NEWS a cura di Cinematografo.it

Il regista Carlo A. Bachschmidt<br/>Foto Karen Di Paola

07 settembre 2011

Peggio dei Black Block

"Le violenze alla Diaz e a Bolzaneto ferita difficile da superare", dice Carlo A. Bachschmidt. In Controcampo, la voce di chi al G8 ne subì la portata

"Per 10 anni il termine "Black Block" è stato sempre associato alla violenza dei manifestanti ed è per questo che spesso viene ricordato il G8 del 2001. Ho chiamato così il documentario provocatoriamente, perché volevo raccontare un'altra violenza, molto più grave, non contro le cose ma contro le persone. Una violenza, quella della notte alla Diaz, fortissima, improvvisa. Questo film raccoglie il ricordo di chi ha vissuto quell'orrore, anche quello di Bolzaneto, che in seguito ha fatto i conti con la difficoltà di affrontarlo, che ancora oggi non è stato superato del tutto". A parlare è Carlo A. Bachschmidt, regista di Black Block, presentato in Controcampo Italiano nella sezione documentari, accompagnato da due dei 7 testimoni coinvolti nel progetto, Mina Zapatero e Lena Zuhlke.Architetto che nel 2001 partecipò all'organizzazione del Genoa Social Forum, occupandosi poi dell'archiviazione e analisi del materiale video-fotografico relativo a quei giorni per il Genoa Legal Forum, Bachschmidt spiega che il documentario nasce come "progetto collettivo, voluto dopo la sentenza del 2008 per rendere pubblico tutto ciò che era emerso durante il processo, dando voce alle persone che erano state protagonisti di questi eventi. Abbiamo scelto quelle più affini al mio punto di vista, casualmente tutti stranieri".Prodotto dalla Fandango di Domenico Procacci (che lo distribuirà solo al Politecnico dal 9 settembre, mentre dal 15 arriverà in dvd+libro), "Black Block è stato fatto perché fa parte di un progetto che ci coinvolge anche per Diaz, il film che Daniele Vicari finirà di girare domani", dice il produttore, che spiega: "Una volta venuti in possesso dei materiali, della documentazione necessaria per realizzare il film di Vicari, abbiamo deciso che era doveroso impegnarci anche su un altro fronte, quello di dare il via alla produzione di un documentario che raccontasse, con un punto di vista preciso, quello che era veramente accaduto. Un film, d'altronde, è sempre condizionato da un filtro, a differenza dell'impatto che possono avere la realtà delle immagini o la testimonianza di chi quelle cose le ha vissute sulla propria pelle".

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