Dobbiamo parlare2015

SCHEDA FILM

Dobbiamo parlare

Anno: 2015 Durata: 101 Origine: ITALIA Colore: C

Genere:COMMEDIA, DRAMMATICO

Regia:Sergio Rubini

Specifiche tecniche:DCP

Tratto da:spettacolo teatrale "Provando... Dobbiamo parlare" di Sergio Rubini

Produzione:CARLO DEGLI ESPOSTI, MARCO BALSAMO PER PALOMAR, NUOVO TEATRO, RAI CINEMA

Distribuzione:CINEMA DI VALERIO DE PAOLIS

ATTORI

Fabrizio Bentivoglio nel ruolo di Alfredo
Isabella Ragonese nel ruolo di Linda
Maria Pia Calzone nel ruolo di Costanza
Sergio Rubini nel ruolo di Vanni
Antonio Albanese
 

MUSICHE

Fazio, Michele
 

MONTAGGIO

Franchini, Giogiò
 

SCENOGRAFIA

Gobbi, Luca
 

COSTUMISTA

Chericoni, Patrizia
 

EFFETTI

Rizzo, Corrado

TRAMA

Due coppie di amici. Inseparabili e a prima vista perfettamente in sintonia. Vanni è uno scrittore cinquantenne all'inseguimento dell'ennesimo bestseller che tarda ad arrivare, e la sua compagna Linda, di vent'anni più giovane, è sempre al suo fianco, nella scrittura come nella vita. Una sera, mentre stanno preparandosi per uscire, i loro amici di sempre - Alfredo detto il Prof, chirurgo romano sempre impegnato in ospedale, e sua moglie Costanza - irrompono nel loro attico in centro in piena crisi coniugale. La scoperta da parte di Costanza del tradimento di Prof, uomo dall'apparenza irreprensibile, scatena liti, rivendicazioni, minacce e crisi di panico, ma anche la necessità di dirsi la verità. Così, durante una lunga notte, i quattro amici dovranno affrontare il peso di menzogne e sotterfugi e trovare il coraggio di fare i conti con le proprie insoddisfazioni e diversità, in un groviglio di cose non dette.

CRITICA

"(...) potrebbe essere, il vero film di Natale, divertente, mai volgare. Facile, ben fatto, con attori credibili, con una sceneggiatura intelligente. È un ritratto verosimile che ricorda certe lettere alla posta del cuore, della coppia italiana di oggi." (Natalia Aspesi, 'La Repubblica', 18 novembre 2015) "(...) un tentativo coraggioso di allargare l'orizzonte delle recenti commedie qualunquisticamente corrette con un surplus drammaturgico d'umorismo nero messo al servizio di un gioco al massacro d'origine e respiro teatrali. Il film, una volta esplicitato l'intento di scrutare al cine-microscopio alcune delle principali patologie di coppia, utilizza i pochi metri quadrati di un appartamento romano anche per lanciare qualche acida frecciata contro lo stato delle cose nostrane, con particolare attenzione rivolta alle presunte differenze morali o addirittura antropologiche tra i salotti (le camere da letto, le cucine ecc.) borghesi di sinistra e quelli di destra. La sua forza e la sua debolezza stanno, come si sarà subito intuito, nell'ingente responsabilità affibbiata ai quattro attori che occupano ininterrottamente la scena e la devono saturare con una serie di performance (spesso strabordanti) personali, esponendosi quasi uno alla volta allo sguardo e all'umore degli spettatori trasformati in giudici da talk show. (...) Sogguardando la placida indifferenza di una Roma apparentemente intatta dai virus dei conclamati romanzi criminali, l'apologo tende a suggerire che, specialmente nell'eterno e talvolta gratificante duello uomo-donna, le parole in eccedenza disturbano e la sincerità è un'arma a doppio taglio. Premesso che non risulta del tutto convincente il così stretto rapporto d'amicizia tra coppie un po'troppo distanti per età, il rimpallo all'acido muriatico risulta a tratti divertente e a tratti pretenzioso, a tratti sincero e a tratti forzato, la stessa sorte che tocca ai sobri contrappunti poetici piazzati ai margini dell'ossessivo ring logorroico. Se risulta, del resto, pleonastico il pesce rosso che parla e commenta con la voce del complice Albanese, Bentivoglio è spassoso, inarrestabile, irresistibile ancorché sempre in bilico sull'abisso romanesco macchiettistico, la Calzone appare sempre più grintosa nel meritarsi notorietà e stima troppo a lungo differite e Rubini e Ragonese con la loro capacità di sfumature si dimostrano in linea con l'ottimo stato di servizio davanti alla macchina da presa." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 19 novembre 2015) "Una carneficina reciproca, come avrebbe detto Polanski nel suo «Carnage», rappresentata quasi con violenza e moltissime urla in un luogo solo - l'attico - trasformando ogni singolo personaggio in un animale feroce pronto ad aggredire. Sempre, però, in cifre un po' velate di commedia perché Sergio Rubini che si è scritto il testo e poi lo ha rappresentato, ha preferito, mettendo gli accenti sui quattro dare risalto alle ironiche contraddizioni dei singoli giocando anche sulle origini di entrambe le coppie, borghesi quelle di Alfredo e Costanza, di intellettuali di sinistra quelle di Vanni, scrittore in crisi, e di Linda, segretamente votata invece alla scrittura; con la possibilità di rivestire psicologie e situazioni di colori volutamente variegati. Certo, i ritmi sono decisamente teatrali tanto che Rubini, il suo testo, l'ha provato inizialmente sul palcoscenico di un teatro, ma se manca il dinamismo esteriore, si impone con forza quello interiore che provoca via via i mutamenti intensissimi dei singoli protagonisti. Esibiti con vigore e spesso con furore da Fabrizio Bentivoglio, il cardiochirurgo, da Maria Pia Calzone, sua moglie, dallo stesso Rubini, lo scrittore, e da Isabella Ragonese, la sua compagna. Un quartetto da non dimenticare." (Gian Luigi Rondi, 'Il Tempo', 19 novembre 2015) "(...) se l'idea di un gioco al massacro (o «carnage») in un salotto borghese non è originalissima, i quattro protagonisti sono costruiti su modelli italiani, anzi addirittura « italici» nel caso della forte caratterizzazione similromanesca impressa da Fabrizio Bentivoglio al suo personaggio. (...) Carina l'idea, fluida la regia che movimenta la situazione di impianto teatrale, affiatati gli interpreti." (Alessandra Levantesi Kezich, 'La Stampa', 19 novembre 2015) "Lo schema è quello abbastanza diffuso nel cinema italiano: la doppia coppia, una di «destra», l'altra di «sinistra», che per qualche misteriosa ragione si frequentano e si stanno molto simpatiche. (...) Costruzione teatrale, battute di sicuro effetto (va detto alcune molto calzanti nella loro riconoscibile ispirazione) in questa commedia amara (o amareggiata) senza l'happy end de 'II nome del figlio' archibugiano e nemmeno la cattiveria del Virzì prima maniera ai tempi di 'Ferie d'agosto'. Rubini nella progressione delle frasi «chiave» a cominciare dalla fatidica e pericolosissima «Dobbiamo parlare» sembra spostare il centro dalla coppia a una generazione, la sua, che appare sfinita nei suoi rapporti giovani o coetanei che siano, e forse pure un poco nella vita. Anche se rispetto alla ragazzetta, al quotidiano, bugie e scontri compresi sembrano molto più allenati del «tutto e subito» di un impeto giovane. Il fatto è che tutti e quattro non sono un granché simpatici - e manco troppo diversi: pesantissimi e noiosi allo stesso modo, con qualche segretuccio mal riposto e molta voglia di rinfacciarsi malesseri personali scaricandoli a vicenda. (...) Un po' di cattiveria in più avrebbe invece giovato." (Cristina Piccino, 'Il Manifesto', 19 novembre 2015) "Dall'omonimo spettacolo teatrale, Sergio Rubini porta al cinema 'Dobbiamo parlare', che all'interno non del Raccordo, ma della Mura Aureliane frulla 'Carnage','Il nome del figlio' e l'originale francese 'Le prénom/ Cena tra amici'. Sì, è un po' derivativo, un po' tanto: dall'incontro-scontro tra intellighenzia e generone capitolino in giù, nulla di nuovo davanti alla macchina da presa, del resto, già il titolo è l'incipit canonico delle discussioni di coppia. Sul fronte attoriale, Rubini misurato e credibile, bene la Calzone, inadeguata al ruolo la Ragonese, troppo impegnato a parlare - con qualche topica... - romanesco Bentivoglio. Déjà-vu." (Federico Pontiggia, 'Il Fatto Quotidiano', 19 novembre 2015) "Acuta, sottile e crudele commedia drammatica, di evidente impianto teatrale. Ne è ottimo autore, oltre che interprete, Sergio Rubini (...). Un gioco al massacro, con sorpresa finale, dove non si risparmia il veleno, ma c'è spazio per l'umorismo." (Massimo Bertarelli, 'Il Giornale', 19 novembre 2015)

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