RECENSIONE FILM

03 marzo 2010

Diamond 13

a cura di Cinematografo.it

Depardieu ritrova Marchal (come attore) dopo 36. Ma non basta: storia ingarbugliata e caotica, con tutti i cliché del genere

Gérard Depardieu, nell'ultimo decennio, si è dimostrato decisamente migliore come produttore di vini che come attore. Gli unici guizzi avuti li deve alla coppia con Daniel Auteuil, diretta da Olivier Marchal nel noir poliziottesco alla francese 36 Quai des Orfèvres. Quel suo fisico pesante e ormai parossistico da Obelix, quella sciatteria arrabbiata, solo al polar più cupo potevano adattarsi. Con morbida e cinica ferocia.Ecco perché un film in cui Marchal è produttore e attore, faceva pensare a un buon terreno di caccia per l'ingombrante istrione transalpino. Ma alla macchina da presa c'è Gilles Béhat, e si sente. Ne esce un poliziotto scorretto e presunto corrotto, è vero, ma troppo prevedibile, così come tutti gli altri stereotipi del genere, dai compagni di viaggio - amici e nemici - fino alla donna fatale (Asia Argento). La sensazione di già visto viene combattuta con una sceneggiatura ingarbugliata e caotica, che mette in difficoltà e in affanno attori e spettatori, in cui persino le citazioni, cinematografiche e letterarie, sono confuse e dove infine le splendide facce da noir del cast (i Marchal, Anne Coesens, la splendida Aissa Maiga) non trovano il regista che sappia amarli e maltrattarli come si deve al genere.

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