto per il desolato finale che è anche, in poetiche immagini, l'epitaffio critico di un moralista." ( Morando Morandini, in "Storia del cinema" a cura di Adelio Ferrero, Marsilio, 1978) "E' singolare che tre recenti, e importanti, film italiani - 'Casanova', appunto, e 'Salò o le 120 giornate di Sodoma' e 'Novecento' - favoriscano sondaggi di tipo psicanalitico, rivelino timore e tremore e attrazione verso la morte e, anche, la incontrollabile necessità di ripartire dall'interno dell'uomo per riconoscerla: per annullarsi in casa o, forse, per esorcizzarla. Si pensi, per Casanova, al comportamento delle donne che sfilano sulla passerella, al loro esibirsi, farsi avanti, svolgere il bandolo in ogni incontro amoroso. Sono loro, e non Giacomo, a farla da padrone. L'amore, per il seduttore di Fellini, è una vana fatica, un allenamento in vista di una competizione (la gara con il cocchiere nella casa del nobile romano), un assegno da investire in seguito. Ma esso, il più delle volte, si rivela scoperto. Non paga il libertino della sua strenua applicazione nel servire le voglie del secolo, dello scorno, dell'umiliazione anche, che tengono dietro a quasi ogni incontro amoroso di Casanova. Non lo compensano, soprattutto, sul piano del raggiungimento della sicurezza economica alla quale egli fortemente tende. Nel continuo sottrarsi alla scelta, proprio del Casanova felliniano, è dato vedere il proposito di sfuggire alla morte e, insieme, la necessità di evocarla. Casanova cerca, senza requie, l'agguato della morte: gli incontri con la monaca e la dama francese si svolgono in ambienti che ricordano le cripte. E le donne di Casanova, se si tolgono la giovane sconosciuta e la gigantessa friulana (e l'una e l'altra, a un tratto, e senza spiegazioni, scompaiono davanti a lui), hanno sui visi un accentuato pallore. Quel color bianco, lunare, è, nei miti popolari, uno dei segni distintivi della morte. E l'unica donna davvero scelta da Casanova è, appunto, la bambola meccanica che, nella sequenza finale, in una Venezia di brina e di ghiaccio, si denuncia per quello che è: la morte." (Francesco Bolzoni, "Rivista del cinematografo", gennaio-febbraio 1977) "econdo Fellini, questo Casanova risalta insomma come l'uomo che fa dell'esercizio sessuale la sua ragione di vita e che per questo muore a poco a poco senza accorgersene, sempre più estraneo all'amore, sempre più vittima di un faticoso e alienante mestiere di amatore. Il suo destino è fatalmente segnato fin dall'inizio: finire tra le braccia di una donna-oggetto per definizione che, meccanicamente, e non in senso figurato bensì letterale, ripete i gesti della passione amorosa: riflesso dell'altra ripetizione d'amore non meno fredda e meccanica, la sua. L'erotismo che Giacomo Casanova rappresenta è funebre. Con queste conclusioni Fellini firma la sua opera più severa, quella che meno concede alle esigenze dello spettacolo. La desolante rappresentazione delle imprese amatorie respira solo aria di morte e potrebbe essere scambiata, ignorando soltanto qualche sguaiatezza, per una predica sulla corruzione dei costumi e sulle ingannevoli pompe mondane." (Renato Filizzola, "I film degli anni '70 - Crisi e certezze", Ed. Paoline, 1980)

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