RECENSIONE FILM a cura di Cinematografo.it

The Lady

22 marzo 2012

The Lady

L'infelice paradosso di Luc Besson: il biopic è agiografico, ma il premio Nobel Aung San Suu Kyi non è una santa

Tutta la Nobel per la pace birmana Aung San Suu Kyi in un film. Queste, almeno, le intenzioni di Luc Besson: "Lo dovevo solo produrre, l'ho anche diretto, perché non volevo che qualche altro regista lo rovinasse". Presunzione  a parte, non è stata una buona decisione: transitato per Toronto e film inaugurale di Roma anno VI, The Lady è un biopic che molto vuole e poco stringe, perché questa illustre sconosciuta (causa libertà molto condizionata, Besson & Co. non ci hanno parlato) non esce bene dal biopic "al buio" a lei dedicato. Anzi, non esce proprio: il fulcro è sul dramma personale della "orchidea d'acciaio", interpretata da Michelle Yeoh, che per non tradire la sua causa decennale al servizio del popolo birmano è costretta a mollare il marito inglese Michael Aris (David Thewlis) e i suoi due figli. Lei si prende il Nobel per la pace, lui il cancro, e senza un ultimo abbraccio: epilogo drammatico, ambiguo e controverso perfino, ma la resa sullo schermo è pastorizzata, se non inconsulta. Innanzitutto, perché, se non ci fossero i due pargoli a provare l'altrimenti, Aung e Michael potrebbero essere fratello e sorella: zero amore carnale, non resta loro che qualche svogliata carezza e un po' di tenerezza, e il risultato è gravoso. Ferrea e virginale, Aung si avvicina pericolosamente a Giovanna d'Arco (non a caso, nel carnet di Besson, 1999), ma Michael non è Dio: la sua costanza è tanto eroica quanto stolida, mentre la sua distanziata mogliettina, ecco, viene fuori un po' dura, per usare un roseo eufemismo. Non solo, se il fulcro confesso è proprio sulla donna e le sue relazioni sentimental-familiari, The Lady finisce davvero per "muoversi" su piedi d'argilla, senza peraltro che la lotta della Aung in nome della non violenza e dei diritti umani contro la dittatura militare ne benefici. Se ci mettete stile ultraclassico, noia più che intermittente e confezione laccata, The Lady acuisce i suoi paradossi: agiografia a buon mercato, ma senza fare di Aung San Suu Kyi una santa. In altre parole, realista ma non lealista: chissà se con un altro regista e, soprattutto, un'altra sceneggiatura… Ps: sull'orchidea d'acciaio vi consigliamo Aung San Suu Kyi di Ugo Papi, dal 12 aprile in libreria con Editori Riuniti.

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