NEWS a cura di Cinematografo.it

Kim Ki-duk

03 settembre 2013

Kim Ki-duk, divieto di censura!

"Un danno per tutta l'arte cinematografica", dice il regista puntando il dito contro il sistema sud-coreano. Ma al Lido è shock Moebius: "In versione integrale solo qui"

"Dopo averlo sforbiciato, non era più il film che avevo fatto": Kim Ki-duk accusa. Bruciano ancora i tre minuti di tagli che il sistema della censura coreana ha imposto al suo Moebius: pena il divieto di accesso in sala. Non ci sta Kim Ki-duk e lo dice a più riprese durante la conferenza stampa di presentazione al lido, dove Moebius è stato comunque presentato nella versione integrale, fuori concorso: "La censura viene applicata per motivi politici - sbotta il regista -. Spesso impedisce a giovani talenti di girare per anni, creando un serio danno a tutta l'arte cinematografica. E' un problema che va risolto una volta per tutte". L'elemento che ha fatto drizzare le antenne al sistema censorio coreano è la presenza (presunta) dell'incesto nel film: "Oggi ho chiesto a una ventina di giornalisti italiani se avessero trovato nel mio film il tema dell'incesto. Nessuno di loro ha risposto sì, tranne una: non che l'avesse trovato, ha detto solo che la storia a un certo punto sembrava prendere quella direzione, ma non lo fa".Detto questo, Moebius è un film radicale che, partendo dalla disgregazione di un nucleo familiare, passa in rassegna evirazioni, atti di masochismo e rapporti sessuali quanto meno "impropri". Componente edipica? "Non conosco molto la tradizione occidentale, la tragedia greca ed Edipo. Volevo semplicemente partire dai concetti sul sesso che esistono all'interno della società coreana, sviluppandoli ed estremizzandoli". Il rapporto tra Kim Ki-duk e il suo paese non è mai stato facile: "Ricordo quando a Berlino presentai Bad Guy. I coreani che vivevano all'estero mi dissero che ero la vergogna del cinema coreano. Parlavo di argomenti controversi, soprattutto parlavo male del mio paese. Invece per me tutto è frutto dell'amore del mio paese: il che non significa chiudere gli occhi o smettere di fare domande".E ancora: "In molti paesi europei il miocinema è molto amato, e non perché sia coreano ma perché affronta temi universali. Spesso mi viene rimproverato di fare film molto violenti, ma io ritengo di essere capace di esprimere attraverso il mio lavoro lo stato di salute di una società. E' la società che viene a me, io la elabora e la mia elaborazione si trasforma in cinema".

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