Charlot1992

SCHEDA FILM

Charlot

Anno: 1992 Durata: 144 Origine: FRANCIA Colore: C

Genere:BIOGRAFICO

Regia:-

Specifiche tecniche:35 MM, PANAVISION

Tratto da:tratto da "La mia autobiografia" di Charlie Chaplin e "Chaplin la vita e l'arte" di David Robinson

Produzione:MARIO KASSAR E RICHARD ATTENBOROUGH PER CAROLCO PICTURES INC., LE STUDIO CANAL+, RCS VIDEO, LAMBETH PRODUCTIONS CORP., TRISTAR PICTURES

Distribuzione:PENTA FILM - RCS VIDEO (1993)

TRAMA

A partire da un'intervista a Chaplin, ormai anziano e a riposo nella sua villa svizzera, e dalle domande che gli pone il suo biografo David Robinson, si snodano con dei flash-back le vicende biografiche del vero Charles S. Chaplin, desunte dall'autobiografia del grande attore, integrata dalle ricerche di David Robinson, e intercalata da spezzoni dei suoi film più noti. Dapprima Charles bambino, tutto brio, spontaneità e inventiva, improvvisa un divertente fuori-programma per coprire uno dei primo vuoti di memoria della madre, attrice di varietà. Successivamente cresce fra gli stenti in un ambiente di miseria e squallore; poi assiste sgomento alle prime crisi di follia della madre, e più avanti è costretto, col fratello, al ricovero di lei in manicomio. Si assiste ai suoi primi incontri-scontri col mondo dello spettacolo e alla sorprendente carriera che vi compie in breve, grazie al suo straordinario talento; si vedono aprirsi i retroscena meno noti del suo privato, i suoi amori; le disavventure coniugali, le cocenti delusioni fino a quel malinconico ritiro in Svizzera, confortato da Oona O'Neil, il grande amore dei suoi anni maturi, e unica donna rimastagli fedele.

CRITICA

"Il film ha pennellate eleganti che però, messe insieme, non fanno un ritratto. Manca una visione d'insieme, un'ipotesi d'interpretazione forte del personaggio. Mille sono i punti di vista dai quali Chaplin può essere analizzato: l'ossessione erotica per le ragazzine, l'impegno politico, le accuse (ebreo, comunista) inventate dall'FBI e però da lui mai del tutto negate, l'odio-amore per l'America, il retaggio dickensiano dell'infanzia londinese, e tanti, tanti altri. Attenborough non ne sceglie uno: tenta di farli tutti confezionando un centone affascinante ma troppo didascalico. Alla fine del quale Chaplin rimane un mistero. Come si diceva: se volete saperne di più, guardate i suoi film." (Alberto Crespi, 'l'Unità', 26 febbraio 1993) "Dopo Gandhi, Chaplin. Richard Attenborough continua con le sue biografie filmate. Questa volta, però, il personaggio era più complesso. Il problema era non solo dir tutto, ma anche condensare senza tradire: né il carattere rimasto sempre un po' oscuro del protagonista, (nonostante le molte confidenze e confessioni), né l'epoca, il cinema e la gente che lo avevano accolto e in cui, qualche volta perseguitato, aveva saputo dominare. Attenborough ha pensato di vincere la difficile battaglia affidandosi a tre sceneggiatori di fama (William Boyd, Bryan Forbes, William Goldman) e rifacendosi, per le fonti, debitamente citate, all'autobiografia dello stesso Chaplin, 'La mia vita' e al bellissimo libro storico-critico di David Robinson, 'Chaplin: la vita e l'arte'. Un'idea giusta, non sorretta però da una vera analisi del personaggio e affidata poi, come struttura narrativa, ad un seguito di eventi visti più come in uno sceneggiato tv che non come in un film, prodighi, in qualche momento, di invenzioni suggestive, ma ora troppo diluiti ora troppo rapidi per arrivare, come si voleva, ad un ritratto." ('Il Tempo', 27 febbraio 1993) "Qualche momento intenso lo dobbiamo a Geraldine Chaplin nel ruolo di sua nonna Hannah, la mamma di Charlie e di Sydney Chaplin che tutta la vita combatte contro uno stato di depressione prossimo alla follia. Kevin Kline è irresistibilmente simpatico nella parte di Douglas Fairbanks, il grande amico di Chaplin e cofondatore della United Artists. E Milla Jovovich è molto bella e inquietante nel ruolo di Mildred Harris, la diciassettenne furba che divenne la prima moglie bambina di Chaplin. Ma su questa come sulle altre sue vicende amorose, si sente l'inevitabile autocensura che gli autori si sono imposti: Lady Oona era ancora viva ai tempi della preparazione del film. Per fortuna c'è Chaplin, quello vero. Quando sullo schermo compaiono la fioraia, il monello, il vagabondo, il suo finto Dittatore - e quello vero - improvvisamente si torna a ridere e a commuoversi, e appare più chiaro l'unico senso possibile di 'Charlot': ricordare uno dei massimi poeti di questo secolo. E spedire gli spettatori a rivedere i suoi film." (Irene Bignardi, 'la Repubblica', 27 febbraio 1993)

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