Felice chi ? diverso2014

SCHEDA FILM

Felice chi è diverso

Anno: 2014 Durata: 93 Origine: ITALIA Colore: B/N

Genere:DOCUMENTARIO

Regia:Gianni Amelio

Specifiche tecniche:-

Tratto da:-

Produzione:ISTITUTO LUCE - CINECITTÀ, CON RAI CINEMA E RAI TRADE, IN COLLABORATION CON CUBOVISION DI TELECOM ITALIA

Distribuzione:ISTITUTO LUCE - CINECITTÀ

 

SOGGETTO

Amelio, Gianni
 

SCENEGGIATORE

Amelio, Gianni
 

TRAMA

Viaggio in un'Italia segreta, raramente svelata dalle cineprese: l'Italia del mondo omosessuale, cos¨¬ com¡¯¨¨ stato vissuto nel Novecento, dai primi del secolo agli anni ¡®80, quando si sono diffusi sulla scia di certi movimenti americani, i primi tentativi di ¡°liberazione¡±. Nel documentario ascoltiamo le testimonianze di chi ha vissuto sulla propria pelle il peso di essere un ¡°diverso¡±, quasi sempre ostacolato dalla sua stessa famiglia, deriso a scuola, escluso dalla societ¨¤ dei ¡°normali¡±. Queste persone, che sono ormai in l¨¤ con gli anni, ricordano com¡¯era vissuta questa condizione sotto il fascismo e poi nel secondo dopoguerra, quando ancora si stendeva una coltre di silenzio sull¡¯argomento, e si viveva nella paura e nella repressione. Storie raccolte in varie parti d¡¯Italia, da nord a sud, per dare un¡¯immagine il pi¨´ possibile rappresentativa dei sentimenti e delle abitudini di una nazione antropologicamente e culturalmente assai differenziata. Storie drammatiche ma anche serene di persone che hanno saputo raggiungere, pur tra mille difficolt¨¤, un equilibrio privato e sociale.

CRITICA

"Invitato nella sezione «Panorama - Dokumente» è stato proiettato (...) a Berlino il documentario di Gianni Amelio 'Felice chi è diverso', partecipe contributo contro la discriminazione omosessuale che prende il titolo da un verso di Sandro Penna. Scegliendo di dare la parola quasi esclusivamente a gay in età matura Amelio tiene a sottolineare soprattutto due componenti specifiche della condizione omosessuale: il dolore e l'orgoglio. Da una parte ci sono le sofferenze e le paure per le discriminazioni subite, che gli inserti tratti dai media (cinegiornali e riviste soprattutto) degli anni Quaranta, Cinquanta e Sessanta collocano con precisione nel contesto sociale («le gazzelle dell'amore rovesciato» si sente dire tra lo sprezzante e l'irrisorio, per non parlare degli insulti a Pasolini); dall'altra c'è la voglia di rivendicare i propri percorsi erotici, senza moralismi o falsi pudori, come fa con orgoglio Paolo Poli (uno dei pochi nomi noti ad apparire) o l'uomo seduto a una stazione romana di periferia. Ne esce un quadro di cui l'Italia non può certo andar orgogliosa, tra silenzi, compromessi e lacerazioni, che l'ultimo intervistato - un giovane adolescente - dimostra non essere per niente superato." (Paolo Mereghetti, 'Corriere della Sera', 11 febbraio 2014) "Felice chi è diverso/essendo egli diverso./Ma guai a chi è diverso/essendo egli comune». Questi versi di Sandro Penna danno il titolo al documentario di Gianni Amelio applaudito nella sezione Panorama della Berlinale: 'Felice chi è diverso', appunto. Una controstoria tendenziosa e appassionante del nostro '900. Ripercorso con gli occhi di una ventina di omosessuali, quasi tutti 70-80enni, che raccontano la loro vita, le scelte, i drammi, più spesso il modo ingegnoso e non sempre indolore con cui si sono adattati a un paese che li lasciava esistere a patto di non apparire mai. (...) Amelio (...) lavora su due piste. Le testimonianze spesso sorprendenti di questi signori di ogni ceto e regione, raccolte con tutta la delicatezza del mondo da immagini che concentrano vite intere in una pausa, un interno, una fotografia, si alternano a materiali d'archivio, filmetti dimenticati (ma c'è anche una scena del 'Sorpasso'), canzoni, cinegiornali, spezzoni Rai (fra cui il coming out di Umberto Bindi, mai visto, e uno sketch con Raimondo Vianello in versione omo che immagina di essere censurato in diretta, e infatti non andrà mai in onda). Ma soprattutto titoli e vignette provenienti quasi sempre da settimanali d'estrema destra come 'Il Borghese' e 'Lo Specchio'. (...) È un viaggio allucinante in un delirio di allusioni, volgarità, doppi-sensi e parole oggi assurde (oltre che invertiti gli omosessuali sono detti capovolti, morbidi, anfibi...) di cui sono vittima non solo Visconti e Pasolini, ma politici come il ministro dc Fiorentino Sullo, costretto a sposarsi da una campagna di insinuazioni, salvo poi finire di nuovo sulla graticola perché le nozze erano una montatura. E fra i testimoni si affaccia un ex-portaborse Dc che ricorda come il partito di Andreotti (...) e i servizi segreti anni 50-60 fossero pieni di omosessuali 'invisibili'. Ma Amelio, che non ha mai fatto mistero della propria omosessualità, ricorda come molti degli intervistati lascino capire che quasi quasi 'si stava meglio quando si stava peggio'... «È l'altra faccia del problema. In fondo non sfiorare mai il tema, non dire certe parole, aiutava, proteggeva. Soprattutto i 'diversi comuni', per temperamento o estrazione sociale, di cui parla Penna. Non tutti hanno avuto la madre maestra Montessori e il padre meraviglioso di Paolo Poli», uno dei pochi personaggi noti del film insieme a Ninetto Davoli, che in una testimonianza straordinaria ricorda l'incontro con Pasolini." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 11 febbraio 2014) "(...) è un documentario, realizzato in modo molto «classico» (spezzoni di repertorio alternati a interviste). Eppure 'Felice chi è diverso', nuovo lavoro di Gianni Amelio a pochi mesi di distanza da 'L'intrepido', si candida fin d'ora ad essere uno dei più importanti film italiani del 2014 (...). Parla di un tema importante come l'omosessualità, e lo fa in modo al tempo stesso spietato e tenero: spietato nei confronti di tutti coloro che dal fascismo in poi hanno demonizzato gli omosessuali richiudendoli in un ghetto culturale ed esistenziale, chiamandoli di volta in volta «invertiti», «capovolti», «finocchi»; tenero per lo sguardo solidale con cui dà la parola a 19 persone, di cui solo due o tre famose o relativamente note, che raccontano la propria esperienza. Di queste persone, 18 sono anziane, raccontano un'Italia in cui ci si doveva nascondere, fingere un «machismo» che non c'era, rifugiarsi nel matrimonio di facciata e nel segreto; l'ultimo è un ragazzo bello e coraggioso, che costruisce un ponte verso un futuro - si spera - migliore. Il titolo viene da una poesia di Sandro Penna: «Felice chi è diverso essendo egli diverso / ma guai a chi è diverso essendo egli comune». La legge, nel film, Paolo Poli: ed è obbligatorio spendere due parole su questo uomo stupendo, che racconta un'omosessualità serenamente accettata e, quasi, «aiutata» da un padre incredibile, che non ha mai trattato Paolo e sua sorella Lucia con nemmeno un grammo di rifiuto o di condiscendenza. Poli incarna letteralmente, nel film, il primo dei due versi di Penna. Quasi tutti gli altri intervistati, purtroppo, si riconoscono loro malgrado nel secondo: i disperati tentativi di essere insieme «diversi» e «comuni», di cercare un'accettazione salvando le apparenze, provocano inevitabilmente storie dolorose." (Alberto Crespi, 'L'Unità', 11 febbraio 2014) "L'atto più difficile, dice Gianni Amelo, è «imparare ad essere individui che sanno amare». Un'impresa che, nell'Italia omofoba di 'Felice chi è diverso', (...) alla Berlinale nella sezione Panorama, è vietata già sul nascere, perché appartenere allo stesso sesso e provare quel genere di sentimento non è considerata realtà accettabile. Soprattutto se, come dice la poesia di Sandro Penna citata nel titolo, si fa parte di un ceto sociale non privilegiato (...) L'intenzione, spiega l'autore, era «fare un resoconto sul come l'omosessualità è stata vista dai media italiani». Il risultato è molto di più, un film romantico e toccante (...), ma anche un atto d'accusa dal profondo senso politico, ricco di sorprese, immagini mai viste, testimonianze che lasciano il segno. Il tutto senza il tono della rivendicazione, ma con una malinconia diffusa, legata all'idea delle vite rovinate, degli affetti negati, delle individualità schiacciate in nome di niente (...). Si vedono, nel film, Pier Paolo Pasolini, Ninetto Davoli, Paolo Poli, ma, sulle loro voci e sulle loro storie, svettano quelle degli ignoti (...). Alcuni di loro, confessa l'autore, mi hanno risvegliato «una partecipazione talmente forte che quello che voleva essere un atto politico, si è trasformato semplicemente in solidarietà»." (Fulvia Caprara, 'la Stampa', 11 febbraio 2014) "Gianni Amelio a Berlino può finalmente sfogare ciò che per anni ha secretato o dissimulato dietro ad auto-definizioni nebulose. Oggi, dichiaratamente gay(o), mostra con fierezza in prima mondiale al festival tedesco il suo documentario 'Felice chi è diverso', che uscirà nel Belpaese a marzo distribuito da Luce Cinecittà. Un territorio ideale quello della Berlinale, il cui Teddy Bear (assegnato ai film LGBT) è tra i più prestigiosi premi tematici al mondo (...). Girato in 48 ore attraversando in treno la Penisola, 'Felice chi è diverso' raccoglie una ventina di testimonianze di omosessuali 'anziani' sconosciuti o celebri (tra cui Paolo Poli e Umberto Bindi) che hanno vissuto la Storia d'Italia, osservata dal punto di vista del diritto a essere gay, o meglio 'invertiti, come si diceva allora'. In tal modo Amelio produce una finora inesistente filologia tematica e terminologica di indubbio interesse. Un lavoro passionale ad alto tasso di emotività (...)." (Anna Maria Pasetti, 'Il fatto Quotidiano', 11 febbraio 2014) "Gianni Amelio dice che sarebbe stato meglio non aver mai avuto bisogno di girare un documentario sull'omosessualità se non fosse stata per molti un problema. Il film, composito, rispettoso, curioso delle vite degli altri, invece si rivela utilissimo a un Paese che rimanda sempre le conquiste civili e la legge contro l'omofobia. Mostra interviste a uomini non più giovani che ci raccontano da diversi il «c'era una volta», il rimpianto e il piacere di non essere omologati, il dolore di sentirsi sempre a parte; dolci vite, amare vite, «cruising», e alcune persone famose, Ninetto Davoli che racconta di Pasolini, Paolo Poli che parla di sé con parole colorate e alate come farfalle. 'Felice chi è diverso' con qualche ombra di veniale patetismo ma senza retorica e vittimismi, è una carrellata incredibile sulla volgarità con cui spettacolo e informazione hanno trattato gli «invertiti», spezzoni inediti di mostruose parodie sempre verso i soliti noti, giornalismo gossip, brani razzisti di tv e canzonette e l'inevitabile sarto Schubert che chiudeva cinegiornali con polso pendulo in mostra. Il film si alza poeticamente, entrando nell'antropologia culturale, quando abbatte la quarta parete della privacy e ascolta, senza commenti, le storie di amori eterni e di fugaci avventure, il parere di chi accusa la parola gay di aver omologato le diversità socio linguistiche («guai a chi è diverso essendo egli comune» termina la poesia di Penna del titolo). Sul problema («problem?» rispose Joe Dallesandro), si son visti documenti agghiaccianti, dai lager nazisti allo Scola della 'Giornata particolare', ma Amelio, che ha sempre amato i diversi (come l''Intrepido' Albanese) ha il merito oggi, dopo centinaia di film «liberati» dai pregiudizi, di non presentar richieste di tolleranza ma esigere informazione per sapere come è necessario combattere per i giusti diritti contro la tendenza a ridicolizzare e colpevolizzare vizietti e viziacci. Lungi la denuncia, si tratta di ascoltare i testimoni di un processo alla - speriamo - scomparsa memoria di chi scriveva delle «antilopi del vizio rovesciato»." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 6 marzo 2014) "Lo sguardo sull'omosessualità del documentario di Gianni Amelio 'Felice chi è diverso' è l'opposto di quello espresso ripetutamente da Ferzan Özpetek e confermato anche dal suo nuovo film 'Allacciate le cinture'. Tanto il regista turco-romano afferma un principio di normalizzazione e interpreta un soggetto che aspira a essere al centro della medietà borghese e ad affermare la propria quota di potere e di lobby (pur, certamente, nella fantasiosa stravaganza di assortimenti che antiborghesi, però, sono soltanto all'apparenza), quanto invece il lavoro di Amelio scava - tra persone in età avanzata - in ciò che si è fatto finta di dimenticare, cerca i reietti (...). Il film si compone appunto di un nutrito campione di testimonianze, di ogni parte d'Italia, di condizione socioculturale varia, in massima parte non celebri (...) e appunto di persone non giovani. A incorniciarle (complimenti per la ricerca) qualche brano di film: il passaggio del 'Sorpasso' risiano quando Gassman spiega all'ingenuo Trintignant perché il maggiordomo della vecchia casa dei parenti in campagna è soprannominato 'Occhio fino'. Ma soprattutto di cinegiornali ammiccanti, e molte pagine di giornali scandalistici come 'Lo Specchio' o 'Il Borghese' con i loro infami titoli. Insomma si parla del passato. Della gioventù degli intervistati, a partire dagli anni ancora fascisti. Il sentimento generale, delle testimonianze e di chi le ha messe insieme, è ben rappresentato dal lessico usato. Si dice poco 'omosessuale' e soprattutto si dice pochissimo 'gay'. Al contrario vengono dissotterrate, per biasimarle o per rivendicarle, altre parole. 'Fnocchio' e 'invertito' in senso negativo. Ma 'frocio' no (o anche, da parte di un saggio napoletano vistosamente agghindato e dall'eloquio ricco e colto, 'femminiello'), è tutt'altro che rifiutato. L'orgoglio della differenza, della diversità - quella pluricitata di un famoso verso di Sandro Penna: «Felice chi è diverso essendo egli diverso. Ma guai a chi è diverso essendo egli comune» - ha come fondamenta l'esclusione, la clandestinità, l'umiliazione, la solitudine, la derisione. (...) È la chiave e la cifra, il sentimento generale. Anche se naturalmente (...) si fa cenno alle auspicate norme che estendono i diritti a ogni tipo di famiglia. Ma senza farne una bandiera o un'ideologia. La diversità non è uno slogan o un feticcio (per cercare normalizzazione e affermazione, una quota di potere) ma individuale percorso, identità sofferta, presa di coscienza di una condizione di cui non si rinnega tutto ciò che è stato disprezzabile, raggiunto equilibrio contando su se stessi e le proprie forze.."(Paolo D'Agostini, 'la Repubblica', 6 marzo 2014) "Spiacerà a chi di Gianni Amelio ha sempre apprezzato oltre la bravura, la scarsa attitudine a cantare in coro. Stavolta si allinea. Si mette a fare outing (il suo è una sorta di film confessione) quando ormai la omo-confessione è diventata moda (unici coraggiosi rimasti, gli omo che ancora non si confessano)." (Giorgio Carbone, 'Libero', 6 marzo 2014)

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