I figli degli uomini2006

SCHEDA FILM

I figli degli uomini

Anno: 2006 Durata: 114 Origine: CANADA Colore: C

Genere:AVVENTURA, DRAMMATICO, FANTASCIENZA, THRILLER

Regia:Alfonso Cuarón

Specifiche tecniche:-

Tratto da:romanzo omonimo di P.D. James

Produzione:UNIVERSAL PICTURES, STRIKE ENTERTAINMENT, BEACON COMMUNICATIONS LLC, HIT & RUN PRODUCTIONS, QUIETUS PRODUCTIONS LTD.

Distribuzione:UIP

ATTORI

Clive Owen nel ruolo di Theodore Faron
Julianne Moore nel ruolo di Julian Taylor
Michael Caine nel ruolo di Jasper Palmer
Chiwetel Ejiofor nel ruolo di Luke
Charlie Hunnam nel ruolo di Patric
Claire-Hope Ashitey nel ruolo di Kee
Pam Ferris nel ruolo di Miriam
Danny Huston nel ruolo di Nigel
Peter Mullan nel ruolo di Syd
Oana Pellea nel ruolo di Marichka
Paul Sharma nel ruolo di Ian
Philip Herbert nel ruolo di Peter
Jacek Koman nel ruolo di Tomaz
Michael Klesic nel ruolo di Rado
Dhaffer L'Abidine nel ruolo di Zaphyr
Lucy Briers nel ruolo di Reporter TV
Robert Dearle nel ruolo di Autista
Barnaby Edwards nel ruolo di Funzionario Ministero delle Arti
Francisco Labbe nel ruolo di Salvador
Denise Mack nel ruolo di Emily
Thorston Manderlay nel ruolo di Hendrijk
Rogan Grant nel ruolo di Agente Polizia Militare
Suzy Kewer nel ruolo di Rifugiata
Henry Martens nel ruolo di Rifugiato
Ernesto Tomasini nel ruolo di Rifugiato
Juan Gabriel Yacuzzi nel ruolo di Diego Ricardo
Ed Westwick nel ruolo di Alex
Philippa Urquhart nel ruolo di Janice
Tehmina Sunny nel ruolo di Zara
Vidal Sancho nel ruolo di Ribelle basco
Peter Ryder nel ruolo di Agente di sicurezza
Faruk Pruti nel ruolo di Sirdjan
Georgette Pallard nel ruolo di Carmen
Martina Messing nel ruolo di Birgit
Caroline Lena Olsson nel ruolo di Caroline
Michael Norton nel ruolo di Fotografo
Bruno Ouvrard
Joy Richardson
Maurice Lee
Milenka James
Somi Guha
 

SOGGETTO

James, P.D.
 

MUSICHE

Tavener, John
 
 

COSTUMISTA

Temime, Jany

TRAMA

2027. La razza umana sta per estinguersi perché da 18 anni non nascono più bambini e la scienza non riesce a capire la causa dell'infertilità che dilaga nel mondo. In una Londra infestata da frange nazionaliste violente che vorrebbero mandar via dall'Inghilterra tutti gli immigrati, Theo Faron, attivista pacifista diventato semplice burocrate, viene coinvolto dalla ex-moglie rivoluzionaria, Julian, nel salvataggio e nella protezione di una ragazza rimasta misteriosamente incinta che potrebbe portare un barlume di speranza per la continuazione della specie umana...

CRITICA

"Davvero non risparmia sulle scenografie, l'azione e il ritmo 'Children of Men' di Alfonso Cuaròn, ennesimo thrilling futuristico ambientato nell'Inghilterra del 2027. (...) Il regista messicano, già cooptato a Hollywood per dirigere 'Harry Potter e il prigioniero di Azkaban', affronta con entusiasmo degno di miglior causa l'omonimo romanzetto di P.D. James e ci dà dentro con le atmosfere apocalittiche di un Occidente punito a causa delle sue intolleranze e del suo imperialismo: tra rovine fumanti, campi di prigionia, schiere di poliziotti armati fino ai denti e micidiali attentati di una resistenza in stile Al Zarkawi, l'umanità rischia d'estinguersi perché le donne non possono più far figli. (...) Gremito di stereotipi buonisti e semplicistico come un volantino, 'Children of Men' neppure sfiora la vertigine visionaria di titoli similari come 'Blade Runner', 'L'uomo che fuggì dal futuro', '1984' o '28 giorni', ma in compenso utilizza tutti i dollari dell'importante budget, si giova di recitazioni professionali e inanella colpi di scena abilmente suddivisi tra confronto psicologico e botte da orbi a tutto schermo. In altri tempi si sarebbe detto un film non adatto al concorso e tutt'al più buono per le adunate notturne giovanottesche; ma siccome siamo sostenitori della contaminazione tra arte e intrattenimento a tutti i livelli, non ci resta che segnalare di buon animo i suoi meriti." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 4 settembre 2006) "Anche chi diffida di premesse così, un po' logore, stenterà a non farsi coinvolgere dalle prime sequenze dei "Figli degli uomini". La cui suggestione consiste nel rappresentare un futuro apocalittico sì, ma tanto più allarmante perché non troppo dissimile dal nostro presente: una Londra tenuta in ostaggio dalle misure di sicurezza, la paura degli attentati, le notizie televisive angosciose; come, verosimilmente, potrebbero mostrarsi le metropoli tra vent'anni, a meno di una rapida inversione di tendenza. Conferma il nero pessimismo, del resto, il personaggio del vecchio hippy affidato a Michael Caine, reperto di un'epoca (gli anni '60) ormai percepita come la mitica età d'oro. La seconda parte, però, cambia registro e trasforma la storia in pura dinamica inseguitori-inseguiti. Anche se il regista non rinuncia allo stile realistico (riprende con la cinepresa a spalla, come in un reportage di guerra), il suo diventa solo un film d'azione, con tanto di epilogo consolatorio." (Roberto Nepoti, "la Repubblica", 17 novembre 2006) "Distopia: un futuro in cui ciò che può andare male... va malissimo. Libri e cinema. Intrattenimento e avvertimento. Esempi: '1984' di George Orwell, 'Brazil' di Terry Gilliam, tutta la letteratura di Philip K. Dick e anche 'I figli degli uomini', unico romanzo di fantascienza della giallista P.D. James che nelle mani di Alfonso Cuarón diventa opera affascinante quanto problematica. (...) Piani sequenza magistrali ai livelli di Welles e De Palma, commovente Michael Caine come simbolo della speranza anni '60, gran rock nostalgia in colonna sonora (Deep Purple, King Crimson), sparatorie in città fatiscenti come Bagdad e Beirut. Nel finale non molto convincente l'utopia scaccia troppo facilmente la distopia. Cuarón ci crede ancora. Mentre faceva il film gli è nato il terzo figlio." (Francesco Alò, 'Il Messaggero', 17 novembre 2006) "'I figli degli uomini' immagina che, in tanta desolazione, cresca qualcuno nel ventre di una donna dalla pelle nera e senza marito. L'incantesimo è dunque rotto dopo diciotto anni d sterilità mondiale... Cuaròn imbottisce il film di metafore e allusioni poi le spiega, raddoppiando l'errore. E il prevedibile finale rovina quel po' di arcano che rimaneva." (Maurizio Cabona, 'Il Giornale', 17 novembre 2006) "Un film inglese. Firmato però da un regista messicano, Alfonso Cuarón, molto noto in patria specie dopo che un suo film, 'Y tu mamá tambien', è stato premiato a una Mostra di Venezia, ma apprezzato anche a livello internazionale per avere diretto, di recente, un episodio della serie di Harry Potter 'Il prigioniero di Azkabam'. Il film di oggi, titolo italiano 'I figli degli uomini', è tratto da un romanzo di una delle più celebrate gialliste inglesi, Phillis Dorothy James, ma sa anche apparentarsi alla fantascienza. (...) Schemi e modi di una violenza inaudita, immagini sempre cariche d'angoscia, tra luci plumbee, scenografie spettrali (ricreate nelle più squallide periferie dell'Hampshire) e un sonoro traboccante di echi sinistri. Affidati a ritmi che, nonostante la macchina quasi sempre a mano, sia prodiga di sequenze intente a non interrompere l'azione, tra spari, inseguimenti, fughe affannate, rievocazioni quasi allucinate di un Potere contrastato da un terrorismo altrettanto negativo, riescono sempre a prendere alla gola. Facendo, ad ogni pagina, dilagare l'incubo. Gli interpreti, ovviamente, concorrono al raggiungimento solido di questi risultati. Il protagonista, volutamente non eroe, è Clive Owen, una maschera segnata, attraversata però da tremiti. L'ex compagna è Julianne Moore, dura ed indomita. Non dimentico però, in una pagina pittoresca, l'apparizione fugace ma intensissima di Michael Caine, un hippy con occhiali, barba canuta e capelli lunghi. La firma del cinema inglese migliore." (Gian Luigi Rondi, 'Il Tempo', 17 novembre 2006) "'I figli degli uomini' di Alfonso Cuaron è stato definito più che fantascienza, fantacoscienza di oggi. Il nostro Clive Owen infatti, più giovane e filosofo di quanto appaia nel mistery Mondadori dell'inglese P.D.James, è un non eroe che si aggira in pastrano nella Londra bombarola del 2027, cercando di salvare i valori dell'umanità distrutta e sterile. (...) Cuaron fa audace riferimento alla Madonna ma anche al ruttino dei neonati. Costellato di angoscia contemporanea (il terrorismo, l'immigrazione nei lager, la terza età che avanza, l'intolleranza regina, la distruzione) il film è una bella occasione mancata per troppo materiale, e per eccesso di grottesco esistenziale. Certo che i pericoli segnalati sono veri e Cuaron, uscito da un Harry Potter dark, mette tutto il suo stile noir messicano nel favoleggiare con combattimenti fragorosi e distruttivi una realtà contemporanea. Owen è ottimo attore, discreto anche quando la sceneggiatura lo mette a dura prova, si muove infelice nelle grigie scene belliche di massa a lui inconsuete ('Inside man', 'Closer'), mentre la moglie ripudiata Julianne Moore è una rivoluzionaria no stop e Michael Caine fa con consapevole ironia un cameo old hippy. Tutto ok, compresa la coscienza infelice, ma il film assorda più che allarmare, è ingenuo e un po' banale nelle intenzioni etico declamatorie, benché visionario nell'inferno della guerra. Insufficiente in psicologia, l'allarme di Cuaron è sincero e riassuntivo di troppe delusioni alla fine omologate dalla bolgia feroce dei corpi che si dilaniano in bello stile di regìa nel fango atmosferico e metaforico: ogni riferimento, dal Libano e dintorni all' Iraq, non è puramente casuale." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 17 novembre 2006)

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