SCHEDA FILM

HEIMAT 2 - LA MORTE DI ANSGAR

Anno: 1992 Durata: 100 Origine: GERMANIA Colore: B/N

Genere:DRAMMATICO

Regia:-

Specifiche tecniche:-

Tratto da:-

Produzione:EDGAR REITZ FILM PRODUKTIONS (MONACO)

Distribuzione:MIKADO FILM - MONDADORI VIDEO

TRAMA

L'amore fra Evelyne e Ansgar prosegue felice, i due sono molto affiatati, ma nonostante ciò Ansgar ha strani presagi di morte e per allontanare l'angoscia prende una droga, che dà in piccole dosi anche a Evelyne. In realtà il giovane si sente un fallito, poiché non frequenta più la facoltà di Medicina ed ha trovato un lavoro come tramviere, che gli consente appena di sopravvivere. Quando giungono a Monaco i genitori di Ansgar, poco graditi, dopo una discussione il giovane decide di rompere ogni rapporto con loro. Intanto Clarissa, dopo aver mandato ad Hermann una lettera d'addio, sparisce senza dare notizie di sé ad alcuno, ritirandosi a studiare presso la villla del dottor Georg, anziano medico della sua famiglia da sempre innamorato di lei. Il dottore dona a Clarissa uno splendido violoncello italiano del '700, con il quale la ragazza esegue un concerto di fronte a criitici e professori del conservatorio, suonando il pezzo scritto per lei da Hermann. Il successo di Clarissa è grande, ne parla un critico sul giornale, ma nessuna citazione dell'autore della musica, Hermann, che si dispiace. Clarissa ed Hermann si rivedono ma ormai il loro rapporto è finito, decidono quindi di restare solo amici. La giovane intanto frequenta Volker, un musicista figlio di una celebre pianista. Hermann invece viene a sapere da Josef che tutto il quartiere dove vivono sarà demolito per far posto ad un quartiere di lusso. Frattanto rivede spesso la signora Moretti, sempre affezionata a lui, e l'accompagna al piano in qualche suo spettacolo. Per Carnevale alla villa Cerphal si prepara una festa in maschera, ripescando dalla soffitta alcune maschere e dipinti di alcuni anni prima di celebri artisti che ritraggono scrittori come Brecht, Mann, Feuchtwanger. Una sera Evelyne accompagna al lavoro Ansgar e questi, durante uno scherzo, ha un incidente e muore sulle rotaie. Evelyne sconvolta si reca alla villa, dove giungono anche i genitori del giovane. La madre di Ansgar ed Evelyne hanno un amaro colloquio, perché la madre vorrebbe che la giovane le desse gli oggetti del figlio, per lei preziosi ricordi, ma quest'ultima sa che Ansgar aveva bruciato tutto ciò che gli rammentava la famiglia e soprattutto tace del fatto che il giovane si drogava. Al funerale dell'amico e poeta, Hermann e Juan osservano come il cimitero sia uno specchio della città.

CRITICA

"Consigli per gli acquisti (e le conquiste) del tempo libero. Quelli che possono - i romani, per ora, o chi vive comunque nell'area metropolitana della capitale, ma presto anche chi vive in altre città d'Italia - non si perdano 'Heimat 2', cronaca di una giovinezza di Edgar Reitz, il romanzo cinematografico in tredici capitoli e ventisei ore (per la precisione, 26 ore e 32 minuti) che dopo il trionfo alla Mostra di Venezia '92 è arrivato al Nuovo Sacher di Roma, dove viene programmato, una puntata a settimana, di qui sino a maggio. Venite, signori: si ride e si piange, ci si diverte e ci si commuove, si ricorda e si rivive una fetta delle nostre vite, in un irresistibile feuilleton (o telenovela o saga) su tutti i nostri ieri. Perché 'Heimat 2' si svolge si in Germania, negli anni Sessanta. Ma racconta: di tutti noi: è la storia della generazione di chi scrive, dei padri - e delle madri - di chi oggi ha vent'anni dei figli di chi era adulto durante la guerra, del mondo nuovo che questa generazione ha pensato e sperato di creare, delle radicali trasformazioni che si sono prodotte nel costume e nelle coscienze in quei formidabili anni, della scoperta di un simulacro di parità femminile, delle illusioni della rivoluzione sessuale, del kennedysmo e del terrorismo, degli scontri e delle speranze, delle ribellioni e delle riconciliazioni che hanno costruito il mondo sicuramente diverso, per un po' forse migliore - uscito da quella piccola rivoluzione." (Irene Bignardi, 'la Repubblica', 26 febbraio 1993) "'Heimat 2' ha l'attrattiva delle sue contraddizioni. Da un lato rappresenta un ritorno al romanzo alla Thomas Mann, preso a modello del momento della sua maggiore fioritura; dall'altro inventa spregiudicatamente nuovi tempi narrativi e inedite forme di fruizione. Nello scegliere una scansione popolare da miniserie televisiva, riafferma i diritti e il primato di un'aristocraticissima ottica cinematografica. E mentre è in forte probabilità di restare come una delle testimonianze attendibili e palpitanti dei fervidi anni Sessanta, ne sancisce senza perifrasi il fallimento: nessuno dei protagonisti realizza la propria utopia, anzi man mano che le storie vanno avanti incombono toni masochistici e autodistruttivi. Anzichè tendersi una mano reciprocamente consolatrice, uomo e donna si combattono come nei drammi di Strindberg; e tutte, nessuna esclusa, le femmine del film risultano dal punto di vista maschile, inaffidabili e incomprensibili. Se tuttavia il punto d'arrivo del bildungsromam si colloca in un atroce dilemma fra l'assassinio e il suicidio, nello stesso tempo Reitz ci riporta i soprassalti della giovinezza, il gusto della sperimentazione del caso, il trionfo della sensucht (la 'nostalghia' dei russi) come chiave per assaporare la vita accettando con rassegnazione di non capirne granché." (Tullio Kezich, 'Il Corriere della Sera', 17 luglio 1993) "L'azzardatissima scommessa è stata vinta: a Roma soprattutto, ma anche a Milano, Firenze e nelle altre piazze dove il film è uscito, le vicissitudini di Hermann e dei suoi amici sono state seguite da un pubblico fedele. Mentre, guarda caso, il passaggio tv in Germania non ha ottenuto lo stesso alto indice d'ascolto del primo 'Heimat'. Il dato è paradossale solo in apparenza: pur paragonabile ad una telenovela per il tipo di fascinazione che crea, l'opera di Reitz è puro, grande cinema. Liberatosi dal vincolo della durata convenzionale, il regista ha dispiegato il suo racconto nel tempo e nello spazio con una varietà di soluzioni stilistiche che dimostrano padronanza di linguaggio e talento innovatore. E narrando fra amori e delusioni aspirazioni e vulnerazioni un difficile passaggio dall'adolescenza alla maturità nel travagliato contesto degli Anni Sessanta, Reitz ha cinescritto un appassionante bildungsroman in cui si possono rispecchiare gli ex giovani di ieri e i nuovi giovani di oggi." (Alessandra Levantesi, 'La Stampa', 15 ottobre 1993)

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