SCHEDA FILM

HEIMAT 2 - L'ARTE O LA VITA

Anno: 1992 Durata: 133 Origine: GERMANIA Colore: B/N

Genere:DRAMMATICO

Regia:-

Specifiche tecniche:-

Tratto da:-

Produzione:EDGAR REITZ FILM PROD. MONACO

Distribuzione:MIKADO FILM - MONDADORI VIDEO

TRAMA

A dieci anni dal suo arrivo a Monaco, Hermann Simon potrebbe sentirsi realizzato: guadagna molto con la Isarfilm, ed il console Handschuh gli vuole bene come a un figlio. Ma è durante l'ennesima Oktoberfest, con il suo chiasso, le risa, le canzoni sguaiate, la cordialità obbligatoria che poi, alla prima scintilla, si trasforma in rissa, che lui capisce di essere, sempre e comunque, un estraneo pellegrino alla ricerca del suo "Graal", che né l'amore, né la musica sembra potergli procurare. E' inutile che Zielke gli preponga di metter su uno studio di registrazioni avveneristico, o il console addirittura di diventare suo erede. Hermann sale su un treno e va in cerca di Clarissa Lichtblau e dalla madre di costei apprende che è in tournée col suo gruppo femminile, con lo spettacolo di musica e danza "La passione delle streghe". Di treno in treno, alla caccia della sfuggente dea della sua vita, incontra prima Renate Leineweber che si esibisce in numeri sempre ai limiti del volgare, per congressi o mediocri spettacoli; vede Juan Ramon Fernandes ridotto a modesto equilibrista in un circo; rivede la moglie Schnusschen con la piccola Lulù, che ormai lo tratta addirittura con aperta ostilità. Su un manifesto vede anche il volto di Helga Aufschrey tra i ricercati della banda terrorista Baader-Meinhof; apprende dai giornali che Stefan Aufhauser è stato ferito durante un'irruzione in casa della polizia, sulle tracce di Helga e dei suoi compagni di clandestinità. Hermann scrive al console ringraziandolo ma rinunciando alla sua offerta. Trovata finalmente Clarissa ad Amsterdam, assiste affascinato alla rappresentazione, dove si rende conto che la donna sembra appagata ora dalla sua voce e dal teatro e dall'amicizia delle altre donne. Una lunga notte assieme in un hotel consente ai due di confidarsi e di aprirsi ulteriormente, per riconoscere che in definitiva tra loro è solo possibile un sentimento che, pur fortissimo ed inalienabile, non può essere radicato nel vissuto. Al mattino Clarissa sparisce lasciando un biglietto: "Aspettami". Hermann lo fa per un po', poi riprende il treno, e giunge alla terra natale, dove un vecchio, una sorta di "genius loci", gli dà il benvenuto.

CRITICA

"Consigli per gli acquisti (e le conquiste) del tempo libero. Quelli che possono - i romani, per ora, o chi vive comunque nell'area metropolitana della capitale, ma presto anche chi vive in altre città d'Italia - non si perdano 'Heimat 2', cronaca di una giovinezza di Edgar Reitz, il romanzo cinematografico in tredici capitoli e ventisei ore (per la precisione, 26 ore e 32 minuti) che dopo il trionfo alla Mostra di Venezia '92 è arrivato al Nuovo Sacher di Roma, dove viene programmato, una puntata a settimana, di qui sino a maggio. Venite, signori: si ride e si piange, ci si diverte e ci si commuove, si ricorda e si rivive una fetta delle nostre vite, in un irresistibile feuilleton (o telenovela o saga) su tutti i nostri ieri. Perché 'Heimat 2' si svolge si in Germania, negli anni Sessanta. Ma racconta: di tutti noi: è la storia della generazione di chi scrive, dei padri - e delle madri - di chi oggi ha vent'anni dei figli di chi era adulto durante la guerra, del mondo nuovo che questa generazione ha pensato e sperato di creare, delle radicali trasformazioni che si sono prodotte nel costume e nelle coscienze in quei formidabili anni, della scoperta di un simulacro di parità femminile, delle illusioni della rivoluzione sessuale, del kennedysmo e del terrorismo, degli scontri e delle speranze, delle ribellioni e delle riconciliazioni che hanno costruito il mondo sicuramente diverso, per un po' forse migliore - uscito da quella piccola rivoluzione." (Irene Bignardi, 'la Repubblica', 26 febbraio 1993) "'Heimat 2' ha l'attrattiva delle sue contraddizioni. Da un lato rappresenta un ritorno al romanzo alla Thomas Mann, preso a modello del momento della sua maggiore fioritura; dall'altro inventa spregiudicatamente nuovi tempi narrativi e inedite forme di fruizione. Nello scegliere una scansione popolare da miniserie televisiva, riafferma i diritti e il primato di un'aristocraticissima ottica cinematografica. E mentre è in forte probabilità di restare come una delle testimonianze attendibili e palpitanti dei fervidi anni Sessanta, ne sancisce senza perifrasi il fallimento: nessuno dei protagonisti realizza la propria utopia, anzi man mano che le storie vanno avanti incombono toni masochistici e autodistruttivi. Anzichè tendersi una mano reciprocamente consolatrice, uomo e donna si combattono come nei drammi di Strindberg; e tutte, nessuna esclusa, le femmine del film risultano dal punto di vista maschile, inaffidabili e incomprensibili. Se tuttavia il punto d'arrivo del bildungsromam si colloca in un atroce dilemma fra l'assassinio e il suicidio, nello stesso tempo Reitz ci riporta i soprassalti della giovinezza, il gusto della sperimentazione del caso, il trionfo della sensucht (la 'nostalghia' dei russi) come chiave per assaporare la vita accettando con rassegnazione di non capirne granché." (Tullio Kezich, 'Il Corriere della Sera', 17 luglio 1993) "L'azzardatissima scommessa è stata vinta: a Roma soprattutto, ma anche a Milano, Firenze e nelle altre piazze dove il film è uscito, le vicissitudini di Hermann e dei suoi amici sono state seguite da un pubblico fedele. Mentre, guarda caso, il passaggio tv in Germania non ha ottenuto lo stesso alto indice d'ascolto del primo 'Heimat'. Il dato è paradossale solo in apparenza: pur paragonabile ad una telenovela per il tipo di fascinazione che crea, l'opera di Reitz è puro, grande cinema. Liberatosi dal vincolo della durata convenzionale, il regista ha dispiegato il suo racconto nel tempo e nello spazio con una varietà di soluzioni stilistiche che dimostrano padronanza di linguaggio e talento innovatore. E narrando fra amori e delusioni aspirazioni e vulnerazioni un difficile passaggio dall'adolescenza alla maturità nel travagliato contesto degli Anni Sessanta, Reitz ha cinescritto un appassionante bildungsroman in cui si possono rispecchiare gli ex giovani di ieri e i nuovi giovani di oggi." (Alessandra Levantesi, 'La Stampa', 15 ottobre 1993)

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