RECENSIONE FILM a cura di Cinematografo.it
21 novembre 2012
E la chiamano estate
Il regista Paolo Franchi va in bianco: tra eros e amore non c'è soluzione. Premiato e contestato a Roma
Storia di Dino e Anna, E la chiamano estate. Reduce dal premio alla regia e all'attrice Isabella Ferrari al festival di Roma, il film di Paolo Franchi non va, proprio non va. Brutto. Peccato, perché il soggetto – del regista – mette il dito in una delle piaghe più diffuse e recondite oggi, quella dei cosiddetti matrimoni (e unioni) bianchi, dove non si fa sesso, ma ci si ama. E' quel che accade a Dino (Jean-Marc Barr) e Anna (Isabella Ferrari), coppia di quarantenni divisi tra un eros che non hanno mai fatto e l'amore che non è mai venuto meno: anestesista, fratello suicida, madre che l'ha abbandonato, lui ci dà dentro con scambisti e prostitute assortite, lei soffre a casa. Lui vorrebbe che qualcuno degli ex – li contatta tutti – si portasse a letto e si riprendesse Anna, e vorrebbe pure che la compagna si facesse un amante, ma nulla: sofferenza una, bina e indivisibile. Ma anche per il pubblico. Accolto dalla stampa con sghignazzi non stop (comunque, non si fa) e fischiato alla premiazione, ha trovato anche la recensione istantanea: E lo chiamano film? Non giustificare, ma si può comprendere: fotografato bene, nonostante i bianchi iniziali siano così abbacinanti da temere il fuori fuoco, non fa ridere per le scene di sesso – se la Ferrari è coraggiosamente quasi sempre nuda, Barr è un riccio ebete con la coazione a coitare – ma per i dialoghi. Citiamo solo una battuta: "Una scopata non si nega a nessuno". Per uno, Franchi, che vuol fare cinema d'autore, è già molto, ma questa perla è in volgarissima compagnia.Il regista parla di tempo bergsoniano (no, Antonioni, no) e "rendez vous con se stessi" à la Duchamp, reitera la lettera rivelatrice di Dino ad Anna all'infinito (la sentiamo leggere almeno 4 volte) e ne mischia il passato-presente-futuro per liberare la consecutio tra amore e sesso, ma come per Anna e Dino non esiste soluzione, così per il film. Che non è d'artista, che può, deve non arrivare a tutti, ovvero, d'artista incompreso: E la chiamano estate si comprende benissimo, purtroppo.Incolpevole e comunque intensa la Ferrari, risparmiati Luca Argentero, Anita Kravos ed Eva Riccobono (poche pose), sospetto Filippo Nigro (il compagno di letto a multipiazze di Dino) e decisamente correo Barr, E la chiamano estate (dalla canzone omonima di Bruno Martino, che sentiamo) rovina quasi tutto ciò che tocca: Franchi, se crede, rifletta, perché da La spettatrice a qui, passando per Nessuna qualità agli eroi, la sua è una discesa a fari (autoriali) spenti.
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