RECENSIONE FILM a cura di Cinematografo.it

<i>Rabbit Hole</i>

01 novembre 2010

Rabbit Hole

Il dramma della perdita secondo Mitchell. Dignitoso adattamento della pièce premio Pulitzer, in Concorso, con Kidman ed Eckhart sugli scudi

Come affrontare la più dolorosa delle perdite? Quali conseguenze può avere, in un matrimonio felice, la morte dell'unico figlio? Danny, quattro anni, non c'è più da 8 mesi, travolto da un'auto mentre tentava di rincorrere il cane fuori dal cancello di casa: i genitori, Howie (Aaron Eckhart) e Becca (Nicole Kidman, anche produttrice), non si danno pace da allora. Ma lo fanno in maniera diversa: lui continua a condurre la vita di prima, lavora, gioca a squash, cerca un "contatto" quotidiano con la moglie, poi la notte rimane solo a guardare fino allo sfinimento i video con il bimbo che gioca. Lei è bloccata, sospesa tra l'incancellabile pensiero di quel figlio che non può più veder crescere e la spinta verso un cambiamento che passi anche dal disfarsi di qualunque cosa - vestiti, giocattoli - che quotidianamente sono lì a ricordarglielo.E' Rabbit Hole di John Cameron Mitchell, dramma sull'elaborazione del lutto tratto dall'omonima pièce teatrale premiata con il Pulitzer di David Lindsay-Abaire, anche sceneggiatore del film: misurato e splendidamente interpretato (nel cast ancheDianne Wiest, è la mamma di Becca), il lavoro di Mitchell - qui alla prima vera prova drammatica - non sorprende certo per originalità e non passerà alla storia, ma ha il grande pregio di sapersi confrontare in maniera dignitosa con un tema delicato e tante altre volte indagato sul grande schermo, senza l'abuso di scene madri, smarcandosi con classe dal rischio di portare il racconto verso svolte banali (la possibile sbandata di Howie verso un'altra donna) e centrando senza enfasi la questione del perdono (gli incontri di Becca con il giovane Jason, il liceale alla guida dell'auto che investì il bambino). Che fa il paio, integrandosi, con la sobrietà di una consapevolezza sì dolorosa, ma col passare del tempo "sopportabile" - e la metafora del mattone sempre in tasca non è affatto peregrina... - di una vita di sicuro alterata ma verso la quale si resta, nonostante tutto, aggrappati. Soprattutto insieme, affrontando le cose di tutti i giorni (come un barbecue in giardino con gli amici di sempre) facendo buon viso a cattivo gioco. Il titolo, Rabbit Hole, fa riferimento al fumetto disegnato da Jason, incentrato su un ragazzino rimasto orfano del padre scienziato che attraverso una sua precedente invenzione, le tane del coniglio appunto, si introduce in un universo parallelo in cerca del papà perduto.

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