Cosimo e Nicole2012

SCHEDA FILM

Cosimo e Nicole

Anno: 2012 Durata: 101 Origine: ITALIA Colore: C

Genere:DRAMMATICO

Regia:Francesco Amato

Specifiche tecniche:35 MM

Tratto da:-

Produzione:RICCARDO TOZZI, GIOVANNI STABILINI, MARCO CHIMENZ PER CATTLEYA E FASTFILM IN COLLABORAZIONE CON RAI CINEMA

Distribuzione:BOLERO FILM

ATTORI

Riccardo Scamarcio nel ruolo di Cosimo
Clara Ponsot nel ruolo di Nicole
Paolo Sassanelli nel ruolo di Paolo
Souleymane Sow nel ruolo di Alioune
Giorgia Salari nel ruolo di Nadia
Andrea Bruschi nel ruolo di Commissario
Jo Prestia nel ruolo di Jean
Billo nel ruolo di Thierno Thierno Thiam - "BILLO"
Angela Baraldi nel ruolo di Patty
 
 

MONTAGGIO

Mearelli, Luigi
 

SCENOGRAFIA

Frigato, Emita
 

COSTUMISTA


Siaulytyte, Medile

TRAMA

Genova, 2001. L'italiano Cosimo e la francese Nicole si incontrano sullo sfondo dei tumulti del G8 e si innamorano. Giovani e vagabondi, con una grande passione per la musica, decidono di girare l'Europa per poi ritornare proprio a Genova. Iniziano a lavorare per un loro amico, un ambiguo cinquantenne che organizza concerti e tutto sembra andare per il meglio, fino a quando una tragedia sfiorata mette in discussione il loro amore e il loro futuro...

CRITICA

"Francesco Amato, diplomato del Centro Sperimentale, era stato premiato al Torino Film Festival per un corto e aveva già diretto un primo film, 'Ma che ci faccio qui?', che a partire dal titolo preso da un'opera di Bruce Chatwin denunciava la passione del regista per il road movie. Passione confermata dal nuovo 'Cosimo e Nicole'. (...) Il cliché della coppia in fuga e dell'onnipotenza giovanile contro tutto e tutti - quanti titoli americani vi vengono in mente? - c'è tutto. Ma, malgrado nella vita vera due faccette da schiaffi così sarebbero intollerabili, la suggestione e il fascino del cliché restano invariati." (Paolo D'Agostino, 'La Repubblica', 29 novembre 2012) "Vincitore delle Prospettive italiane al festival di Roma, il film di Francesco Amato - 'Cosimo e Nicole' - è interessante soprattutto come possibile paradigma del fare cinema oggi. L'impegno, intanto. Si comincia col G8 di Genova, è lì, tra le cariche della polizia che si incontrano infatti i due protagonisti, amandosi subito. (...) Un riferimento possibile, contemporaneo, potrebbe essere 'La promessa' dei Dardenne, ma Amato non sembra ispirarsi a quel tipo di immagine della realtà, fastidiosamente urticante come è nel cinema dei fratelli belgi, anche se la «materia» è la stessa: il nostro tempo, i suoi conflitti, la sua violenza. La cifra su cui punta, però, è più morbida, visivamente soprattutto, e nelle relazioni tra i personaggi. Il paradigma, si diceva. È che questo film evidenzia come oggi ci siano dei nuclei quasi obbligati del fare cinema e non solo nazionale. L'impegno, con riferimenti storici focalizzati come il G8, i migranti, il precariato, il lavoro da inventare, i sogni di una fuga. Potrebbe essere il racconto (confuso) di una generazione, dei suoi slanci e della sua fragilità, punteggiata dalla musica indipendente del decennio (da Marlene Kunz a Verdena) e da un'idea di amore come risposta, lotta, rifugio. E anche la possibile ricerca di un orizzonte diverso da quello un po' due-camere-cucina che così a lungo ha caratterizzato il nostro cinema. E però tutti questi elementi sembrano, appunto, essere diventati un paradigma, una sorta di passaggio obbligato, quasi antropologico. Dove porterà? È tutto da vedere. Ma è senz'altro l'elemento di interesse del film." (Roberto Silvestri, 'Il Manifesto', 29 novembre 2012) "Dopo l'esordio-tesi di diploma al Centro Sperimentale 'Ma che ci faccio qui?' il 34enne braidese Francesco Amato compie un salto di qualità di sorprendente livello, confezionando una storia d'amore (e separazione) da leggersi a più strati e sensibilità. «Non è un film sul G8» ha tenuto giustamente a precisare il regista, il cui intento si è calato nel profondo del sentire dei giovani d'oggi, in un'Europa dei desiderata e di cui forse un giorno saremo degni. Vincitore di Prospettive Italia al Festival di Roma 2012." (Anna Maria Pasetti, 'Il Fatto Quotidiano', 29 novembre 2012)

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