RECENSIONE FILM

27 gennaio 2010

Baciami ancora

a cura di Cinematografo.it

Come siamo diventati, dieci anni dopo: disperato e sopra le righe, non convince il ritorno di Muccino

I sogni e le speranze dei trentenni di allora, il brutale "risveglio" dei quarantenni di oggi: Gabriele Muccino riprende in mano a quasi dieci anni di distanza le "vite" dei vari Carlo e Giulia (Stefano Accorsi e Giovanna Mezzogiorno, ora Vittoria Puccini), Marco e Veronica (Pierfrancesco Favino e Daniela Piazza), Alberto e Paolo (Marco Cocci e Claudio Santamaria), quest'ultimo da circa un anno "amante" di Livia (Sabrina Impacciatore), abbandonata molto prima da Adriano (Giorgio Pasotti), tornato oggi dopo la fuga di allora e due anni trascorsi in galera per incontrare finalmente il figlio mai visto, Matteo (Andrea Calligari), bambino di dieci anni. Reunion attesa da nostalgici e fan de L'ultimo bacio, il ritorno in Italia di Gabriele Muccino coincide con un'opera tanto disperata e nichilista nelle premesse e nel primo sviluppo (disperazione che in più di un'occasione non riesce ad essere contenuta da interpretazioni ben oltre la soglia delle consuete "righe"), quanto consolatoria ed aperta ad inverosimili speranze nel finale, anticipato da una tragedia (semi)annunciata e da un lunghissimo percorso (2 ore e 20...) che, però, a conti fatti è il resoconto di una manciata di giorni. Come sempre blindato da un innegabile gusto per la messa in scena e supportato dal buon lavoro di Arnaldo Catinari (che ritrova dai tempi di Come te nessuno mai), Muccino non riesce a svincolarsi dai consueti "marchi di fabbrica" che ne hanno sin qui caratterizzato la filmografia (scene madri a non finire, esasperazione vs. idilliache passeggiate in mezzo a campi di grano cari ad innumerevoli spot pubblicitari, furbissima colonna sonora di repertorio, con La chanson des vieux amants di Jacques Brel in prima fila), concedendosi ad omaggi forse nemmeno voluti (la casetta in campagna dove la moglie di Favino si spalanca ad un nuovo amore "sembra" la stessa in cui Tilda Swinton "rinasce" in Io sono l'amore di Guadagnino, così come il corridoio sotteraneo in cui gli amici si ritrovano per piangere il defunto "ricorda" da vicino il Saturno contro di Ozpetek) e a rimandi autoreferenziali simpaticamente discutibili (Accorsi e Pasotti che guardano il dvd di Io sono leggenda con Will Smith, inseparabile amico e collega della sua avventura a stelle e strisce). L'evoluzione di tutti i personaggi, come nel film precedente introdotta dalla voce over di Accorsi, rimane così intrappolata entro le spire di innumeri cerchi concentrici e situazioni ridondanti (la nuova compagna di Carlo, Anna, non è altro che un "grillo parlante" impegnato a ricordargli che non la amerà mai quanto amava la moglie, mentre la nuova fiamma di Veronica, fotografo e cantautore, suona il piano a torso nudo...), che nel "crescendo" finale - corse e rincorse da cardiopalma per il sospirato, ultimissimo bacio... - vengono annunciate e scandite da altrettante, infinite porte: la disillusione e l'amarezza degli ex trentenni falliti resta chiusa dietro, ma impossibile da cancellare.

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