Le mille e una notte - Arabian Nights: Volume 3 - Incantato2015

SCHEDA FILM

Le mille e una notte - Arabian Nights: Volume 3 - Incantato

Anno: 2015 Durata: 125 Origine: SVIZZERA Colore: C

Genere:DRAMMATICO

Regia:Miguel Gomes

Specifiche tecniche:16 MM/35 MM, SCOPE, DCP (1:2:40)

Tratto da:-

Produzione:O SOM E A FÚRIA, SHELLAC SUD, KOMPLIZEN FILM, BOX PRODUCTIONS, ARTE FRANCE CINÉMA, ARTE/ZDF, RTP, RTS RADIO TÉLÉVISION SUISSE-SRG SSR, AGAT FILMS & CIE

Distribuzione:MILANO FILM NETWORK (2016)

ATTORI

Crista Alfaiate nel ruolo di Sherazade
Américo Silva nel ruolo di Gran Visir
Carloto Cotta
Jing Jing Guo nel ruolo di Ling
Chico Chapas
Quitério
Bernardo Alves nel ruolo di Alves

TRAMA

Una notte europea tra l'incanto delle narrazioni di Sherazade con le sue storie da "Le mille e una notte" e la prosa della verità sociale della crisi portoghese. Tre film per un unico percorso. Nel terzo episodio, Sherazade dubita di riuscire ancora a raccontare storie che piacciano al re, poiché ciò che ha da dire pesa tremila tonnellate. Così fugge da palazzo e attraversa il regno in cerca di piacere e incanto. Suo padre, il Gran Visir, organizza un incontro alla ruota panoramica e Sherazade riprende la narrazione: "O re beato, quarant?anni dopo la Rivoluzione dei garofani, nelle vecchie baraccopoli di Lisbona c?era una comunità di uomini stregati che, con impegno e passione, si dedicava a insegnare agli uccelli a cantare...". E vedendo sorgere il sole, Sherazade si tace.

CRITICA

"Il titolo va preso alla lettera: questo film, anzi questi tre film che ne formano uno so lo (...), sono accompagnati dalla voce fuori campo di Sherazade c he per distrarre il feroce re Shahryan (...) gli racconta una serie di storie notturne. Che però non sono quelle tradizionali (...) ma quelle del Portogallo povero e depresso di oggi, così come sono state trovate e scelte d a un gruppo di giornalisti che ha lavorato con il regista. Ecco allora che 'Le mille e una notte' di Miguel Gomes prendono a prestito il titolo e la struttura della celebre raccolta di novelle orientali per diventare qualcos'altro. Altrettanto insolita e «fantastica» (le virgolette sono d'obbligo), oltre che fuori misura, ma decisamente diversa per ambizioni e finalità. (...) come 'Le mille e una notte originali' mescolano racconti fantastici ad altri divertenti ad altri ancora attraversati dall'amore o dal sesso, così il film usa personaggi reali - sindacalisti, poliziotti, pensionati, giovani sradicati, disoccupati - per rileggere con tutta la libertà possibile la condizione «sociale» del Portogallo, senza darsi nessun limite né nell'invenzione delle situazioni né nell'accostare toni e personaggi massimamente differenti. (...) A rendere ancora più eccentrico e sorprendente il film, ecco la sua lunghezza e la sua struttura. Dopo un anno di riprese, Gomes si è trovato con tale e tanto materiale da fare un film di oltre sei ore, che per trovare una distribuzione commerciale è stato diviso in tre parti (...) ognuna con una sua specificità (la prima più «politica», (...); la seconda più riflessiva con un processo metafora dove i ruoli di accusati, testimoni e difensori si con fondono nel le stesse persone; la terza più poetica (...) ma ognuna anche attraversata da elementi comuni o simili, come la presenza degli animali (...). A tenere insieme tutte queste storie, e molte altre ancora, c'è un popolo che sembra aver dimenticato la «rivoluzione dei garofani» e fa i conti con la solitudine, la povertà, la miseria, a volte ironizzando fino alla farsa (...) altre volte inventandosi nel ruolo di insoliti banditi (...). Per formare alla fine una specie di film-chimera, come ha scritto il critico francese Joachim Lepastier, dove elementi eterogenei finiscono per creare un'opera che sfugge a ogni definizione. Evidentemente non per tutti i gusti, ma raccomandabile a chi non ha perso la curiosità per un cinema fuori da norme e regole." (Paolo Mereghetti, 'Corriere della Sera', 15 marzo 2016) "Un film-mostro. Un film-sogno. Un film già di culto, dopo il sorprendente esordio a Cannes, ma che richiede una buona dose di coraggio: il coraggio di proporlo e, sì, anche di andarlo a vedere. Non perché sia l'unico film-monstre della storia del cinema. (...) Né per l'eccezionale durata (...). Né sono mancati film 'mostruosi' in termini di stile (...). Detto ciò, 'Le mille e una notte-Arabian Nights' è un film che non somiglia a nessun altro, un manifesto politico-poetico in cui si entra poco a poco salvo restarne stregati. (...) Compiendo un'operazione geniale, il regista s'impadronisce della mitologia araba del XII secolo per generarne una contemporanea. Così, personaggi in costumi fiabeschi introducono episodi di tono documentario: ma dove tipi umani quotidiani (...) si mischiano a geni del vento e della terra, eroi, danzatrici, animali parlanti. Nel primo 'volume' (...) Gomes rappresenta se stesso: un regista (che ricorda un po' il primo Nanni Moretti ) intenzionato a fare un documentario, ma senza riuscirci; e allora inizia un film mitologico - in senso pasoliniano - eterogeneo e bello, libero e che lascia libero lo spettatore di creare nessi a propria misura. (...) Il secondo volume (...) narra il tempo dello sconforto. (...) Cambiano di continuo i registri della rappresentazione, tra didascalie, scene mute, voci narranti, fiaba e realtà. Il terzo volume (...) è il più sognante. (...) Un film così bisogna guadagnarselo." (Roberto Nepoti, 'La Repubblica', 15 marzo 2016) "Un'opera-mondo, che prende in prestito la struttura (ma anche sfondi e personaggi) delle 'Mille e una notte' per raccontare il Portogallo (l'Europa) ai tempi della crisi senza subire il ricatto delle difficoltà materiali. Un film che cambia continuamente stile, muovendosi con disinvoltura spesso geniale tra i riferimenti più vari per non chiudere i suoi personaggi, attori e non, nella gabbia del film-inchiesta, ma sospenderli al contrario nel magico e nel meraviglioso. (...) Un film-chimera, accolto come un evento all'ultima Quinzaine di Cannes, che può affascinare o sconcertare ma non lascia certo indifferenti. (...) Altro che cinema 'di genere'. È solo rimescolando i generi che si reinventa il cinema." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 17 marzo 2016) "Non è un film: sono tre film, o se volete un film lungo 8-9 ore. (...) Queste 'Mille e una notte' lusitane sono una riflessione su una doppia crisi: quella del regista, che non sa che cavalo di film fare, e quella economica che attanaglia tutti noi. Gomes diventa Shahrazad e ci racconta una serie di storie paradossali e tragicomiche su un Portogallo nient'affatto di fantasia. Dietro l'apparenza rapsodica c'è un'idea di cinema libera e originalissima: un film che comincia e potrebbe non finire mai." (Alberto Crespi, 'L'Unità', 17 marzo 2016) "(...) i(l) film di Gomes, diviso in tre volumi (...) è senza ombra di dubbio uno dei luoghi chiave del cinema contemporaneo. Sorto dalla frustrazione del cineasta nei confronti delle misure draconiche della comunità europea ai danni dell'economia portoghese, il progetto di Gomes annulla con grande intelligenza le regole non scritte eppure ferree del cinema cosiddetto d'impegno civile. Cineasta abituato a trascolorare con estrema libertà dal documentario alla cosiddetta finzione, dal saggio all'animazione, Gomes ha riaffermato nella libertà con la quale ha strutturato il suo film il rifiuto non solo delle categorie da festival nei confronti di lunghezze e generi sospetti, ma ha tentato con grande coerenza politica di ipotizzare una diversificazione dello stesso consumo cinematografico. II film non come oggetto da consumare, ma luogo che pensa e quindi ristruttura l'aggregarsi di nuove forme di socializzazione. Attraverso i tre capitoli del suo film, a loro volta ulteriormente suddivisi in altri racconti, come directory e sub-directory o paragrafi, note, parentesi e digressioni, Gomes restituisce all'esperienza dello sguardo una libertà associata quasi esclusivamente alla lettura. (...) Gomes è abilissimo nel gestire i molteplici registri apparentemente contraddittori che gli consentono di passare dalla satira alla contemplazione all'invenzione fantastica. La straordinaria ricchezza e libertà con la quale Gomes si muove nella stratificazione dei suoi racconti sembra essere l'indizio di un'idea di dissipazione erotica, tesa provocatoriamente allo spreco delle risorse utili per ritrovare il filo rosso di una possibilità di risocializzazione di spazi altrimenti inabitati. (...) Un'opera, quella di Gomes, che conduce in territori filmici ancora largamente inesplorati l'idea baziniana di «cinema impuro» costruito sulla nozione che il cinema stesso è un oggetto incastonato nei materiali della realtà. Un film importante dunque, destinato a lasciare un segno profondo e duraturo nel cinema contemporaneo." (Giona A. Nazzaro, 'Il Manifesto', 17 marzo 2016) "A legare i tre diversi capitoli del film di Miguel Gomes, insieme alla voce della narratrice, Sherazade, ci sono le tracce disseminate dal regista di un umorismo dagli accenti grotteschi, come il piccolo drone utilizzato per la caccia alle vespe che infestano le colture portoghesi, e il sentimento precario delle esistenze in un paese «ostaggio di un programma di ingiustizia sociale». Gomes, alchimista dell'immaginario, mescola il racconto della realtà, e la sua forma socio-naturalista a quello dell'incanto, sottomette il principio di intervento politico al registro del meraviglioso trasformando il cinema «d'impegno» in un gioco da bambini irriverente, di serissima leggerezza. E per fare questo si prende la libertà di utilizzare ogni variazione possibile dell'immaginario: generi, contaminazioni, accostamenti audaci, passaggi di senso impuri e esplosivi. Le epoche convivono, si popolano di fantasmi, la realtà e il mito si confondono senza preoccuparsi delle regole scritte o non scritte del cinema e del racconto." (Cristina Piccino, 'Il Manifesto', 17 marzo 2016) "I primi quaranta minuti del terzo capitolo (...) somigliano ad una deriva oltre i limiti del racconto. Sherazade entra in scena in carne ed ossa e comincia a vivere in prima persona le proprie storie. Oltre la finzione c'è la vita. La finzione è andata al di là del racconto e questo a sua volta si è sublimato fino a scomparire o a coincidere con l'azione. Il segno di questo trapasso è la scomparsa della parola. Sherazade, troppo occupata a vivere, ha smesso di incantare: la sua parola si è dileguata, o meglio, si è fatta a sua volta corpo, è diventata un testo impresso sullo schermo. Ma, dopo averci portato sulla vetta della fantasia e dell'immaginario, Gomes ridiscende brutalmente nell'ordinario. Dalle spiagge senza tempo, dalle montagne incantate, tutto ad un tratto, ritroviamo le torri moderne, i lotti popolari, i quartieri periferici di Lisbona. Nel tornare nel tempo presente il film abbandona i drappi, gli ori, le belle berbere e i giovanotti dai riccioli resi biondi dal sole... Ma se l'ambaradan delle notti arabe scompare con un taglio netto, il vero incanto deve ancora arrivare. Paradossalmente, il passo in più sembra un passo indietro: un ritorno al primo episodio, quando Miguel chiedeva a se medesimo se avesse senso fare film che si dà un compito preciso, in questo caso quello sociale e politico di documentare la crisi economica del Portogallo. Certo, la missione è alta e giusta. Ma l'arte non deve essere pura? Il cinema non scompare quando lo si piega ad uno scopo pratico? Incantato diventa improvvisamente un documentario nel senso classico del termine: epurato il più possibile di elementi esterni, da un'intenzione, da un programma. La macchina da presa non racconta più ma si limita ad osservare. Più precisamente, si mette all'ascolto del suono del mondo. " (Eugenio Renzi, 'Il Manifesto', 17 marzo 2016) "Immaginifico, visionario, potente, ironico, poetico e politico: in altre parole un capolavoro. E un monumento all'arte cinematografica. Ha solo 44 anni la mente creativa di questa mastodontica opera che attinge dalla cornice della raccolta di novelle mediorientali per raccontare il Portogallo contemporaneo. Paese povero, depresso e in crisi da austerity, rivive in 16 storie contenute in tre grandi volumi - Inquieto, Desolato, Incantato, che costituiscono tre film-nel-film. (...) un cine-dispositivo unico nel suo genere, interessante anche nel diario del backstage produttivo, piccolo gioiello di meta-linguaggio. Ogni volume radiografa poeticamente gli strati socio-professionali del Portogallo e ne fa dei segmenti indimenticabili, tra crudo realismo e fantasia spinta." (Anna Maria Pasetti, 'Il Fatto Quotidiano', 17 marzo 2016) "Le mille e una notte rivisitate da un pazzo in libertà nel disastrato Portogallo di oggidì. Uno sbadiglio di due ore, con la critica colta in ovvia estasi. Perché mai hanno chiuso i manicomi?" (Massimo Bertarelli, 'Il Giornale', 17 marzo 2016) "Sei ore divise in tre parti (...), ma i racconti di Sherazade per sopravvivere al Gran Visir che uccide le mogli sono episodi drammatici, grotteschi, toccanti di storia del Portogallo attuale (2013-2014) estratte da inchieste giornalistiche sulla crisi economica e sullo sfruttamento di famiglie e lavoratori (...). Opera enorme di un cineasta fuori norma (da vedere il suo 'Tabu', 2012), consapevole che raccontare non è attività innocente e che le fiabe, ieri come oggi, sono esperienze concrete, soprattutto quando sfumano nel surreale. Cinepresa allineata al principio: raccontare è sempre una responsabilità." (Silvio Danese, 'Nazione-Carlino-Giorno', 18 marzo 2016)

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