The Housemaid2010

SCHEDA FILM

The Housemaid

Anno: 2010 Durata: 107 Origine: COREA DEL SUD Colore: C

Genere:THRILLER

Regia:Im Sang-soo

Specifiche tecniche:35 MM (1:2.35)

Tratto da:-

Produzione:MIROVISION INC., SIDUS FNH

Distribuzione:FANDANGO (2011)

ATTORI

Jeon Do-Youn nel ruolo di Eun-yi
Lee Jung-jae nel ruolo di Hoon
Youn Yuh-jung nel ruolo di Byung-sik
Seo Woo nel ruolo di Hae-ra
Park Ji-young nel ruolo di Madre di Hera
Ahn Seo-hyun nel ruolo di Nami
Hwang Jung-min nel ruolo di Soon-bun
Moon So-ri nel ruolo di Medico
Kim Jin-ah nel ruolo di Medico
 

SOGGETTO

Ki-young, Kim
 

SCENEGGIATORE

Gina Kim
Sang-soo, Im
 

MUSICHE

Hong-jip, Kim
 

MONTAGGIO

Eun-soo, Lee
 

COSTUMISTA

Se-yeon, Choi
 

TRAMA

La giovane Eun-yi, rimasta sola per la fine del matrimonio a causa della sua infertilità, viene assunta come nuova governante nella casa della giovane Hae-ra, madre di una bambina e in attesa di due gemelli, sposata con il ricco Hoon. Quando l'incauta Eun-yi intraprende una focosa relazione con il suo datore di lavoro, che la mette incinta, l'anziana cameriera Byung-sik, da anni al servizio della famiglia, avvisa dall'accaduto Mi-hee, la madre di Hae-ra, che cercherà di convincere la donna ad accettare un "lauto risarcimento" per disfarsi del bambino e sparire senza rimpianti. Tuttavia, sarà Hae-ra a "risolvere" la situazione, dando il la alla terrificante vendetta di Eun-yi.

CRITICA

"Tra registi di punta della nouvelle vague coreana, assieme a Kim Ki-duk e Park Chan-wook, quest'anno Im Sang-soo è agli onori del concorso con 'The Housemaid', remake di un film del 1960 che ha profondamente influenzato la sua generazione. E, dell'originale, conserva la struttura melodrammatica. (...) Elegantemente impaginato, con la giusta dose di scene di sesso, il film si gioca aforismi sui potenti della terra ('Sono i poveracci che possono avere un solo figlio') e fa della protagonista Jeon Doyeon (già premiata a Cannes nel 2007 come migliore attrice protagonista) una vittima designata da romanzo verista. Riservandole un finale fiammeggiante di gusto quasi orrorifico." (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 15 maggio 2010) "Il viaggio del corpo, dalla giovinezza elastica e prorompente alla cenere del cupo finale, è perfettamente compiuto." (Claudia Ferrero, 'La Stampa', 14 maggio 2010) "Ecco Im Sang-soo, che sguazza tra sesso e potere, corruzione e morte: no, non in Italia, ma per il remake made in Korea di un classico anni 60. L'intento è postmoderno, dunque, l'occhio prima decostruisce e poi riassembla: specchi, scale, claustrofobia e governanti fantasmatiche, di tutto un po', perché il noir non stinga nella centrifuga della rivisitazione dotta. Insomma, se avete palato cinefilo ed eccitazione per la citazione fatevi avanti, altrimenti, non ogni lasciata è persa vale anche per la Corea." (Federico Pontiggia, 'Il Fatto Quotidiano', 26 maggio 2011) "Bette Davis si rivolta nella tomba, questo era un film per lei. Un bel méelo coreano, di patinata ma appassionata e sensuale fattura, in cui una colf diventa schiava d'amore del padrone, innescando rivolte femminili in famiglia. Il regista Im Sang-soo nel remake di un classico del '60 di Kim Ki-young, esprime il disappunto per l'opulenza di una società che detiene soldi e arroganza morale. E l'eleganza formale, comprese signore attrici, non inficia mai il pungiglione velenoso dell'opera." (Maurizio Porro, 'Il Corriere della Sera', 27 maggio 2011) "Un film più che perfetto per raccontare un mondo ossessionato dalla perfezione. Una storia di violenza, manipolazione, ricatto, in cui tutto è (deve essere) bellissimo, perché la bellezza nasconde la prevaricazione, anzi ne è il compimento naturale, il segno del dominio esercitato sul mondo. E su se stessi. Remake di un classico del cinema coreano, 'The Housemaid' di Im Sang-soo è un sontuoso 'Scene dalla lotta di classe in Corea del Sud»' che ribalta lo script originario capovolgendo ruoli e morale. (...) Scandito da inquadrature laccate e impeccabili, in un crescendo di crudeltà fisica e mentale quasi insostenibile, 'La governante' mette a disagio per la perfezione formale un poco anacronistica e la crudeltà totale, astratta (o astorica), dei personaggi. La vitalità del film originale lo rendeva senza tempo. Questo, benché contemporaneo, suona paradossalmente remoto, quasi datato. Ma sprigiona una forza, un orrore, una condanna morale che restano dentro a lungo, anche dopo la visione." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 27 maggio 2011) "È di uno splendore formale esagerato: laccato, elegante, con una cura dei colori e delle scenografie che fa pensare ad un piccolo Visconti orientale. Ma Im Sang-Soo è qualcosa di più: è un cineasta che viene da lontano, e anche il suo film viene da lontano. (...) 'The Housemaid' è la storia di una guerra familiare in cui l'unico uomo di casa è il trofeo a cui tutte danno la caccia, e le varie donne si combattono come tigri ciascuna in difesa del proprio territorio. Im Sang-Soo è sempre stato un 'regista di donne' -una sorta di George Cukor coreano - con una carica provocatoria che qui rimane sotto la brace. Il film è bellissimo, insolito ma curiosamente assai comprensibile per un pubblico occidentale. Può essere un buon modo per cominciare ad esplorare il continente-Corea di cui sopra. Partite da qui, e perdetevi. Ne vale la pena." (Alberto Crespi, 'L'Unità', 27 maggio 2011) "La nuova, timida cameriera è carina e, si capirà presto, piuttosto bendisposta. Che abisso con la scortese collega newyorchese alle prese col satiro Strauss-Kahn. (...) Un drammone sentimentale in piena regola, zavorrato dall'andamento lento, classico del cinema asiatico e da almeno un quarto d'ora di troppo. Elegante e barbosetto, con gli sbadigli del pubblico che fanno da contraltare ai gemiti e ai sospiri della sfortunata protagonista." (Massimo Bertarelli, 'Il Giornale', 27 maggio 2011) "Piacerà a coloro che amano i film sugli inferni familiari come li faceva Claude Chabrol nei suoi anni d'oro. E a chi è propenso alle metafore e amerà interpretare il ritratto della grande famiglia come lo specchio scuro della borghesia coreana del Sud." (Giorgio Carbone, 'Libero', 27 maggio 2011)

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