FLIRT (NEW YORK BERLINO TOKIO RELAZIONE AMOROSA SUPERFICIALE)1995

SCHEDA FILM

FLIRT (NEW YORK BERLINO TOKIO RELAZIONE AMOROSA SUPERFICIALE)

Anno: 1995 Durata: 80 Origine: USA Colore: C

Genere:METAFORA

Regia:-

Specifiche tecniche:PANORAMICA A COLORI

Tratto da:-

Produzione:ACTION PRODUCTION/KINO KARAMOZOV - TRUE FICTION PICTURES (NEW YORK)

Distribuzione:COLUMBIA TRISTAR FILMS ITALIA BIM - MONDADORI VIDEO

TRAMA

PRIMO EPISODIO - New York, febbraio 1993. Il Giovane Bill ha per fidanzata Emily che, dovendo recarsi a Parigi per un trimestre, avanza un ultimatum: o lui si assumerà la sua responsabilità per il loro rapporto o lei lo lascerà. Bill chiede 90 minuti per riflettere prima di accompagnare l'amica all'aeroporto. Ma il tempo sembra ancor più esiguo: a Bill piace Margaret, sposata con l'amico Walter. E costui, non più amato, medita il suicidio. Cercando di salvarlo, Bill rimane ferito in pieno viso e, dopo qualche ora in ospedale, corre inutilmente all'areoporto. SECONDO EPISODIO - Berlino, ottobre 1994. Dwight, un giovane americano, è un mantenuto e convive con Johan, un anziano tedesco. In partenza per gli Stati Uniti (tre mesi a New York), Johan chiede al giovane se per il loro rapporto vi sarà un futuro. Dwight domanda 90 minuti di riflessione e fissa un incontro con Walter, un pittore (sposato dal canto suo), il quale manca all'appuntamento. Recatosi a casa di Walter, Dwight vi trova Greta, la moglie del pittore che è armata. Cercando di disarmare la donna, Dwight rimane ferito al viso e passa molto tempo in ospedale: ormai il suo amante è partito. TERZO EPISODIO - Tokyo, marzo 1995. Miho è una giovane studentessa di danza che Ozu, un coreografo insegnante nella scuola, bacia all'improvviso. La prima ballerina Yuki, moglie di questi, è furente e per gelosia minaccia di uccidersi. Miho ha un "ragazzo" (in partenza per Los Angeles, con tre mesi di lavoro in prospettiva) che dà a costei 90 minuti per una decisione sul loro amore. Tornando alla scuola per interpellare Mister Ozu, Miho vi trova la polizia che cerca un'arma. Ozu prega Miho di farla sparire, ma gli agenti vedono la giovane ed i suoi goffi tentativi: lei fugge, viene fermata e poi rimessa in libertà. Di nuovo precipitatasi a scuola, tentando di farsi dare un'automobile e correre all'aeroporto, Miho trova Yuki tremante che l'accarezza e stringe a sé. Mentre si trova fra le braccia, viene colpita in faccia da un proiettile e finisce in ospedale. La gelosa moglie di Ozu era presa d'amore per lei.

CRITICA

"Flirt è una perfetta "opera aperta", come si chiamavano una volta, ma il bello è che ci invita a un gioco estremamente intellettuale senza perdere di vista un secondo le emozioni molto fisiche e primarie dell'amore. Ogni variante naturalmente ne innesca altre, in un affascinante gioco di rime e contrasti che potrebbe alimentare un intero corso di regia. Ma non son queste le differenze che contano. Contano lo sguardo, gli scarti di regia, il tono ora ironico ora dolente, la scelta di affidare la fantasia amorosa che precede ogni epilogo qua alle immagini là alle parole. Se il cinema è anche l'arte di fare molto con poco, ma nessuno ormai se ne ricorda, il neworkese Hal Hartley, classe 1959, ascendenze irlandesi, è davvero un piccolo maestro. Uno dei pochi che non soggiaccia alla dittatura dell'azione per l'azione.Se credete che al cinema ci sia ancora posto per il pensiero, Flirt, è il film per voi." (Il Messaggero, Fabio Ferzetti, 7/4/96) "Le minime variazioni di un copione che scopriamo presto di conoscere a memoria si adattano a latitudini e longitudini sentimentali e sessuali diverse, e il divertimento approda alla inevitabile conclusione della universalità e inevitabilità della commedia sentimentale. Così che quello di Hal Hartley, in Flirt ("casta relazione amorosa generalmente priva di sentimenti profondi") è certo un gioco molto cerebrale, e come i flirt, appunto, "privo di sentimenti profondi": ma con un'acuta percezione alla coazione a ripetere amorosa, e con il piacere (provato e dato) di smascherare col sorriso l'amorosa menzogna." (La Repubblica, Irene Bignardi, 10/6/96)

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