Briganti1996

SCHEDA FILM

Briganti

Anno: 1996 Durata: 129 Origine: FRANCIA Colore: C

Genere:DRAMMATICO, METAFORA

Regia:-

Specifiche tecniche:-

Tratto da:-

Produzione:MARTINE MARIGNAC, PIERRE GRISE PRODUCTIONS - LA SEPT CINEMA - SOYUZKINOSERVICE (RUSSIA) - BIM DISTRIBUZIONE (ITALIA) - CARAC FILM AG (SVIZZERA)

Distribuzione:COLUMBIA TRISTAR ITALIA (1997), MONDADORI VIDEO, MEDUSA VIDEO

TRAMA

Ambientato in Georgia, terra di origine del regista, è una commedia amara e sarcastica sull'uso distorto e violento del potere nel corso della storia. In tre diverse epoche, nel medioevo, nel periodo stalinista e nella Parigi della seconda metà del Novecento, Iosseliani usa gli stessi attori per interpretare tre diversi episodi che dimostrano come nel corso dei secoli il potere si presenti sempre accompagnato da soprusi, violenza e morte. TRAMA LUNGA Nel Medioevo, Vano, re guerriero, domina incontrastato sui suoi sudditi e passa il tempo fra le feste e baldorie nel suo castello; quando si sente annoiato raduna i suoi cavalieri e va a fare la guerra. Tornato vittorioso dalla guerra, dopo aver ucciso, saccheggiato e violentato, il re Vano scopre che la regina non gli è stata fedele. Arresta e tortura i castellani e infine fa decapitare la sposa. Anche per Vano, re guerriero, arriva il momento della resa dei conti, dopo tanto tramare violenza: una coppa di veleno e tutto sembra risolto. Invece guarisce e la donna che voleva eliminarlo finisce in prigione. All'inizio del 1900, Vano è un abile ladro. I comunisti che in Russia tramano per conquistare il potere ne ammirano l'abilità e lo assoldano; gli offrono onori e autorità. Furti e violenza sono le armi che il partito dei "rossi" utilizza per conquistare il potere. Raggiunto l'obiettivo, vengono prelevati e uccisi l'imperatore e la sua famiglia; case e beni dei nobili sono saccheggiati e assegnati in premio ai gerarchi più fedeli del partito, tra cui, ovviamente, c'è anche Vano. Il partito al potere si organizza con agenti infiltrati ovunque. Arresti, torture orribili, delazioni. Scuola, teatro, musica, arte, scienza sono sotto controllo e chi sbaglia sparisce. I padri insegnano ai figli come si gestisce il "potere" e i figli denunciano i genitori e maestri. A casa di Vano un gerarca specialista in torture, ubriaco, gioca al tiro alla mela, posta sul capo del figlio di Vano, e si ritrova nella Lubianka a dover sperimentare sulla propria pelle le raffinate torture che aveva inventato e applicato con cinica, spietata freddezza. A Vano, un tempo ladro e poi affermato gerarca, come ai suoi colleghi scomodi il "potere" riserva un trattamento più modesto: un'iniezione. Alla vigilia del terzo millennio, Vano vive in un paese dilaniato dalla guerra civile e sta dalla parte dei duri. Al mattino, come ogni giorno, si alza, accende la sigaretta, imbraccia il mitra e va ad uccidere. Con lui cecchini spietati uccidono come cacciatori avidi di preda. Quando sono stanchi si siedono in un prato e, mentre gli artiglieri continuano a distruggere case e vite umane, incoraggiati dal "tifo" dei sostenitori come in uno stadio, loro, i killer della guerra, si riposano e cantano. Oggi, come ieri, come nel passato: il "potere" continua ad imperversare sull'umanità: cerca connivenze nella sacrestie e alle porte delle chiese; ruba; si organizza su base internazionale. Mafia, commercio di armi, guerra di cosche: anche i Paesi più "democratici" ne sono infestati. Come nel passato i giovani imparano presto: un ragazzo imbraccia il mitra e uccide genitori, parenti, amici poi chiama la polizia dichiarando di aver ucciso lui questi mafiosi.

CRITICA

"Forse il film pecca per eccesso di idee, risultando alla fine un po' confuso e ridondante malgrado la naturalezza dei passaggi temporali e la padronanza della messa in scena. La Georgia diventa metafora della Storia universale, dove alla semplicità della rappresentazione corrisponde un contenuto un po' macchinoso. Alcune parti (quella contemporanea, soprattutto) sono più riuscite, altre appaiono più distaccate, o forse meno ispirate. Il che non impedisce a Briganti di meritare ugualmente tutta la disponibilità e l'interesse di chi cerca il film d'autore nel senso pieno dell'espressione." (La Repubblica, Roberto Nepoti, 20/2/97) "Intreccio di grande fantasia compositiva, affresco beffardo che nei suoi paradossali risvolti ricorda le maschere di Gogol e di Bulgakov, 'Briganti, briganti' è un impasto di drammatiche verità e di sferzante ironia che prende di mira sia lo stalinismo, sia i moderni conflitti etnici (dove si va a far la spesa sfidando i cecchini), sia il miraggio dell'Occidente (dove gli esuli dell'Est conducono una vita errabonda e misera, incapaci di ricordare le loro origini, come dimostra la scena del quadro esposto dal rigattiere parigino in cui il protagonista non sa dare una spiegazione al fatto che quella tela riproduce la sua immagine). Amara conclusione che ricorda una frase di Cesare Pavese: 'Un popolo si spegne quando non ha più il senso vitale del suo passato' ".(Enzo Natta, 'Famiglia Cristiana', 19 marzo 1997) "Il film con pochissimo dialogo, strutturato sulle forme musicali più che sulla drammaturgia teatral-letteraria, vuol soprattutto dire le colpe di quella politica che ha sempre devastato il presente promettendo un futuro migliore. Eppure nonostante ogni delusione Iosseliani si dice colpito dalle grandi migrazioni attuali alla ricerca della felicità: 'La felicità non si trova, ma la speranza di trovarla nutre l'umanità'. La fotografia di Lubtchansky è stupenda, il protagonista Amiran Amiranasvili è molto bravo. L'iniziale indicazione "Capitolo VII" è data per gioco per civetteria per la convinzione del regista sessantatreenne d'aver seguito in ogni suo film lo stesso giro di idee". (Lietta Tornabuoni, 'La Stampa', 29 marzo 1997) "Trapunto di un'ironia feroce, intonata alla crudeltà delle epoche evocate, 'Briganti' mette forse troppa carne al fuoco, con il risultato di moltiplicare (senza centrarli tutti) i bersagli. Così l'episodio medievale, a tratti spiritosamente malizioso, stinge nel goliardico, mentre la parentesi contemporanea con quei blindati presi al volo come fossero tram e i cecchini che si esercitano al tiro al bersaglio, introduce un elemento surreale non sempre ben temperato. Meglio il capitolo stalinista, acre e risentito, a un passo dal grandguignol: con quei bambini introdotti alla pratica della delazione familiare e quei burocrati della 'purghe' intenti ad affilare gli strumenti della tortura. Non si può dire che losseliani ci vada leggero, ma anche le scene più turpi sfuggono a una rappresentazione naturalistica, riportando così la commedia sui binari di un'ironia 'nera' che fa riflettere, divertendo, sulle nefandezze del socialismo reale". (Michele Anselmi, 'L'Unità', 20 febbraio 1997)

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