RECENSIONE FILM a cura di Cinematografo.it

<i>Ladri di cadaveri</i>

24 febbraio 2011

Ladri di cadaveri

Crimini e misfatti a Edimburgo: John Landis fa ammazzare dal ridere. Con due assassini per bene. Burke e Hare

La storia è nota, e non solo in Scozia: Edinburgo, William Burke e William Hare dal novembre 1827 al 31 ottobre dell'anno seguente commisero 17 omicidi per fornire al chirurgo Robert Knox - dietro lauto compenso - cadaveri "freschi" da dissezionare a scopo scientifico, con la complicità della moglie di Hare, Margaret Laird, e l'amante di Burke, Helen McDougal. Per la capitale scozzese, furono quel che per Londra è Jack lo Squartatore, non solo, strozzare fino a provocare la morte, il modus operandi dei due, ha trovato posto nel dizionario inglese: "burking".Fin qui, appunto, le note biografiche, poi arriva il cinema di Burke & Hare: John Landis torna a lavorare in the UK, dopo Un lupo mannaro americano a Londra, facendo coppia con i gloriosi Ealing Studios e scegliendo per i due assassini seriali il comico Simon Pegg (Burke) e il Gollum Andy Serkis (Hare), a cui si aggiungono il progressista dottor Knox di Tom Wilkinson, la moglie di Hare Lucky interpretata da Jessica Hynes e la Ginny di Isla Fisher, attrice e già prostituta che si fa finanziare un Macbeth al femminile da Burke. Tutto il resto è divertimento: Landis non giudica i due protagonisti, ricorda solo e ironicamente nel cartello iniziale che è una "storia vera tranne per le parti che non lo sono" e ci offre il ritratto di due assassini per necessità (la fame) e anche per caso, quello della commedia con venature black, accenni splatter e frizzi e lazzi a iosa: anziché uccidere, Burke e Hare fanno ammazzare dalle risate il pubblico, con l'umorismo - anzi, wit - che non abbandona mai il campo. Insomma, un divertissement a bocca larga, che esalta gli attori senza regalar loro introspezione, che ironizza metacinematograficamente sulla stessa narrazione e su capitalismo e progresso scientifico, che per il fine possono giustificare qualsiasi mezzo: non mancano dunque i sottotesti ideologici, ma disseppellirli sarebbe, questo sì, un reato da pena capitale. Viceversa, qui uno rimane appeso, ma l'ultima parola è per il sentimento: "L'ho fatto per amore". E vale anche per Landis. 

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