Blues metropolitano1985

SCHEDA FILM

Blues metropolitano

Anno: 1985 Durata: 111 Origine: ITALIA Colore: C

Genere:COMMEDIA

Regia:Salvatore Piscicelli

Specifiche tecniche:PANORAMICA

Tratto da:-

Produzione:NUMERO UNO CINEMATOGRAFICA

Distribuzione:ARTISTI ASSOCIATI - PENTAVIDEO - MEDUSA VIDEO (PEPITE)

ATTORI

Ida Di Benedetto nel ruolo di Elena
Barbara D'Urso nel ruolo di Francesca
Marina Suma nel ruolo di Stella
Tony Esposito nel ruolo di Tanino
Maurizio Capone nel ruolo di Tex
Anna Walter
Bianca Sollazzo
Francesca Thermes
James Edward R. Sampson nel ruolo di Solomon
Luigi Petrucci
Marina Viro
Marta Bifano
Nino Bellomo
Paolo Bonetti nel ruolo di Gigino Giordano
Peppe Lanzetta
Stefania Bifano
Stefano Sabelli nel ruolo di Tony Tarallo
 

MONTAGGIO

Crociani, Raimondo

TRAMA

Tony è un giovane senza arte né parte, dedito alla droga, la cui vita (finanziata da una zia che l'ha allevato, ora gravemente malata) ruota intorno al mondo della musica: sale d'incisione, concerti, ecc. La sua ragazza si chiama Susy, con aspirazioni canore destinate al fallimento, che Tony regolarmente tradisce con Elena, una matura professoressa universitaria il cui marito è invalido, sia con altre occasionali compagne, tra cui una, anch'ella aspirante cantante, che si dà da fare per l'organizzazione di un concerto. L'organizzatore del concerto, l'avvocato Giordano, ha intanto i suoi guai, sia sul lavoro, perché non riesce a trovare finanziamenti necessari, sia con Stella, la sua nuova ragazza, un tipo quanto meno misterioso, molto libera e facile ad "approfondire" le sue amicizie. Sempre per il concerto, torna in città un percussionista, che tempo addietro aveva avuto una figlia da una ragazza la quale, ora, vive con un altro uomo e che, innamorata di tutti e due, vorrebbe provare a vivere insieme ai suoi amori. Ma il progetto fallisce perché il percussionista è più che mai deciso, al termine del concerto, a ripartire nel suo peregrinare per il mondo.

CRITICA

"Sembra d'intravedere addirittura un rifiuto della narrazione, un continuo richiamo a una puntigliosa vocazione sociologica confermata dall'uso di sorprendenti interpreti fra il dialettale e il naif. Insomma il regista, più o meno consapevole, ha sacrificato il senso dello spettacolo in uno dei generi più squillanti, estrosi e istrionici come il rock-movie, o film musicale contemporaneo, favorendo invece la descrizione puntigliosa degli usi e costumi di un universo giovanile fragile e perverso, da un lato completando idealmente la trilogia su Napoli dopo 'Immacolata' e Concetta' e 'Le occasioni di Rosa', dall'altro tornando ai suoi esordi registici: il cortometraggio 'La canzone di Zeza' sul folk-revival. Ne scaturisce, pur tra le incertezze linguistiche già menzionate, una Napoli diversa da quella illustrata dalle commedie, dalle sceneggiature, dai gialli politici. Qui c'è il centro odierno dove i rampolli persi della ricca borghesia e i disperati veri del lumpenproletariat s'incontrano per scambiarsi quei pochi segnali comunicativi conosciuti: sesso, droga e, naturalmente, rock and roll: un frenetico, nervoso infuocato blues metropolitano, l'unico a garantire la paternità di napoletano a un film in definitiva interessante, pur senza infamia e senza lode." (Guido Michelone, 'Attualità Cinematografiche')

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