Agora2009

SCHEDA FILM

Agora

Anno: 2009 Durata: 126 Origine: SPAGNA Colore: C

Genere:DRAMMATICO, STORICO

Regia:Alejandro Amenábar

Specifiche tecniche:35 MM, SCOPE (1:2:35) - DE LUXE

Tratto da:-

Produzione:FERNANDO BOVAIRA, ÁLVARO AUGUSTIN PER HIMENÓPTERO, MOD PRODUCCIONES, TELECINCO CINEMA, CINEBISS, CON LA COLLABORAZIONE DI CANAL + ESPAÑA

Distribuzione:MIKADO (2010) - BLU-RAY: DOLMEN HOME VIDEO (2010)

ATTORI

Rachel Weisz nel ruolo di Ipazia
Max Minghella nel ruolo di Davo
Oscar Isaac nel ruolo di Oreste
Ashraf Barhoum nel ruolo di Ammonio Ashraf Barhom
Michael Lonsdale nel ruolo di Teone
Rupert Evans nel ruolo di Sinesio
Homayon Ershadi nel ruolo di Aspasio Homayoun Ershadi
Sami Samir nel ruolo di Cirillo Sammy Samir
Richard Durden nel ruolo di Olimpio
Homayoun Ershadi nel ruolo di Aspasius
Omar Mostafa nel ruolo di Isidoro
Oshri Cohen nel ruolo di Medoro
Yousef 'Joe' Sweid nel ruolo di Pietro Yousef Sweid
Harry Borg nel ruolo di Prefetto Evagrius
Manuel Cauchi nel ruolo di Theophilus
Charles Thake nel ruolo di Hesiquius
Clint Dyer nel ruolo di Hierax
Amber Rose Revah nel ruolo di Sidonia
 
 
 

SCENOGRAFIA

Dyas, Guy
 

COSTUMISTA

Pescucci, Gabriella

TRAMA

Ad Alessandria d'Egitto, sotto la dominazione romana nel quarto secolo dopo Cristo, l'astrologa e filosofa Ipazia lotta per salvare il sapere del suo antico mondo dalla distruzione. Nel frattempo, il suo schiavo Davo è combattuto tra l'amore per la padrona e la possibilità di guadagnare la libertà unendosi al Cristianesimo.

CRITICA

"'Agorà' è un duro atto di accusa contro i fondamentalismi religiosi, tutti, nessuno escluso. Nell'Alessandria d'Egitto del IV secolo d.C., provincia remota di un impero romano in disfacimento, le scintille tra tre gruppi religiosi, cristiani, ebrei e seguaci del culto pagano di Serapide, sono continue, fazioni nemiche come hooligans da stadio si massacrano a colpi di pietre e bastoni." (Alessandra Magliaro, 'La Gazzetta del Mezzogiorno', 18 maggio 2009) "È uno spazio teatrale, l'agorà, il luogo dove Amenabar concentra azione e pensiero, mentre le scene di massa sono elaborate al computer. E nei meravigliosi interni della biblioteca, dove statue e papiri, bassorilievi e arazzi saranno devastati dalle orde cristiane. Religione come pretesto di sopraffazione, come ora, al servizio del potere. L'ultimo ostacolo sarà Hypatia, la donna che «parla», che insegna agli uomini. Lei che osserva il cielo e traccia nella sabbia le parabole celesti. Anche il devoto Oreste dovrà piegarsi alla legge della curia che ha declassato le donne a sottospecie umana, e l'innamorato Davus alla furia assassina dei parabolani, Hypatia invece non si piega, conferma la sua laicità." (Mariuccia Ciotta, 'Il Manifesto', 19 maggio 2009) "Lo sdegno dello scandalo facile è tutto di Lars Von Trier e nella solita atmosfera drogata da festival non ci si è resi conto che il film veramente dirompente e politicamente scorretto arriva da Alejandro Amenabar. (...) Non c'è solo questo, lo spagnolo di nascita cilena Alejandro Amenabar in 'Agora' non racconta solo questa storia, ma anche il contesto in cui si sviluppò. Alessandria, negli ultimi anni di dominazione romana, viene "invasa" dai cristiani e subisce uno squasso di cui ai giorni nostri si cela spesso la consistenza. La prima rivolta in nome di Gesù Cristo consegnò loro le chiavi della città e la testa dei pagani neoplatonici, la minoranza ebraica per il suo quasi totale sterminio dovette aspettare il Patriarca Cirillo. Il cineasta affronta queste tappe alternandole alla vita di Hypatia (bravissima Rachel Weisz), ai suoi insegnamenti filosofici e scientifici prima e alle sue ricerche astronomiche dopo, mostrandoci la sua indipendenza ostinata e coraggiosa. Lo fa mostrando come i conflitti di culture, civiltà e religione spesso passino sul corpo delle donne (lei, anticipando i tempi dell'Inquisizione, viene definita strega) e come la storia si ripeta. Lo fa cercando le verità nascoste della Chiesa (altro che Dan Brown) e rilevando l'attualità di questa vicenda. La crisi dell'impero romano è troppo simile a quella dell'imperialismo americano, Hypatia messa di fronte all'abiura rifiutata assomiglia troppo a Giordano Bruno e Galileo, il fanatismo delle gerarchie ecclesiastiche sono un antenato dei teo-con e del Ratzinger pensiero. Ed è così chiaro l'attacco che Amenabar, con una scena geniale a doppia velocità, affida ai cristiani la colpa dello scempio e della scomparsa della Biblioteca d'Alessandria (in verità oggetto di molteplici attacchi di varia provenienza). Niente male in tempi in cui definirsi laico, ateo o solo agnostico sembra essere diventata una colpa pubblica e privata." (Boris Sollazzo, 'Liberazione', 19 maggio 2009) "Ipazia, un anno - e mille polemiche - dopo Cannes: arriva in sala 'Agorà', il biopic del cileno Alejando Amenàbar ('Mare dentro') sulla scienziata e filosofa di Alessandria d'Egitto (Rachel Weisz, brava), assassinata da fondamentalisti cristiani nel IV secolo. Pur in lingua inglese, non è ancora stato distribuito in Uk e Usa: colpa del mercato cinematografico o censura ideologica? (...) Rimane una donna illuminata, che lotta tra opposti fanatismi e uniforme misoginia: negli interni della celebre biblioteca, nell'osservazione del firmamento e nelle parabole celesti tracciate sulla sabbia, si inscrive la laicità di Ipazia, campionessa dell'umanesimo secolare. Girato a Malta, ricostruzione CGI d'Alessandria all'altezza, pregevoli contributi tecnici, ha serietà epica, assertività saggistica, ma scarsa presa empatica, con Ipazia progressivamente lasciata sola: più baluardo agiografico e strumento antifondamentalista che donna in carne e ossa. Se riflette e fa riflettere sull'oggi, 'Agorà' colpisce alla testa, non al cuore." (Federico Pontiggia, 'Il Fatto Quotidiano', 22 aprile 2010) "Quando il cinema ha raccontato l'antichità classica, quasi sempre l'ha fatto contro di essa. (...) ll Rinascimento, poi le opere di Gibbon e Leopardi, Heine e Renan, Nietzsche e D'Annunzio, Jung e Heidegger, hanno spiegato che dall'esilio gli antichi Dei potevano anche tornare. Oggi, almeno sul grande schermo, sono effettivamente tornati. Se per le anime semplici ci sono film come 'Percy Jackson' e 'Scontro di titani', per gli altri c'è 'Agorà' di Alejandro Amenàbar, presentato all'ultimo Festival di Cannes. Perché 'Agorà' rappresenta un salto qualitativo: se mostra gli antichi Dei solo come statue, pone al centro della storia il martirio di Ipazia (Rachel Weisz), figlia di Teone (Michel Lonsdale), filosofa e astronoma in una della grandi città dell'Impero, Alessandria. Pone insomma il collegamento fra l'antichità remota e quella che, attraverso il Rinascimento, è riapparsa nella post-modernità. Per essere stata intelligente, colta e bella, Ipazia è diventata rilevante nell'attuale movimento delle idee (Silvia Roncheyle ha dedicato un saggio che uscirà in autunno). Ma Amenàbar non è caduto nella trappola del film biografico. 'Agorà' ha un'impronta corale ed evoca anche la breve coabitazione fra monoteisti, ebrei e cristiani. (...) Fra il pubblico, le donne saranno deluse dall'assenza di una vera storia d'amore; i ragazzi saranno delusi dall'assenza di ecatombi più robuste. 'Agorà' è un film per quelli che, nel passato, sanno cogliere il futuro, cioè per quelli che non vanno più al cinema, ma che dovrebbero fare un'eccezione." (Maurizio Cabona, 'Il Giornale', 23 aprile 2010) "'Sandalone' con anima filosofica che narra il sacrificio di Ipazia, tuttologa travolta nel 415 d. C. ad Alessandria d'Egitto dalla furia fondamentalista cristiana. I temi cari ad Amenàbar sono da manuale liceale, match fede e ragione, scienza e religione, Dio e Galileo, schiavi e padroni, sul panorama attualissimo di intolleranza che parte da Averroè. La cosa curiosa è che il regista manovra materia intellettual-brechtiana con modi da kolossal peplum." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 23 aprile 2010) "Nei film sul mondo antico quasi sempre i cristiani sono vittime miti, piangenti in preghiera, clandestini tremebondi. 'Agorà' di Alejandro Amenàbar capovolge questa immagine, i cristiani del quarto secolo dopo Cristo ad Alessandria d'Egitto sono anche fanatici violenti raggruppati in squadracce, ceffi oscuri e crudeli che fanno il peggio; bruciano vive le persone, le malmenano al grido 'il Signore è con noi', perseguitano brutalmente i non cristiani e gli ebrei 'macellai di Nostro Signore'; assediano, invadono e devastano la seconda Biblioteca di Alessandria bruciando i rotoli della sapienza, abbattono le statue scandendo 'Alleluja', costringono i militari a farsi battezzare, lapidano, decapitano, alzano roghi di cadaveri. (...) Si capisce che il regista Amenàbar (cileno per nascita e spagnolo per attività, già autore di 'Mare dentro' e 'The Others') ha inteso mettere a confronto l'intolleranza sanguinaria delle religioni (anche attuali) nei periodi in cui lottano per conquistare o conservare il potere temporale e l'unanimità dei consensi, e la coraggiosa nobile calma della cultura. Le alterazioni storiche, come è ovvio in un film, non sono poche, ma li contrasto è raccontato efficacemente. L'ambientazione è molto accurata (i costumi sono ideati da Gabriella Pescucci); risulta una buona idea quella di imitare ad alto livello lo stile dei kolossal greco-romani dei Cinquanta. Così il film su temi nuovi e non facili scorre fluido e interessante come una buona fiction televisiva; 'Agorà' è senz'altro riuscito." (Lietta Tornabuoni, 'La Stampa', 23 aprile 2010)

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