SCHEDA FILM

HEIMAT 2 - L'EPOCA DEL SILENZIO

Anno: 1992 Durata: 120 Origine: GERMANIA Colore: B/N

Genere:DRAMMATICO

Regia:-

Specifiche tecniche:-

Tratto da:-

Produzione:EDGAR REITZ FILM PROD. MONACO

Distribuzione:MIKADO FILM

TRAMA

Mente Hermann Simon si destreggia suonando in feste che gli procura l'amico Clemens, Rob si reca nel luogo dove Reinhard Dorr è scomparso l'anno precedente. Qui incontra Esther, anch'ella in pellegrinaggio dove è scomparso l'amico. Esther incontra il padre con il quale visita Dachau non senza avere screzi con lui. Hermann e Schnusschen, con la piccola Lulu, si incontrano spesso con Volker, Clarissa e il piccolo Arnold. Hermann attraversa una crisi finanziaria, ma il console Handschuh, titolare della Isarfilm, che ha ritirato un premio a nome dell'ignaro Hermann, gli offre l'opportunità di lavorare ad un avveniristico progetto multimediale con l'amico Rob. Frattanto Helga si impegna nella politica e porta spesso a casa di Hermann invadenti compagni di lotta. E' l'epoca del Vietnam e l'antiamericanismo dilaga. Intanto il progetto del console ottiene il finanziamento e mentre Hermann lavora ai suoni elettronici e campionati, Rob filma metri su metri con quattro cineprese. Volker invidia ad Hermann il nuovo lavoro, ed è in crisi con Clarissa, che rivela la sua angoscia di fondo anche in una bellissima ninna nanna al figlio. Successivamente Hermann ha un'avventura con la segretaria di produzione della Isarfilm, Erika. Schnusschen, che si sente sempre più sola, confida la sua solitudine e la sua frustrazione a Clarissa: per lei Hermann non ha scritto nemmeno una canzone.Per l'anniversario della morte di Reinhard gli amici si ritrovano sul lago, dove Rob filma il punto della scomparsa. Finalmente si inaugura il Multi Vision, il centro ideato da Rob ed Hermann. Un corto circuito e l'accensione improvvisa di una lampada causano una temporanea cecità a Rob. Questi, operato, riacquista la vista, mentre Esther, sulla barca, fotografa, come in trance, il luogo dove si è inabissato Reinhard.

CRITICA

"Consigli per gli acquisti (e le conquiste) del tempo libero. Quelli che possono - i romani, per ora, o chi vive comunque nell'area metropolitana della capitale, ma presto anche chi vive in altre città d'Italia - non si perdano 'Heimat 2', cronaca di una giovinezza di Edgar Reitz, il romanzo cinematografico in tredici capitoli e ventisei ore (per la precisione, 26 ore e 32 minuti) che dopo il trionfo alla Mostra di Venezia '92 è arrivato al Nuovo Sacher di Roma, dove viene programmato, una puntata a settimana, di qui sino a maggio. Venite, signori: si ride e si piange, ci si diverte e ci si commuove, si ricorda e si rivive una fetta delle nostre vite, in un irresistibile feuilleton (o telenovela o saga) su tutti i nostri ieri. Perché 'Heimat 2' si svolge si in Germania, negli anni Sessanta. Ma racconta: di tutti noi: è la storia della generazione di chi scrive, dei padri - e delle madri - di chi oggi ha vent'anni dei figli di chi era adulto durante la guerra, del mondo nuovo che questa generazione ha pensato e sperato di creare, delle radicali trasformazioni che si sono prodotte nel costume e nelle coscienze in quei formidabili anni, della scoperta di un simulacro di parità femminile, delle illusioni della rivoluzione sessuale, del kennedysmo e del terrorismo, degli scontri e delle speranze, delle ribellioni e delle riconciliazioni che hanno costruito il mondo sicuramente diverso, per un po' forse migliore - uscito da quella piccola rivoluzione." (Irene Bignardi, 'la Repubblica', 26 febbraio 1993) "'Heimat 2' ha l'attrattiva delle sue contraddizioni. Da un lato rappresenta un ritorno al romanzo alla Thomas Mann, preso a modello del momento della sua maggiore fioritura; dall'altro inventa spregiudicatamente nuovi tempi narrativi e inedite forme di fruizione. Nello scegliere una scansione popolare da miniserie televisiva, riafferma i diritti e il primato di un'aristocraticissima ottica cinematografica. E mentre è in forte probabilità di restare come una delle testimonianze attendibili e palpitanti dei fervidi anni Sessanta, ne sancisce senza perifrasi il fallimento: nessuno dei protagonisti realizza la propria utopia, anzi man mano che le storie vanno avanti incombono toni masochistici e autodistruttivi. Anzichè tendersi una mano reciprocamente consolatrice, uomo e donna si combattono come nei drammi di Strindberg; e tutte, nessuna esclusa, le femmine del film risultano dal punto di vista maschile, inaffidabili e incomprensibili. Se tuttavia il punto d'arrivo del bildungsromam si colloca in un atroce dilemma fra l'assassinio e il suicidio, nello stesso tempo Reitz ci riporta i soprassalti della giovinezza, il gusto della sperimentazione del caso, il trionfo della sensucht (la 'nostalghia' dei russi) come chiave per assaporare la vita accettando con rassegnazione di non capirne granché." (Tullio Kezich, 'Il Corriere della Sera', 17 luglio 1993) "L'azzardatissima scommessa è stata vinta: a Roma soprattutto, ma anche a Milano, Firenze e nelle altre piazze dove il film è uscito, le vicissitudini di Hermann e dei suoi amici sono state seguite da un pubblico fedele. Mentre, guarda caso, il passaggio tv in Germania non ha ottenuto lo stesso alto indice d'ascolto del primo 'Heimat'. Il dato è paradossale solo in apparenza: pur paragonabile ad una telenovela per il tipo di fascinazione che crea, l'opera di Reitz è puro, grande cinema. Liberatosi dal vincolo della durata convenzionale, il regista ha dispiegato il suo racconto nel tempo e nello spazio con una varietà di soluzioni stilistiche che dimostrano padronanza di linguaggio e talento innovatore. E narrando fra amori e delusioni aspirazioni e vulnerazioni un difficile passaggio dall'adolescenza alla maturità nel travagliato contesto degli Anni Sessanta, Reitz ha cinescritto un appassionante bildungsroman in cui si possono rispecchiare gli ex giovani di ieri e i nuovi giovani di oggi." (Alessandra Levantesi, 'La Stampa', 15 ottobre 1993)

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