...E ora parliamo di Kevin2011

SCHEDA FILM

...E ora parliamo di Kevin

Anno: 2011 Durata: 112 Origine: GRAN BRETAGNA Colore: C

Genere:DRAMMATICO, THRILLER

Regia:Lynne Ramsay

Specifiche tecniche:35 MM (1:1.85)

Tratto da:romanzo "Dobbiamo parlare di Kevin" di Lionel Shriver (Edizioni Piemme)

Produzione:INDEPENDENT IN ASSOCIAZIONE CON ARTINA FILMS E ROCKINGHORSE FILM, BBC FILMS E UK FILM COUNCIL IN ASSOCIAZIONE CON FOOTPRINT INVESTMENT, LLP, PICCADILLY PICTURES, LIPSYNC PRODUCTIONS

Distribuzione:BOLERO FILM (2012)

ATTORI

Tilda Swinton nel ruolo di Eva
Ezra Miller nel ruolo di Kevin adolescente
John C. Reilly nel ruolo di Franklin
Jasper Newell nel ruolo di Kevin, 6-8 anni
Rocky Duer nel ruolo di Kevin piccolo
Ashley Gerasimovich nel ruolo di Celia
Siobhan Fallon nel ruolo di Wanda Siobhan Fallon Hogan
Alex Manette nel ruolo di Colin
Kenneth Franklin nel ruolo di Soweto
Ursula Parker nel ruolo di Lucy
Lauren Fox nel ruolo di Dottoressa Goldblatt
Aaron Blakely nel ruolo di Uomo
James Chen nel ruolo di Dottor Foulkes
Leslie Lyles nel ruolo di Donna
 

SOGGETTO

Shriver, Lionel
 
 

MONTAGGIO

Bini, Joe
 

SCENOGRAFIA

Becker, Judy
 

COSTUMISTA

George, Catherine
 

EFFETTI

Lip Sync Post

TRAMA

Kevin, due giorni prima del suo sedicesimo compleanno, fa una strage nella scuola superiore che frequenta. La madre Eva, trafitta dal dolore, comincia a chiedersi quali siano le sue responsabilità fino ad affrontare il vero tabù: ha mai amato suo figlio? E quanto di ciò che Kevin ha fatto è stato colpa sua?

CRITICA

"Ne circolano ormai pochi esempi, ma chi vuole rinfrescarsi la memoria su un certo 'cinema d'autore' può farlo col film di Lynne Ramsay: struttura spezzata che alterna diversi piani temporali, uso massiccio di simbolismi (sangue e altre materie rosse), colonna sonora ansiogena... Tratto da un romanzo di Lionel Shriver dai pensosi interrogativi sulle origini del Male, '...E ora parliamo di Kevin' è un dramma familiare con esito alla 'Elephant', il film di Van Sant sulla strage in un istituto scolastico. Nella totale costernazione di mamma, Kevin cresce ostile (a lei) e manipolatore (col padre e la sorella). Un 'bad guy' al quale piace solo tirar d'arco, arma di futuri sfracelli. Mentre seguiamo la povera Eva che, pallida come un cencio, s'interroga su cause e responsabilità, il film sgrana sentenze («il punto è che non c'è il punto») senza riuscire ad abbracciare veramente la tesi nichilista. La scelta di raccontare la storia con i ritmi e le atmosfere di un horror poteva essere buona; però l'eccesso di ambizioni autoriali - non risolte - soffoca la partecipazione emotiva, producendo momenti di fastidio." (Roberto Nepoti, 'La Repubblica', 17 febbraio 2012) "Cosa c'è nella testa di quei ragazzi che, secondo le cronache americane, fanno strage a scuola di coetanei e insegnanti, cominciando qualche volta dai propri familiari? Più che la risposta l'argomento è stato trattato già due volte al cinema, nel documentario di Roger Moore 'Bowling a Colombine' e nel film di Gus Van Sant 'Elephant'. Adesso, invece, si avvicina un po' di più alla risposta questo '...E ora parliamo di Kevin', realizzato dalla regista scozzese Lynne Ramsay sulla scorta di un romanzo di egual titolo. (...) Certo, quelle frequenti variazioni dei tempi e delle immagini, con le loro ricerche narrative e figurative, rischiano di risultare un po' forzate, fanno però lievitare sulla storia dei forti climi di suspense e comunque, là dove possono sembrare troppo insistite, in parte le riscatta l'interpretazione magistrale di Tilda Swinton. Una 'mater dolorosa' che affida tutti i suoi sentimenti quasi soltanto agli sguardi, ora dolenti, ora risentiti, con meditata interiorità e con una ben costruita misura. Al suo fianco John C. Reilly recita con diligenza la parte del padre e marito che non capisce. Il figlio ha la faccia livida di Ezra Miller. Ci si augura di non incontrarlo per strada." (Gian Luigi Rondi, 'Il Tempo Roma', 17 febbraio 2012) "Famiglie disfunzionali. Ben più spietato, sgradevole e temerario per come tira violenti pugni nello stomaco, '... e ora parliamo di Kevin' della scozzese Lynne Ramsay è dominato dalla figura di una madre che si chiede cosa ha fatto o sbagliato nell'allevare un figlio destinato a finire sciaguratamente sui giornali. Tilda Swinton, attrice eccezionale e donna impegnata ma poco accattivante, interagisce con un bambino e poi un adolescente repulsivo per qualsiasi tipo di morale societaria, esprimendo rabbia e sconcerto nelle pieghe degli occhi, nei movimenti del corpo e nei ricorrenti incubi sanguinosi." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 17 febbraio 2012) "Piacerà a chi ha figli e si colpevolizza se vanno male a scuola (figuriamoci se a scuola fa i massacri). E a chi sempre più frequentemente è costretto a confrontarsi con una cronaca nera fitta di efferatezze minorili. E apprezzerà la maestria con cui Lynne ha innestato la 'nera' coll'horror. Terzo motivo d'interesse: Tilda Swinton, spesso accusata di essere molto brava ma freddina. Qui coinvolge come neanche Meryl Streep." (Giorgio Carbone, 'Libero', 17 febbraio 2012) "Qui la regista non ha paura di colpire basso, arrestando l'azione per aumentare la sensazione che qualche cosa incombe e stravolgendo un tema non banale (la 'difficoltà' dell'amore tra madre e figlio) nel più prevedibile dei finali con tragedia. Grandangoli, primissimi piani, colori 'metaforici' (con il rosso sangue a fare la parte del leone), tutto serve ad aumentare l'angoscia e il malessere ma senza far sparire quella fastidiosa sensazione che tutto sia studiato a tavolino, per far colpo sul pubblico più sensibile (e sprovveduto). E vien da riflettere sulla pessima china di certo cinema d'autore, dove stile e tecnica non sono più al servizio di un'inedita visione del mondo ma servono solo a confondere le carte e lo spettatore."(Paolo Mereghetti, 'Il Corriere della Sera', 13 maggio 2011) "Mentre la seconda regista in gara, l'inglese Lynne Ramsay, con 'We Need to Talk About Kevin' fa un film così manipolatorio, tutto giocato sull'alternanza di epoche diverse e sul susseguirsi di colpi bassi, che suscita saturazione e rigetto. Malgrado l'immensa bravura di Tilda Swinton come madre di un figlio difficile fin dalla più tenera età. Che crescendo poco amato diventa un autentico mostro. Un mystery senza mistero in cui la prima vittima è la libertà del nostro sguardo." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 13 maggio 2011) "Nell'oscurità di una maternità difficile, conflittuale e violenta si addentra, invece, 'We Need to Talk About Kevin', dall'omonimo best seller di Lionel Shriver, osannato dalla critica Usa. Con una dolorosa Tilda Swinton (che lo ha prodotto) nei panni di una madre che vede distrutta la sua vita e l'intera famiglia dal suo stesso figlio. Kevin è quello che si dice un ragazzino difficile, capace fin da piccolissimo di manipolare entrambi i genitori, mettendo alla corda il loro affetto. Il rifiuto nei confronti di sua madre è totale: niente parole, niente giochi insieme, niente tenerezze." (Gabriella Gallozzi, 'L'Unità', 13 maggio 2011) "II film, cromaticamente dominato dal rosso, è molto efficace nel costruire una forte tensione alternando piani temporali diversi e mostrando l'angoscia di una donna distrutta dal senso di colpa e inevitabilmente condannata dal resto della comunità. È interessante la scelta di mostrare la tragedia con gli occhi della madre del carnefice. Più discutibile è considerare quella tragedia ineluttabile perché quel ragazzo non avrebbe ricevuto sufficiente affetto e calore dalla madre, con cui è stato in guerra già da piccolissimo. Una tesi un po' forzata." (Alessandra De Luca, 'Avvenire', 13 maggio 2011) "È una madre che si confronta con l'onore la protagonista di 'We Need to Talk About Kevin' ('Dobbiamo parlare di Kevin'), in concorso. (...) II film si basa sul romanzo di Lionel Shriver, scrittrice americana che ha scelto uno pseudonimo maschile: è tutta una questione di donne, dunque. Ci sono voluti dieci anni perché diventasse un film: e fondamentale è stato il 'sì' di Tilda Swinton, anche produttrice esecutiva della pellicola. Nel film, ovviamente, echi della tragedia di Columbine, già raccontata in 'Elephant' di Gus Van Sant, che proprio con quel film, a Cannes, vinse la Palma d'oro. La regia è di Lynne Ramsay, scozzese, talentuosa e testarda: è tornata sul set dopo dieci anni dal film precedente, che pure aveva riscosso numerosi premi. È stata una battaglia, arrivare a dirigere questo. Adolescenti perduti, ribelli senza causa, inferni familiari, bombe a orologeria che si innescano nell'infanzia ed esplodono nell'adolescenza." (Luca Vinci, 'Libero', 13 maggio 2011) "E' un mostro Kevin, l'emblema del male, un essere patologicamente portato alla distruzione di ciò che lo circonda? Negli ultimi anni, le cronache hanno portato alla ribalta queste esplosioni di violenza, di solito conclusesi con la morte, di propria mano o per opera della polizia, del massacratore in erba. Qui, invece, il ragazzo non si suicida né viene ucciso: si fa docilmente arrestare, assaporando quasi la resa. (...) Oltre alla Swinton e al giovane, molto bravo, Miller, l'altro protagonista è John Reilly ('Chicago', 'Gang of New York', 'Magnolia') nella parte del padre; la fotografia è di Seamus McGarbvey, la musica di Jonny Greenwood, dei Radiohead." (Stenio Solinas, 'Il Giornale', 13 maggio 2011) "Raccontato per flashback successivi, per frammenti che spezzano la narrazione così come spezzata è la vita della donna, il film raggiunge a poco a poco il suo apice svelando l'origine di quella tragedia. Una riflessione sui limiti dell'amore materno, ma anche il ritratto di una storia di ordinaria follia, che può farci riflettere." (Andrea Frambrosi, 'L'Eco di Bergamo', 13 maggio 2011)

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