SCHEDA FILM

Città dolente

Anno: 1989 Durata: 160 Origine: TAIWAN Colore: C

Genere:DRAMMATICO

Regia:-

Specifiche tecniche:35 MM (1:1.85), PANORAMICO

Tratto da:-

Produzione:CHI FU-SHENG - 3H FILM LTD

Distribuzione:ACADEMY PICTURES (1994)

TRAMA

Il 15 agosto 1945 l'imperatore Hirohito annuncia, tramite la radio, la resa del Giappone: a Taiwan termina così l'occupazione nipponica e l'isola viene occupata dalle forze cinesi nazionaliste. Il momento è drammatico anche per il vecchio Lin, vedovo e padre di quattro figli: il maggiore, che vede nascere proprio in questo giorno il secondogenito, gestisce un locale pubblico, dove si riunisce la malavita del posto; il secondo figlio, medico, arruolato dai giapponesi, è disperso nelle Filippine; il terzo, che ha fatto da interprete per gli occupanti, è tornato a Taiwan, e si è fatto invischiare nello spaccio di droga; il quarto fratello, un fotografo reso sordomuto da un trauma infantile, simpatizza con Hinomi, la sorella di un giovane avvocato, amico di famiglia, che è membro della Commissione governativa provvisoria. La destituzione ad opera dei cinesi di questo organismo e i successivi arresti decimano la famiglia Lin ed i suoi amici. Il terzo figlio, dopo esser stato rilasciato con l'aiuto del malavitoso locale, viene fucilato, come l'avvocato, che si è rifugiato in montagna dove ha avuto un figlio da una giovane del luogo. Anche il fotografo, divenuto padre dopo aver sposato Hinomi, scompare. Rimane solo il vecchio Lin col figlio maggiore. Vedove e nipoti continuano la tradizione della famiglia contando sulle nuove vite che vanno a rimpiazzare quelle stroncate da questo buio periodo di transizione, che si conclude con l'arrivo delle truppe, sconfitte dai comunisti cinesi, del nazionalista Chang nel dicembre del 1949.

CRITICA

"Fra nascite e matrimoni, liti in famiglia e regolamenti di conti, 'Città dolente' assorbe nel suo stile piano e imperturbabile eventi di ogni sorta: risse che divampano violentissime e improvvise, agguati al machete ripresi in campo lungo, in aperta campagna, senza un movimento di macchina, com'è nello stile flemmatico e bollente insieme di questo maestro del pudore. Perchè le sue immagini perfette, cristallizzate, senza tempo, parlano proprio di questo: del passare inesorabile del tempo, dell'eredità che si trasmette di generazione in generazione. Fino al piccolo figlio del sordomuto, l'unico che sorride nell'ultima foto di gruppo del film." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 27 marzo 1994) "Hou Hsiao-Hsien, per raccontare la sua saga, predilige l'uso degli interni e convoglia nella vita e nelle discussioni della famiglia molti degli eventi del mondo esterno, in una specie di teatrino ideale che costruisce inquadrando l'azione al centro di due pareti o tra due quinte, muovendo parcamente la macchina da presa e animando la scena solo del movimento dei suoi personaggi. Dopo tanto Oriente tradizionale o mitico, è una sorpresa ritrovare in 'Città dolente' un mondo cinese così simile al nostro di quegli anni: drammi politici e sogni infranti, ma interni borghesi, ragazze con il filo di perle al collo, ragazzi ben vestiti, abitudini per nulla folkloristiche. Un film da non mancare. Anche se fa un po' rabbia che l'inevitabile doppiaggio, appiattendo le varie lingue che si parlano nell'originale del film, crei, almeno in un'occasione, un irritante effetto comico: come quando nella riunione di un vertice malavitoso uno dei presenti viene tradotto da un interprete che (nella versione italiana) si limita a ripetere parola per parola quello che l'altro ha appena detto. Roba da fratelli De Rege, che Hou non si meritava proprio." (Irene Bignardi, 'La Repubblica', 22 marzo 1994)

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