RECENSIONE FILM a cura di Cinematografo.it
08 marzo 2012
L'arrivo di Wang
Sci-fi all'amatriciana per i Manetti bros: perfettibile, ma il genere tricolore sono (solo) loro
Un'interprete di cinese (Francesca Cuttica), una traduzione urgentissima e segretissima. Chi la vuole? Curti (Ennio Fantastichini), un agente senza scrupoli. Perché? Per interrogare il fantomatico signor Wang. L'interrogatorio avviene al buio, e Gaia non riesce a tradurre bene: si accendono le luci, e il signor Wang… non è di questo mondo. E' L'arrivo di Wang dei Manetti bros., che tra sci-fi proletario e Kammerspiel all'amatriciana ripassano in padella quella che per l'Italia è divenuta ormai una pietanza esotica: il cinema di genere. Gli alieni non marcano visita, lo spy-thriller e il poliziottesco nemmeno, ma c'è di più: Gaia, Curti e Wang buttano lì qualche riflessione non peregrina sull'altro, la (mancanza di) comunicazione e le nostre sorti poco magnifiche e regressive. Sia chiaro, la drammaturgia è sbilenca, l'inverosimile se la gioca con l'artigianale e la tensione si concede qualche libera uscita, ma non tutto Wang viene per nuocere: si guarda ai Manetti, si pensa allo spontaneismo sui generis, e armato. Cuore oltre l'ostacolo, dunque, che inopinatamente abbiamo messo davanti al genere nostrano: non saranno bellissimi da vedere, ma Marco e Antonio lo saltano. Chi altri?
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