SCHEDA FILM

HEIMAT 2 - IL MATRIMONIO

Anno: 1992 Durata: 120 Origine: GERMANIA Colore: B/N

Genere:DRAMMATICO

Regia:-

Specifiche tecniche:-

Tratto da:-

Produzione:EDGAR REITZ FILM PROD. MONACO

Distribuzione:MIKADO FILM - MONDADORI VIDEO

TRAMA

Tornata a Monaco da una visita ai suoi, la giovane Schnusschen è decisa a conquistare definitivamente Hermann Simon, si fa prestare una sera la casa di Elisabeth, un'amica sposata cui fa da baby sitter, durante un romantico rendez-vous si concede al giovane compositore. I due poi, fingendosi fidanzati, trovano un alloggio, e la dolcezza, il buon umore, la disponibilità di Schnusschen finiscono per far decidere al matrimonio Hermann, contravvenendo al solenne giuramento "Non più amore", anche se il fondo del suo cuore è sempre con l'inquieta Clarissa Lichtblau. Frattanto quest'ultima va a Parigi dove un'audizione le consente di andare in America: una tournée a San Francisco (anche lei non può staccare la mente da Hermann). Dopo la cerimonia nuziale, gli sposi si riuniscono nella Tana della Volpe con Madame Cerphal e tutti gli amici: manca naturalmente Clarissa. Anche due lontane parenti di Hermann arrivano con un'auto stracarica di doni e una parlantina campagnola e pressochè inarrestabile. Il pranzo è sontuoso, si balla e si flirta: Helga Aufschrey circuisce con successo un trombettista della Renania ingelosendo così Stefan Aufhauser. La giovane Renate Leineweber si presenta col non più giovane ma ricco dottor Bretschneider; Evelyne Cerphal, con uno studente africano; Jean-Marie corteggia una cameriera, e si esibisce in un "Marinella" alla Tino Rossi accompagnato al piano da Volker Schimmelpfenning; Rob Sturmer corteggia la ragazza di Juan Ramon Fernandes, la bella e un po' sciocca finlandese Anniki; Elisabeth e il marito se ne vanno dopo un brusco litigio (brutto auspicio!), mentre Clarissa arriva col suo regalo. Hermann e Schnusschen vengono accompagnati nella nuova casa, mentre nella Tana della Volpe proseguono le danze e le baldorie. Qui Volker dichiara il suo amore a Clarissa tentando di convincerla a passare due giorni con lui: lei, che non ne vuole sapere, ha una breve crisi; poi sembra cedere. Jean-Marie si apparta con la cameriera, Reinhard Dorr con Olga Muller. Intanto i due sposini, tra lumini rossi, sono finalmente soli a casa loro. Alla casa Cerphal, ad un tratto, uno sparo spezza bruscamente l'atmosfera. E' Juan che ha tentato di spararsi al cuore, e solo in extremis Reinhard è riuscito a strappargli l'arma deviando il colpo. Invano Clarissa tenta di farlo parlare: Juan ripete in spagnolo, istericamente, "di lasciarlo in pace!". Lo shock per l'accaduto, e il susseguente litigio tra Stefan e Reinhard esasperano Madame Cerphal che caccia via tutti di casa, giurando di chiuderla per sempre.

CRITICA

"Consigli per gli acquisti (e le conquiste) del tempo libero. Quelli che possono - i romani, per ora, o chi vive comunque nell'area metropolitana della capitale, ma presto anche chi vive in altre città d'Italia - non si perdano 'Heimat 2', cronaca di una giovinezza di Edgar Reitz, il romanzo cinematografico in tredici capitoli e ventisei ore (per la precisione, 26 ore e 32 minuti) che dopo il trionfo alla Mostra di Venezia '92 è arrivato al Nuovo Sacher di Roma, dove viene programmato, una puntata a settimana, di qui sino a maggio. Venite, signori: si ride e si piange, ci si diverte e ci si commuove, si ricorda e si rivive una fetta delle nostre vite, in un irresistibile feuilleton (o telenovela o saga) su tutti i nostri ieri. Perché 'Heimat 2' si svolge si in Germania, negli anni Sessanta. Ma racconta di tutti noi: è la storia della generazione di chi scrive, dei padri - e delle madri - di chi oggi ha vent'anni, dei figli di chi era adulto durante la guerra, del mondo nuovo che questa generazione ha pensato e sperato di creare, delle radicali trasformazioni che si sono prodotte nel costume e nelle coscienze in quei formidabili anni, della scoperta di un simulacro di parità femminile, delle illusioni della rivoluzione sessuale, del kennedysmo e del terrorismo, degli scontri e delle speranze, delle ribellioni e delle riconciliazioni che hanno costruito il mondo sicuramente diverso, per un po' forse migliore - uscito da quella piccola rivoluzione." (Irene Bignardi, 'la Repubblica', 26 febbraio 1993) "'Heimat 2' ha l'attrattiva delle sue contraddizioni. Da un lato rappresenta un ritorno al romanzo alla Thomas Mann, preso a modello del momento della sua maggiore fioritura; dall'altro inventa spregiudicatamente nuovi tempi narrativi e inedite forme di fruizione. Nello scegliere una scansione popolare da miniserie televisiva, riafferma i diritti e il primato di un'aristocraticissima ottica cinematografica. E mentre è in forte probabilità di restare come una delle testimonianze attendibili e palpitanti dei fervidi anni Sessanta, ne sancisce senza perifrasi il fallimento: nessuno dei protagonisti realizza la propria utopia, anzi man mano che le storie vanno avanti incombono toni masochistici e autodistruttivi. Anzichè tendersi una mano reciprocamente consolatrice, uomo e donna si combattono come nei drammi di Strindberg; e tutte, nessuna esclusa, le femmine del film risultano dal punto di vista maschile, inaffidabili e incomprensibili. Se tuttavia il punto d'arrivo del bildungsromam si colloca in un atroce dilemma fra l'assassinio e il suicidio, nello stesso tempo Reitz ci riporta i soprassalti della giovinezza, il gusto della sperimentazione del caso, il trionfo della sensucht (la 'nostalghia' dei russi) come chiave per assaporare la vita accettando con rassegnazione di non capirne granché." (Tullio Kezich, 'Il Corriere della Sera', 17 luglio 1993) "L'azzardatissima scommessa è stata vinta: a Roma soprattutto, ma anche a Milano, Firenze e nelle altre piazze dove il film è uscito, le vicissitudini di Hermann e dei suoi amici sono state seguite da un pubblico fedele. Mentre, guarda caso, il passaggio tv in Germania non ha ottenuto lo stesso alto indice d'ascolto del primo 'Heimat'. Il dato è paradossale solo in apparenza: pur paragonabile ad una telenovela per il tipo di fascinazione che crea, l'opera di Reitz è puro, grande cinema. Liberatosi dal vincolo della durata convenzionale, il regista ha dispiegato il suo racconto nel tempo e nello spazio con una varietà di soluzioni stilistiche che dimostrano padronanza di linguaggio e talento innovatore. E narrando fra amori e delusioni aspirazioni e vulnerazioni un difficile passaggio dall'adolescenza alla maturità nel travagliato contesto degli Anni Sessanta, Reitz ha cinescritto un appassionante bildungsroman in cui si possono rispecchiare gli ex giovani di ieri e i nuovi giovani di oggi." (Alessandra Levantesi, 'La Stampa', 15 ottobre 1993)

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