RECENSIONE FILM a cura di Cinematografo.it

<i>Poetry</i>

31 marzo 2011

Poetry

Vedere e ascoltare, il tempo e lo spazio. Prima del cinema, la vita: che si fa poesia nell'opera di Lee

"Non dare calci alla cenere del carbone / Tu, hai mai bruciato, almeno una volta per qualcuno?" (Ahn Do-hyun, 1994).Quando era bambina il maestro le disse: un giorno diventerai poetessa. A 66 anni, Mija è badante di un anziano handicappato e affettuosa nonna di un nipote scostante, teledipendente membro di un branco. Di sé Mija dice: "Mi piacciono i fiori e dico cose strane". Un dottore le diagnostica il primo passo del morbo di Alzheimer. Uscendo dalla visita, davanti all'ospedale, nell'indifferenza della gente assiste alla disperazione di una madre che ha perso la figlia Agnes, suicida nel fiume a 15 anni. Il nipote non è estraneo a questa tragedia. Mija decide di iscriversi a un corso per scrivere la sua prima poesia. Poetry è il primo film della storia del cinema dedicato alla nascita di una poesia. Il maestro poeta delle lezioni non discute di tecnica, ma istiga al rapporto sensuale con la realtà, saper vedere, scoprire i segni del presente, ascoltare la bellezza del diverso, liberare la poesia intrappolata nel cuore. Agli allievi affida l'"incontro" con una mela. Mija cerca ispirazione dalle fronde di un albero mosse dal vento. Sono banalità della creatività e insieme radicali verità originarie. Tanti tentativi, ma la prima poesia non arriva. Nel volto aperto, incredibile fusione di materiale e celeste, di Yun Junghee, la più popolare attrice del cinema coreano (330 titoli, 24 premi), il regista di Oasis Lee Chang-dong accompagna la progressiva accumulazione di petali poetici a formare il primo fiore di Mija, secondo una fenomenologia audiovisiva dell'istante, dell'esperienza, dell'occasione. Per Giorgio Caproni il movente della scrittura poetica è "una continua nostalgia del presente nel presente".Vedere e ascoltare, il tempo e lo spazio. Il cinema, certo. Ma prima, la vita. Le emozioni e i dati che la vita introduce nel cuore di Mija? Ricordo, libertà, etica, responsabilità, comprensione, pietà, bellezza, dolore, natura, tempo, mistero, e la loro suscettibile figurazione e trasfigurazione. L'Alzheimer, sistema della dimenticanza, nella tensione a zero del ciclo della vita ("a volte la poesia fa dimenticare la realtà", dice Lee Chang-dong). Il suicidio di Agnes, libertà estrema di non partecipare al Male. L'etica di Mija, ferita dall'inerzia di responsabilità del nipote. La comprensione per l'ultimo desiderio dell'anziano. Il dolore inconsolabile della madre nel dolore universale di Mija. La bellezza dell'umano fin dentro la sofferenza e la pietà. Ma perché quei giovani hanno fatto quello che hanno fatto? Finalmente Mija scrive, mentre il suo destino si allinea al destino della piccola Agnes: "Come va laggiù? / Ti senti tanto sola? Rosseggia ancora al tramonto? / Senti ancora il canto degli uccellini? / Puoi ricevere la lettera che non ho mai potuto scriverti? (...)".Una decina di anni fa, per il mio giornale, accompagnavo al cinema sensibili "esperti". Lo scrittore Giuseppe Pontiggia per Scoprendo Forrester di Gus Van Sant. Il questore di Milano, ex poliziotto Interpol, per Traffic di Soderbergh. La poetessa Alda Merini per Sotto la sabbia di Ozon. Che cosa darei per riportare qui Alda e, con lei, vedere questa storia memorabile, la storia della prima poesia di Mija.

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