RECENSIONE FILM a cura di Cinematografo.it

S'alza il vento

11 settembre 2014

Si alza il vento

L'ultimo film di Miyazaki è anche il suo testamento artistico: un'ode alla vita cupa e ambigua, in Concorso

Tutti i suoi film d'animazione non sono semplici cartoon per l'infanzia, ma opere d'arte destinate a un pubblico eterogeneo e di diverse fasce d'età. Tutti tranne l'ultimo, Si alza il vento, probabilmente il più cupo e ambiguo tra i lavori di Hayao Miyazaki, quello che segna il suo ritiro. Non particolarmente adatto ai piccoli spettatori, non fosse altro per la difficoltà di muoversi tra le pieghe della storia con la dovuta consapevolezza.In gara al Lido, ispirato dal racconto dello scrittore Tatsuo Hori e tratto dal manga omonimo dello stesso Miyazaki, Si alza il vento porta evidenti segni delle turbolenze internazionali (la crisi finanziaria) e del trauma tutto nipponico di Fukushima, qui evocato attraverso la rappresentazione di un altro famigerato sisma della storia del Giappone, quello del '23. Il terremoto del Kanto, così detto, avrebbe causato circa 150 mila morti e una profonda lacerazione economica e sociale nel paese, con conseguenze nefaste a livello politico.Miyazaki ripercorre la vicenda di un brillante ingegnere aeronautico, Jiro Horikoshi, riannodandola con quella generale del suo paese. Seguiamo il cammino di Jiro fin da quando, bambino, sogna ad occhi aperti di costruire potenti e magnifici velivoli sulla scorta di quanto fatto in Italia da Gianni Caproni, progettista di aerei sensibile all'estetica del design. Jiro ne è talmente affascinato da incontrarlo spesso in sogno, con l'ingegnere italiano che si erge a modello e mentore del suo giovane allievo. Di rendez-vous onirici tra Jiro e Caproni (ma non solo...) ne vediamo molti durante il film, e consentono a Miyazaki di dare fondo a tutta la sua vivida immaginazione e alla sua passione per il volo (una costante da Totoro in poi, anche se il riferimento più chiaro in tal senso è Porco rosso).Altra figura decisiva per Jiro e l'economia narrativa del film è quella della giovane ma cagionevole Naoko, l'amore della vita del protagonista.Jiro e Naoko s'incontrano su un treno in una scena di tenero romanticismo. Come sempre però in Miyazaki, le meraviglie dell'esistenza si intrecciano con le storture: durante quello stesso viaggio in treno, un boato squarcia la terra portando ovunque distruzione.La sequenza del terremoto è tra le più riuscite e impressionanti di Si alza il vento: il disegno è espressionista senza mai scadere nell'horror. La forza distruttrice si rivela epifanicamente, è presenza concreta, minaccia viva. Un effetto ottenuto grazie alla decisione di riprodurre il suono del boato - e in seguito del rombo degli aerei - con l'uso di voci umane. La terra trema, è sconvolta e si ribella come fosse uno dei personaggi della storia.Le polemiche che hanno accompagnato il film di Miyakazi in Giappone (dove il film è già uscito) non riguardano però la svolta cupa dell'autore, ma l'eccessiva ammirazione che il maestro dell'animazione riserva al protagonista: Jiro Horikoshi è anche, in effetti, il progettista dei tristementi noti, Mitsubi ASM Zero, gli aerei utilizzati dai kamikaze durante la seconda guerra mondiale. L'accusa di revanscismo e bellicismo che gli viene mossa però sembra gratuita. Non bastasse il pedigree pacifista del regista, Si alza il vento non lesina critiche all'uso "improprio" delle prodigiose macchine di design ideate da Jiro. Come confessa sconsolato a Caponi, nell'ultimo sogno che ci viene mostrato, di questi bellissimi aerei trasformati in bruttissime armi "non ne è tornato nessuno". La guerra ha inghiottito tutto, bellezza compresa.Se nel personaggio di Jiro, vero e proprio artista della progettazione, non è difficile scorgere lo stesso Miyazaki, vale la pena allora considerare il modo in cui l'autore mette in scena se stesso nel film: e qui qualche problema sorge. Chiuso nella torre d'avorio delle proprie creazioni, l'artista rimane passivo di fronte alle tragedie che avvengono tutte intorno a lui, quasi indifferente verso una guerra che per alimentarsi non risparmia neppure l'arte. Quest'ultima, sembra suggerire Miyazaki, può solo trasfigurare l'orrore del mondo in sogni di estatica bellezza. Così la questione resta, l'ambiguità permane.Il punto è che Kaze Tachinu è un film stratificato, non facile, in alcuni momenti persino farraginoso e tedioso (la trasferta in Germania è la parte meno riuscita). Ci piace molto di più quando il maestro torna ai suoi temi più cari, come quello della nostalgia che pervade tanto la rievocazione di un pezzo di storia del paese quanto la storia d'amore tra i suoi genitori (il padre di Miyazaki, come Jiro, è stato progettista aeronautico; la madre era gravemente malata di tubercolosi). Molto delicate le sequenze nel sanatorio estivo (con tanto di citazione de La montagna incantata di Mann che, al pari del film, è un classico ballo fin de siècle), emozionante la mezz'ora finale.A doppiare Jiro è Hideaki Anno, autore della rivoluzionaria serie televisiva Evangelion.Il titolo cita un passo de Il cimitero marino di Paul Valery: "S'alza il vento...Bisogna osar di vivere".L'ottimismo di Miyazaki è salvo, ma il suo invito alla speranza non è mai stato più incerto e fosco.

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