RECENSIONE FILM a cura di Cinematografo.it

25 settembre 2013
The Bling Ring
Hollywood e morti di fama, Nirvana consumista e teen-emulazioni: la mitologia di Sofia Coppola non giudica
Le ragazze non sono interrotte. Sanno quello che vogliono, hanno ben chiaro a cosa aspirare. I loro modelli hanno i contorni luccicanti e il cuore effimero del sistema che li protegge e riproduce. E il sistema è quello - senza scomodare ancora una volta il concetto di apparenza – dell'emulazione per quel "nulla" che si appiccica addosso alla vita opulenta di chi è alla moda. E ha i mezzi per permetterselo. Mettete poi il gruppetto disinibito, carino e privo di grandi valori, formato da quattro ragazze (tra le quali Emma Watson) e un compagno, nel mondo caotico ed eccessivo di una certa Los Angeles - quella delle star che non luccicano in cielo, ma brillano, non di luce propria, sulla terra dei potenti - e la storia di Bling Ring diventa plausibile e incredibile allo stesso tempo. Sofia Coppola, esperta in solitudini e in mitologie di ieri e di oggi dislocate a diverse latitudini, dopo aver letto le inchieste e un reportage di Vanity Fair sulla storia vera di questi adolescenti, ladri improvvisati più per il gusto di esserlo che per necessità, attirati come mosche fameliche dagli oggetti e i vestiti custoditi nelle ville dei super-ricchi hollywoodiani, ha scritto e diretto un film che rimane appunto sospeso in questo non-mondo, che a noi pare distante e per tantissimi non lo è. Le migliaia di paia di scarpe nel boudoir di Paris Hilton - la villa è davvero la sua - che agli occhi eccitati dei neo-ladri paiono le gemme nella grotta di Ali Babà e scatenano l'effetto Nirvana più di qualsiasi altra sostanza stupefacente, sono lì a rappresentare l'ansia per il tesoro impossibile di una società possibile. Quella stessa che poi su quei fatti e con quei protagonisti ci ha creato pure l'immancabile reality show su una delle famiglie coinvolte, Pretty Wild.Non è una diminuzione che la regia sia una sommatoria di sequenze piuttosto eccitate, che utilizzano filmati di telecamere, momenti narrativi in progressiva accelerazione - perché il furto diventa una droga e una dipendenza - e un finale pseudo-documentario collegato alle immagini dell'epoca in cui i fatti sono avvenuti (dalla fine del 2008 all'agosto del 2009, refurtiva accertata per oltre 3 milioni di dollari, coinvolte anche le magioni di Orlando Bloom, Megan Fox e Lindsay Lohan, a sua volta coinvolta come responsabile di altri furti).La Coppola si astiene fortunatamente dall'assumere una posizione giudicante, cosa che ha sempre fatto, che si trattasse degli eccessi settecenteschi di Marie Antonietta o delle abissali apatie di Somewhere. Ha sempre un occhio lucido e moderno, e riesce a piegare perfettamente la sua regia alle esigenze e ragioni della storia che vuole raccontare. Con qualche spruzzata di eccentrica caratura personale. Perfetta la colonna sonora. Come sempre, con Sofia.
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