I vicer?2007

SCHEDA FILM

I viceré

Anno: 2007 Durata: 120 Origine: ITALIA Colore: C

Genere:DRAMMATICO, STORICO

Regia:Roberto Faenza

Specifiche tecniche:-

Tratto da:liberamente ispirato al romanzo omonimo di Federico De Roberto

Produzione:ELDA FERRI PER JEAN VIGO IN COLLABORAZIONE CON RAI CINEMA, I.C.C., VIP MEDIENFONDS 2

Distribuzione:01 DISTRIBUTION

ATTORI

Alessandro Preziosi nel ruolo di Consalvo
Lando Buzzanca nel ruolo di Principe Giacomo
Cristiana Capotondi nel ruolo di Teresa
Guido Caprino nel ruolo di Giovannino
Lucia Bosé nel ruolo di Donna Ferdinanda
Franco Branciaroli nel ruolo di Conte Raimondo
Assumpta Serna nel ruolo di Duchessa Radalì
Sebastiano Lo Monaco nel ruolo di Don Gaspare
Giselda Volodi nel ruolo di Lucrezia
Paolo Calabresi nel ruolo di Benedetto Giulente
Biagio Pelligra nel ruolo di Baldassarre
Giovanna Bozzolo nel ruolo di Graziella
Pep Cruz nel ruolo di Don Blasco
Vito nel ruolo di Fra' Carmelo
Jorge Calvo nel ruolo di Michele Radalì
Anna Marcello nel ruolo di Chiara
Katia Pietrobelli nel ruolo di Donna Margherita
Larissa Volpentesta nel ruolo di Concetta
Danilo Maria Valli nel ruolo di Federico
Magdalena Grochowska nel ruolo di Donna Isabella
Daniela Terreri nel ruolo di Lucia
Maria Rita Fenzato nel ruolo di Matilde
Pino Calabrese nel ruolo di Conte Fersa
Mario Pupella nel ruolo di Garino
Piergiuseppe Giuffrida nel ruolo di Ludovico
Giorgia Biferali nel ruolo di Rosa
Ciro Di Capua nel ruolo di Michele
Edoardo De Gennaro nel ruolo di Giovannino
Federico Baroni nel ruolo di Tancredi a 4 anni
Giovanni Morassutti nel ruolo di Cantante Lirico - Romeo
Matthieu Tornatore Legavre nel ruolo di Consalvo
Mimmo Esposito (II) nel ruolo di Tancredi a 8 anni
Shania Sargentoni nel ruolo di Teresa
 

MUSICHE

Buonvino, Paolo
 

MONTAGGIO

Fiocchi, Massimo
 

SCENOGRAFIA

Frigeri, Francesco
 

COSTUMISTA

Canonero, Milena
 

TRAMA

Sicilia, metà dell'Ottocento. La dominazione borbonica sta per terminare e con essa tutto un mondo è in dissoluzione e deve fare i conti con l'imminente nascita dello Stato italiano. Consalvo, ultimo erede degli Uzeda, la famiglia dei Vicerè di Spagna, dalle esequie della zia Teresa all'età adulta è testimone e protagonista della perpetua guerra della sua casata nella corsa al potere e alla ricchezza. E per raggiungere il loro scopo, i componenti della famiglia, ognuno con la sua complessa personalità, non esitano a mettere in atto intrighi, lotte e misteri. Primo fra tutti il principe Giacomo, padre di Consalvo, un uomo superstizioso e tirannico interessato più al patrimonio familiare che all'amore per i propri cari.

CRITICA

"Non sarebbe in fondo un peccato mortale (chi l'ha detto che nel passaggio dalla pagina allo schermo una storia non possa cambiare pelle e anima?) se non fosse che la messa in scena di Faenza si ferma a una illustrazione piatta e cartolinesca di una storia di gelosie e invidie familiari. La Storia si riduce a inquadrare gli attori all'interno di una bella scenografia: il primo piano per chi porge la battuta e lo sfondo per dare il senso dell'epoca o della ricchezza o della miseria. Tante cartoline animate, come ci hanno tristemente abituato i troppi sceneggiati televisivi che trattano la Storia come fosse un album di figurine. Lo si nota per contrasto soprattutto nella meccanicità delle scene di massa, dove la regia sembra accontentarsi di vendere il messaggio piuttosto che trovare un punto di vista originale, che sappia aiutarci a capire. (...) Così, in questa mediocritas per niente aurea, risalta solo la prova di alcuni attori. Buzzanca è una scoperta solo per chi aveva dimenticato le sue prove con Germi, Pietrangeli, Salce o Lattuada e l'età gli offre una maschera perfetta per il suo odioso principe Giacomo. Preziosi/Consalvo è convincente nella metamorfosi verso il suo subdolo gattopardismo, un po' meno nelle scene più drammatiche; stesso discorso per la Capotondi, che interpreta la principessina Teresa: meglio come ingenua sognatrice che come moglie infelice. Ma sono entrambi attori che dimostrano notevoli potenzialità." (Paolo Mereghetti, 'Corriere della Sera', 9 novembre 2007) "Non convince 'I viceré' di Roberto Faenza che, a partire dal romanzo di Federico De Roberto, mette in scena splendori e miserie, intrighi e segreti della famiglia Uzeda ossessionata da denaro e potere nella Sicilia di metà '800, negli ultimi anni della dominazione borbonica e alla vigilia della nascita dello Stato italiano. Ma la voglia del regista di suscitare scandalo con un film scomodo che parli dell'Italia di oggi più che di quella di ieri lo ha spinto a tradire il romanzo trasformando il dissacrante affresco originario in un fastoso e lussuoso romanzone familiare con padri-padroni, figli ribelli, donne sottomesse e benedettini libertini." (Alessandra De Luca, 'Avvenire', 9 novembre 2007) "Bello e ricco, 'I Viceré' di Roberto Faenza presenta almeno tre sorprese, ha tre meriti principali. Innanzi tutto riporta all'attenzione uno straordinario romanzo storico (...) Secondo merito, aver dato l'occasione giusta a un attore come Lando Buzzanca che è bravissimo, quasi una rivelazione, nel personaggio del catanese Giacomo Uzeda principe di Francalanza e Mirabella. Terzo merito, una realizzazione assai inconsueta nel cinema italiano, in cui i valori produttivi sono eccellenti: tutto è fatto benissimo e accurato, tutto lascia pensare al tempo migliore del nostro cinema dai magnifici costumi di Milena Canonero al resto, la direzione di produzione di Elda Ferri è entusiasmante. Il merito più grande è la regia, la bellezza del film e la scelta di attori come Lucia Bosè o Franco Branciaroli. (...) Molto bello, destinato alla televisione, 'I Viceré' si concentra soprattutto sulla storia della famiglia siciliana, dei suoi amori e crudeltà, della sua abilità tutta italiana nel voltare gabbana." (Lietta Tornabuoni, 'La Stampa', 9 novembre 2007) "Non si discutono la bella fattura (tutto il cinema letterario di Faenza garantisce sempre standard elevati) e alcuni pregi particolari come Lando Buzzanca nel ruolo grifagno del principe Giacomo. Né la logora questione generale del "tradimento"di qualsiasi adattamento o rilettura. E neanche la bontà dell'idea "di servizio" di rinfrescare la memoria su un grande romanzo. Ma per dire che l'opportunismo e il trasformismo, la doppiezza e l'ipocrisia restano saldamente di attualità era necessario ricorrere al metaforico utilizzo di un testo e di un contesto del nostro passato ottocentesco? Non c'era una maniera più diretta? E, diciamo la verità, anche più creativa? E, comunque, il film non restituisce del romanzo (non vale nascondersi dietro al dito della"libera ispirazione a") la spietata esposizione della meschinità, della bassezza, della rapacità, in particolare di chi della grande famiglia veste abiti religiosi. Diversamente da Tomasi di Lampedusa che una generazione dopo guardava al principe di Salina nel Gattopardo e quindi alla medesima dinamica post risorgimentale in Sicilia con occhio nostalgico e giustificazionista, Federico De Roberto testimoniava da vicino, pagandone anche lo scotto, la sua denuncia e il suo disgusto. E il film, malgrado l'intenzione dichiarata di piegare a uso polemico e attualizzante il modello letterario, non è altrettanto cattivo, aggressivo, incisivo." (Paolo D'Agostini, 'la Repubblica', 9 novembre 2007) "A chi ha amato il romanzo, l'impressione è altra. Sul ricordo di un'opera corale e spietata, potente e feroce nel raccontare l'orrore dell'italiano quando nasce come soggetto politico e nazionale (elementi che hanno ostracizzato l'opera di De Roberto), prevale il sorgere di un eroe solo. Trasformando 'I Vicerè' nel 'romanzo di Consalvo' lo si trasforma da cinico e opportunista in una sorte di eroe che, anche quando negativo, porta con sé il prestigio della 'battaglia', qualunque questa sia. La libertà che si è preso Faenza nel ridurre ad unicum la fastosa pluralità del libro non è da poco: è quella del cinema ai tempi della tv. Infatti dei 'Vicerè' si avrà anche una fiction in due puntate e sappiamo anche che il regista ha fatto di tutto per separare il grande dal piccolo schermo. Ma non ci è riuscito, perché 'I Vicerè' che vedremo al cinema sanno molto di televisione, come fossero una loro anticipazione. Perché, noi crediamo, il cinema o è alto o è televisivo." (Dario Zonta, 'L'Unità', 9 novembre 2007) "I soldi spesi per la realizzazione si vedono tutti (grazie ai magnifici costumi della Canonero e alle scenografie di Frigeri), e la fotografia di Maurizio Calvesi nonostante gli sfarzi degli ambienti ha una giusta tinta fosca, che rispecchia l'occhio sarcastico di De Roberto. A differenza infatti di Tomasi di Lampedusa, che guardava d a sua nobiltà con il rimpianto di un passato che non sarebbe mai più tornato, De Roberto osserva e condanna, descrive e ironizza. Per questo fu ignorato dai suoi contemporanei e poi stroncato da Croce e dai suoi adepti. Meno buono il montaggio di Massimo Fiocchi, che costringe lo spettatore a notare orribili salti di scena. Il risultato complessivo è dignitoso. Un po' rigido, come nel carattere di Faenza, privo di respiri ampi e a tratti didascalico, ma esente da sbavature. Abbastanza per andarlo a vedere soprattutto per andare a riprendere dalla libreria uno dei più bei romanzi sull'Italia e gli italiani." (Roberta Ronconi, 'Liberazione', 9 novembre 2007)

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