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<i>Noi credevamo</i>

07 settembre 2010

Risorgimento Martone

"Mazzini? Non solo per Marx, era un terrorista", dice il regista. In Concorso, con l'Italia che Noi credevamo

Applausi alla Mostra del cinema di Venezia per le proiezioni in anteprima per la stampa di Noi credevamo, il kolossal di Mario Martone, terzo film italiano a passare in concorso al Lido. La pellicola racconta in quattro episodi (e quasi tre ore e mezza di film) altrettante pagine oscure del processo risorgimentale per l'Unità d'Italia, attraverso le storie di tre ragazzi del sud, Domenico (Luigi Lo Cascio), Angelo (Valerio Binasco) e Salvatore (Luigi Pisani), che in seguito alla repressione borbonica dei moti del 1828 maturano la decisione di affiliarsi alla Giovine Italia di Giuseppe Mazzini, interpretato da Toni Servillo. Le vite dei tre verranno segnate tragicamente dalla loro missione di cospiratori e rivoluzionari, sospese come saranno tra rigore morale e pulsione omicida, spirito di sacrificio e paura, carcere e clandestinità, slanci ideali e disillusioni politiche. Sullo sfondo la storia più sconosciuta della nascita del paese, dei conflitti implacabili tra i padri della patria, dell'insanabile frattura tra nord e sud, delle radici contorte su cui si eè sviluppata l'Italia in cui viviamo. Martone lascia da parte Cavour ("ci vorrebbe un film a parte e quindi ho deciso di concentrarmi sui repubblicani", dice) e porta al cinema un Mazzini che non è molto diverso da un terrorista dei giorni nostri, come ammette il regista, che ha deciso di dedicarsi a questo film dopo l'11 settembre: "Non c'è una sola parola che Mazzini pronuncia nel film che non derivi dai suoi scritti. Questo aspetto terroristico, perché così veniva definito del resto Mazzini dalle polizie di tutta Europa ma anche da Marx ed Engels, non è un'invenzione mia né di Giancarlo De Cataldo (cosceneggiatore del film col regista, ndr) è qualcosa che appartiene alla storia. Naturalmente Mazzini è un personaggio immenso e quindi lungi da me l'idea di ridurlo solo a terrorista. E' stato un uomo che ha saputo immaginare l'Italia unita in anni in cui era inconcepibile. Certo, la lotta così lunga, l'ostinazione per il credo repubblicano, una forma di mistica religiosa nella forma della lotta, è innegabile. Ma d'altronde fare un Paese è un processo doloroso. Abbiamo cercato di raccontarlo, anche perché la stragrande maggioranza di noi non sa nulla su come é nata l'Italia, ma sa tutto su come sono nati gli Stati Uniti grazie ai film western".Il regista, vista la coincidenza con i 150 anni dell'Unità d'Italia, ci tiene a sottolineare che il progetto "non nasce affatto come film d'occasione, scritto pensando all'appuntamento del 2010". "Da quando ho cominciato pensare questo film, da quando ho cominciato a studiare e a leggere cose che non mi aspettavo fossero accadute - sottolinea - l'urgenza di fare questo film non mi hai mai abbandonato, nonostante le difficoltà produttive e gli anni che ci sono volute. Siamo arrivati a pochi mesi dal 2011, che indubbiamente è un approdo fatale. Io spero che questa coincidenza aiuti il film ad essere visto e ad essere vissuto soprattutto dal pubblico giovane, che non avrà difficoltà ad entrare nelle vite di questi ragazzi di duecento anni fa che hanno sacrificato le proprie vite per far nascere questo Paese. E' un film rigorosamente storico, tutto quello che si vede nel film è tratto da documenti storici. E un film critico ma non è affatto contro l'Unità d'Italia, di cui io sono convinto sostenitore", afferma il regista. Per Martone la festa veneziana è stata però rovinata dalla notizia dell'uccisione dell'amico Claudio Vassallo, il sindaco di Pollica: "L'avevo invitato alla prima veneziana, anche perché avevamo girate delle scene nel territorio del comune. Sono molto profondamente addolorato", dice.

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