Bella e perduta2015

SCHEDA FILM

Bella e perduta

Anno: 2015 Durata: 86 Origine: ITALIA Colore: C

Genere:DOCUMENTARIO

Regia:Pietro Marcello

Specifiche tecniche:16 MM, DCP

Tratto da:-

Produzione:SARA FGAIER, PIETRO MARCELLO PER AVVENTUROSA CON RAI CINEMA, IN ASSOCIAZIONE CON MARIO GALLOTTI, IN COLLABORAZIONE CON FONDAZIONE CINETECA DI BOLOGNA E ISTITUTO LUCE-CINECITTÀ

Distribuzione:ISTITUTO LUCE-CINECITTÀ

ATTORI

Tommaso Cestrone nel ruolo di Se stesso
Sergio Vitolo nel ruolo di Se stesso
Gesuino Pittalis nel ruolo di Pulcinella
Elio Germano nel ruolo di Voce di Sarchiapone
 

MONTAGGIO

Fgaier, Sara

TRAMA

Dalle viscere del Vesuvio, Pulcinella, servo sciocco, viene inviato nella Campania dei giorni nostri per esaudire le ultime volontà di Tommaso, un semplice pastore: mettere in salvo un giovane bufalo di nome Sarchiapone. Nella Reggia di Carditello, residenza borbonica abbandonata a se stessa nel cuore della terra dei fuochi, delle cui spoglie Tommaso si prendeva cura, Pulcinella trova il bufalotto e lo porta con sé verso nord. I due servi, uomo e animale, intraprendono un lungo viaggio in un'Italia bella e perduta, alla fine del quale non ci sarà quel che speravano di trovare.

CRITICA

"Paladini delle sceneggiature dove tutto è scritto e spiegato, difensori a oltranza della linearità narrativa, orfani del cinema di genere e dei suoi rigidi steccati, prego astenersi. Il film di Pietro Marcello non fa per voi. Ma tutti gli altri non perdano l'occasione di un cinema capace di rompere i pigri confini tra documentario e finzione, tra concretezza e fantasia, dove le cose reali si capiscono con la poesia e la fiaba prende vita dalla cronaca. (...) un viaggio per l'Italia che sembra farsi un punto d'onore nel confondere le differenze tra documentario e finzione. Difficile infatti trovare un termine adatto a raccontare la storia (...). Realtà e fiaba, sogni e condizionamenti: il film di Marcello salta continuamente da un registro all'altro, guidato più dagli accadimenti delle riprese che da una sceneggiatura conchiusa. (...) In un viaggio che sembra sen za itinerario e senza meta, 'Bella e perduta' (che naturalmente si riferisce all'Italia) supera d'un balzo i condizionamenti che ci portiamo dietro a proposito di cinema, di storia o di politica e ci spinge a usare la poesia per spiegare il mondo reale e le favole per amare la vita." (Paolo Mereghetti, 'Corriere della Sera', 17 novembre 2015) "A 'Bella e perduta' (...) è difficile applicare un'etichetta di genere: eccetto forse quella di 'cinema di poesia' alla Pasolini, perché racconta in termini poetici una fiaba antropologica e perfino didattica. (...) Mix di documentario e fiaba, un oggetto filmico ibrido, bello con qualche squilibrio, fitto di echi nobili come Bresson, il Pasolini di 'Uccellacci e uccellini', Carmelo Bene (per il rapporto immagine-musica). In un film così bisogna volerci 'entrare', beninteso; ma chi decide di farlo può trovarci dentro molte cose." (Roberto Nepoti, 'La Repubblica', 19 novembre 2015) "(...) La consistenza e la qualità del film orgogliosamente anti-narrativo e ostile alla produzione mainstream, nonché incalzato dalla raffica di accostamenti sparatagli addosso dalla critica (Pasolini, Bresson, Bene, e chi più ne ha...) sono ad alto rischio di predisposizioni e gusti. La metafora portante del Pulcinella (...) ha richiesto uno stile temerario, in bilico tra l'ascetismo sperimentale e il compiacimento poetico-autoriale (...), il riferimento nazional-popolare (...) e il sussidio etnografico (...). Gli autori sovrappongono, così, una lettura politica sommaria (lo sfacelo della Terra di lavoro e il giogo della camorra sarebbero colpa dell'industrializzazione degli ultimi cinquant'anni) a un'altra ben più efficace mitico-simbolica, in cui Pulcinella perde l'immortalità quando si toglie la maschera, recuperando un'amara quanto necessaria consapevolezza." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 19 novembre 2015) "Poetico e rapsodico, il racconto del viaggio dei tre verso la Tuscia passa dal piano della realtà a quello del mito in immagini dal fascino arcano e Pulcinella (Sergio Vitiolo) ritrova la sua necessità di maschera misteriosa e antica." (Alessandra Levantesi Kezich, 'La Stampa', 19 novembre 2015) "Il documentario storico (la reggia), antropologico (Cestrone) e socio-agricolo (il destino dei bufali) diventa una fiaba, senza perdere nulla dell'aderenza al reale che ne ha contraddistinto gli inizi. Il risultato è un altro 'mistero', nel senso arcaico e religioso caro a Dario Fo, con il quale Pietro Marcello torna a stupire noi e tutti i suoi spettatori." (Alberto Crespi, 'L'Unità', 19 novembre 2105) "(...) uno straordinario poema in cinema dove, in un racconto dal registro fiabesco, si mescolano lo stupore della Bellezza ritrovata e lo struggimento per la rovina in cui questa è ridotta. Un film emblema e simbolo di un Paese fustigato e maltrattato." (Anna Maria Pasetti, 'Il Fatto Quotidiano', 19 novembre 2015) "Un pastore che non si arrende, un documentarista che crede alle fiabe, un Pulcinella venuto dall'aldilà. E un piccolo bufalo che parla, pensa e osserva il disgraziato paese in cui gli è toccato nascere. (...) uno dei film più intensi e sorprendenti dell'anno, 'Bella e perduta' (...). Metà mito, metà documentario, tutto metafora. Ma anche manifesto di un cinema che a sua volta non si arrende e cerca le forme, il respiro di un racconto che tocchi il cuore delle cose. Fondendo, se serve, linguaggi lontani come l'inchiesta e la fiaba. (...) una fiaba arcaica e molto pasoliniana, che procede a zig-zag tra mito e realtà illuminando l'una con l'altro. (...) Anna Maria Ortese (...) nel film recita, splendidamente, 'I pastori di D'Annunzio'. (...) Tra echi di ogni genere, da Bresson ('Au hasard Balthazar') alla Ortese, evocata come ambientalista ante litteram da 'Il mare non bagna Napoli'. Perché 'Bella e perduta' incarna con poetica precisione anche una nuova sensibilità oggi molto diffusa. Ma non dimentica il punto di partenza." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 13 novembre 2015) "(...) film, a metà tra la realtà e la fiaba, affronta (...) il complesso e spesso tragico rapporto tra uomo e natura a partire dalla tenuta borbonica di Carditello abbandonata a se stessa, circondata da discariche e per anni luogo di latitanza di camorristi, di cui il pastore e agricoltore Tommaso Cestrone, detto «l'angelo di Carditello», si prendeva cura a titolo gratuito." (Giovanna Branca, 'Il Manifesto', 13 novembre 2015)

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