Addio mia concubina1993

SCHEDA FILM

Addio mia concubina

Anno: 1993 Durata: 170 Origine: CINA Colore: C

Genere:DRAMMATICO

Regia:-

Specifiche tecniche:PANORAMICA A COLORI

Tratto da:Romanzo di Lillian Lee

Produzione:HSU FENG

Distribuzione:COLUMBIA TRISTAR FILM ITALIA - COLUMBIA TRISTAR HOME VIDEO (EFFETTO CINEMA)

TRAMA

Dopo aver fatto visita al vecchio maestro, che cerca di spronare Douzi e Shitou ad uscire dal letargo, Juxian annuncia al marito di attendere un figlio. Nel '45 i giapponesi si ritirano e rientrano i nazionalisti: durante uno spettacolo nasce una rissa e Douzi viene arrestato per collaborazionismo, mentre Juxian perde il bambino. Al processo, nonostante la confessione di Douzi, questi viene assolto grazie alle pressioni di Guan. Con la fuga a Formosa di Chang e l'arrivo dei maoisti Douzi e Shitou tornano in scena, mentre Guan viene condannato e fucilato. Inizia il revisionismo, e l'Opera non sfugge all'autocratica maoista, che con l'impennata dei Cento Fiori porterà addirittura alla sostituzione di Douzi con un giovanetto adottato dai due. La rivoluzione culturale del '66 vede gli attori bruciare libri ed abiti di scena: Shitou subisce un processo, e viene trascinato in piazza e costretto a denunciare Douzi e a sconfessare il suo amore per Juxian. Trascorso del tempo i due vecchi attori si ritrovano nel vecchio teatro dell'Opera, adattato a palestra, dove recitano per l'ultima volta la scena che li ha resi celebri: Douzi, prima che il compagno possa fermarlo, gli sfila la spada e si toglie la vita.

CRITICA

""Addio mia concubina" si chiude sui due attori invecchiati e distrutti mentre affrontano l'ultimo spettacolo, quasi come "Ginger e Fred" se non fosse per una repentina tragica impennata. Benchè non esente dal difetto di tutti i romanzi cavalcata impegnati a transitare nella storia marcandone le svolte, il film è una meticolosa ricostruzione dell'Opera cinese, dei suoi metodi e della sua filosofia. Chen Kaige mette bene a fuoco la forza mascolina dell'Imperatore, Zhang Fengyi, e il vibrato dell'affascinante Gong Li; ma il personaggio che si impone è il cantante rock, Leslie Cheung, nella struggente incarnazione di un Eterno Femminino della fantasia incontaminabile dalla realtà." (Il Corriere della Sera, Tullio Kezich, 08/10/93) "Se c'era bisogno di un titolo che consolidasse la travolgente avanzata internazionale del cinema cinese, eccolo qua: è Addio mia concubina di Chen Kaige, 170 minuti di grande melodramma storico (e al tempo stesso gioiello di intimismo) con un bel numero di primati al suo attivo: per la prima volta un film cinese affronta apertamente il tema dell'omosessualità. Per la prima volta un film prodotto da Hong Kong ma girato a Pechino condanna tanto spietatamente gli orrori della Rivoluzione culturale. Per la prima volta Chen Kaige, il regista di Il re dei bambini e La vita sul filo, il maestro della "Quinta Generazione" uscita dagli studios di Xi'an, abbandona il suo stile ricercatissimo e ieratico per concentrarsi sui personaggi in un affresco storico che fa di Addio mia concubina una sorta di "Novecento" cinese giustamente laureato a Cannes." (Il Messaggero, Fabio Ferzetti, 04/10/93) "Cominciamo ad abituarci agli exploit di questi cineasti che riescono ad essere, contemporaneamente, così eleganti e pittorici e così carnali e sensibili; così fantastici e così realistici: ma il sospetto di una maniera, di una formula che miri ad un pubblico di pretesa, viene puntualmente respinto dai film capaci ogni volta di eludere la tagliola delle mode e dei colpi di fulmine dei pericolosissimi "spettatori intelligenti". Chen Kaige, 41 anni, che si definisce "operaio della cultura", ha saputo accompagnare la storia prima di due, poi di tre personaggi attraverso mezzo secolo, dagli anni Venti agli anni Settanta, dai Signori della guerra alla Rivoluzione Culturale, dall'invasione giapponese al comunismo. Già il prologo mette i brividi: due traballanti attori nelle fastose vesti di scena dell'Opera entrano in uno stadio deserto. Il vecchio custode li riconosce appena come due idoli del passato, le vedettes impareggiabili di un rito spettacolare praticamente scomparso. Parte così il primo flash-back, che racconta di due allievi di una scuola-orfanotrofio, una specie di lager consacrato all'arte polimorfa dell'Opera dove domina un maestro onnipotente e spietato. Musica, poesia, mimo, canto, recitazione, danza, arti marziali, acrobazie da saltimbanchi: poverissimi o abbandonati, i piccoli apprendisti devono praticare una dedizione masochista, un'obbedienza cieca ed un illimitato stoicismo fisico. Sulla scena sono i maschi che interpretano i ruoli femminili: così, nella celeberrima Addio mia concubina in cui si racconta la storia del re Chu che, alla vigilia di una disfatta, libera la fedele Yu - l'efebico ed effeminato Douzi s'incarna nell'amante destinata al suicidio, mentre l'amico Shitou tiene il ruolo di grinta virile. Negli anni Trenta i due sono diventati star popolari, ma il legame artistico è minato dal tenerissimo amore che l'invertito nutre per il partner. La decisione di quest'ultimo di sposare una prostituta del più celebre bordello della città spinge Douzi nelle braccia di una specie di mellifluo D'Annunzio locale; poi l'occupazione giapponese li riunisce e li compromette. Graziato dal Kuo Ming-tang, il collaborazionista Douzi crede di mantenere il suo magistero spettacolare, ma l'Opera di Pechino è nazionalizzata dal regime maoista: i nodi verranno al pettine negli anni Sessanta, quando torme di guardie Ro

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