Chi lo sa?2001

SCHEDA FILM

Chi lo sa?

Anno: 2001 Durata: 154 Origine: FRANCIA Colore: C

Genere:PSICOLOGICO

Regia:-

Specifiche tecniche:35 MM, 1.85 - DTS STEREO

Tratto da:"Come tu mi vuoi" di Luigi Pirandello

Produzione:PIERRE GRISE PRODUCTIONS, FRANCE 2 CINEMA, VM PRODUCTIONS, MIKADO FILMS, KINOWELT, CANAL+, COFIMAGES 12, GIMAGES, CNC, EURIMAGES, PROCIREP

Distribuzione:MIKADO (2002)

TRAMA

Camille è un'attrice di teatro che ha lasciato la Francia per andare a vivere in Italia. Dopo cinque anni ritorna in patria con il suo compagno Ugo e una nuova troupe per mettere in scena una commedia di Pirandello. Durante la tournée, Camille si trova a fare i conti con il suo passato mentre Ugo va alla ricerca di un misterioso manoscritto di Goldoni.

CRITICA

"Anche se ha passato la settantina, Rivette conserva, come i suoi coetanei Alain Resnais e Eric Rohmer, una capacità di rappresentare il gioco dei sentimenti e dell'erotismo che molti registi giovani avrebbero ragione d'invidiargli". (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 17 maggio 2001) "'Chi lo sa?' è il più aereo, il più divertente, il più immediato dei 17 film di Jacques Rivette, severo e appartato padre fondatore della Nouvelle Vague. Che qui si cimenta nei giochi dell'amore e del caso con l'eterno 'esprit de finesse' francese. E con un'allegria, un ottimismo, un'effervescenza nuovi. Pur restando fedele al suo detto: 'Mi piace che ogni mio film sia un'avventura, per quelli che lo fanno e per quelli che lo vedranno'. Altra buona notizia: questo irresistibile gioco di specchi tra Italia e Francia esce sottotitolato". (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 10 maggio 2002) "Jacques Rivette, gran maestro della Nouvelle Vague, oggi ha settantatre anni e non ha perduto alcuna vitalità, alcun entusiasmo: una strana ansia di perfezione ricercata e raggiunta pervade 'Chi lo sa?', commedia perfetta, incantevole, spiritosa, intelligente e un poco troppo lunga (oltre due ore e mezza)". (Lietta Tornabuoni, 'La Stampa', 12 maggio 2002) "Nel gran film di Jacques Rivette 'Chi lo sa?', il matrimonio tra cinema e teatro viene celebrato con una leggerezza da Renoir, un'allegria, una profonda complicità, un gusto della parola rohmeriano, come rare volte è accaduto. In uno schema ad equivoci che sembra Marivaux, ma anche Goldoni nel finale che ridistribuisce i sentimenti, il film palleggia in un dialogo superficialmente profondo realtà e finzione, come in un gioco delle parti collettivo. Come andrà a finire non si sa, ma l'unica musica che si sente è, non a caso, 'Senza fine'. L'intelligenza dell'impianto narrativo, il ritmo interiore così variopinto, il divertimento di curiosare nelle vite altrui, lo spirito bizzarro dei teatranti, quello spostarsi dalle battute di una commedia dalla doppia identità alle altre doppiezze della vita, è di una grazia senza confini. Ci sono sì gli intellettualismi da nouvelle vague, ma con la densità di una esperienza umana compiuta e restituita nell'amore per lo spettacolo. La bravura di Castellitto è fuori discussione, tocca mille tasti, non ne sbaglia uno, ma la lode comprende tutta la straordinaria compagnia". (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 11 maggio 2002)

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