NEWS a cura di Cinematografo.it

<i>Meek's Cutoff</i>

05 settembre 2010

Chi si sposta è perduto

La critica plaude a Meek's Cutoff, western che narra una pagina poco nota dell'epopea della frontiera: il dramma delle carovane smarrite nel deserto, in gara

La grande storia? E' scritta nelle piccole vicende della gente comune. Dopo Post Mortem - che utilizza l'impalpabile esistenza di un signor nessuno come chiave d'accesso per comprendere il golpe cileno del'73 - in concorso arriva un altro film che racconta la grande storia partendo dal privato di personaggi senza apparente importanza. E' Meek's Cutoff - interpretato tra gli altri da Michelle Williams, Bruce Greenwood e Paul Dano - in cui "sono proprio le minuzie a consertirci di narrare in maniera inedita la grande epopea del west, svelandone una verità che la narrazione ufficiale non coglie". A sostenerlo è Kelly Reichardt, regista indie tra le più apprezzate del panorma americano, specializzata nel cinema di paesaggi ("La maggior parte dei mei personaggi sono alla mercè delle cose che li circondano", dirà in confermnza stampa). Qui al Lido viene accolta positivamente dalla critica (lungo applauso ieri alla prima per la stampa del suo lavoro) per un western minimalista che, ambientato nell'Oregon della seconda metà dell'ottocento, rilegge il mito della frontiera a partire dalle carovane di uomini e donne comuni in viaggio verso l'ovest, la terra promessa: "C'era all'epoca un grande revival del sentimento religioso - dice la Reichardt - che spingeva molte persone a identificare il west con una sorta di eden terreno. Si può sostenere senz'altro che a spingerli a lasciare le proprie terre per altre sperdute fosse una convinzione ultraterrena".Ne partivano a centinaia. Famiglie che stivavano quante più cose possibili in carri trainati da poveri buoi. Che attraversavano territori impervi, brulli, sotto un sole insopportabile. Si accampavano in zone di fortuna, rischiavano la pelle per la penuria d'acqua, l'attacco dei pellirossa, la scarsità di cibo. Finivano spesso per perdersi, come capita alle tre famiglie del film, che vagano senza sosta nel deserto sempre uguale dell'Oregon e non sanno venirne fuori, tradite dall'incompetenza della loro guida, il personaggio-chiave del film, Stephen Meek: "E' un personaggio reale, la cui storia ci è stata tramandata da diversi libri - racconta la Reichardt -. Meek aveva guidato una volta 200 carri dall'Oregon ad una zona priva d'acqua". "E' un personaggio che progressivamente perde fiducia in se stesso - interviene il suo interprete, Bruce Greenwood -. All'inizio si sente quasi un messo del Signore, ha il rispetto di tutti. Poi, man mano che il viaggio prosegue senza che se ne veda la meta, viene isolato fino a perdere qualsiasi credibilità all'interno della carovana". Attorno a Meek si muove un manipolo di donne, il cui punto di vista diviene centrale nel film: "Quando si leggono i diari delle donne - dice la Reichardt - che hanno partecipato alle carovane, si capisce come la loro percezione del viaggio fosse completamente diversa. Gli spazi ad esempio: per loro sono immobili, e io ho cercato di trasmettere questa sensazione di immobilità. Inoltre si trovano tutta una serie di annotazioni relative ai problemi quotidiani come il lavaggio dei vestiti, la cucina, l'acqua, l'immane fatica fisica e psichica del viaggio".Una fatica che regista, attori e membri della troupe hanno potuto rivivere sulla propria pelle: "Il nostro viaggio per quelle location aride e dal clima terribile, non è stato facile- rivela la regista americana -. Ho chiesto molto agli attori. E' stato un film duro e non hanno vita facile, nessun tipo di comfort". Per quanto riguarda invece il lavoro sui codici e gli stilemi del genere, la Reichardt rivela di essersi ispirata molto ai film "di Nicholas Ray e Anthony Mann, per come usano il e portano in primo piano le donne pur mantenendo un punto di vista maschile". Con Mann condivide anche l'utilizzo del formato 4:3 che "ho preferito al cinemascope perchè mi consentiva di restare sempre vicina ai miei pionieri, evitando la tipica grandiosità western. Volevo che lo spettatore fosse sempre in mezzo a loro, e con loro potesse toccare la sabbia".

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