RECENSIONE FILM a cura di Cinematografo.it
18 maggio 2011
Melancholia
Lars von Trier torna in Concorso con un viaggio senza ritorno nel pianeta blu della depressione. Bello e spiazzante
Inizia quando Kirsten Dunst apre gli occhi: vede - vediamo - l'ensambe dell'avvenire. Un'overture di tableaux vivant. Icastica, suggestiva sintesi di quello che il film, da lì in avanti, ci racconterà : una sposa prigioniera; una madre e il suo bambino che sprofondano in un campo da golf; un pianeta blu, enorme e bello, che si avvicina alla nostra terra e la inghiotte.Melancholia però non racconta la fine del mondo, ma solo di quello della protagonista, e del suo demiurgo: Lars von Trier. Che torna in concorso a Cannes - due anni dopo Antichrist - con un film spiazzante, un viaggio senza uscita nella depressione, il pianeta blu dell'anima. Una fase due nella malattia del cineasta che, dopo aver sperimentato la traumatica esplosione del suo edificio interiore (travolgendo forme, senso e sintassi nell'opera precedente), qui trova una specie di desolante quiete, mette ordine al disordine, si abbandona a una sorda, ineluttabile implosione. Un film inedito nella carriera del regista, lineare e doloroso. Accompagnato dalle note funeree del Tristano e Isotta di Wagner, interpretato da un cast magnifico - ci sono Kiefer Sutherland, Charlotte Rampling e William Hurt - e due attrici una spanna sopra gli altri (la Dunst e la Gainsbourg), che sono sorelle come lo erano quelle di Sussurri e gridi di Bergman, due facce della stessa persona. Del medesimo regista. Che di scissione procede anche nella forma - pittorica, astratta e gelida prima; nervosa, realista e intensa poi - e nella sostanza: a dispetto di una storia in cui tutti sperimentano l'impossibilità del controllo (dal matrimonio di Justine alla scienza del cognato, si verifica sempre un errore di calcolo) von Trier realizza il suo film più controllato, perciò forse anche più agghiacciante e crudele. Una ballata triste con la morte, nelle cui braccia si abbandona senza paura chi nella vita ha perso il passo e la musica.
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