Via da Las Vegas1995

SCHEDA FILM

Via da Las Vegas

Anno: 1995 Durata: 112 Origine: FRANCIA Colore: C

Genere:DRAMMATICO, ROMANTICO

Regia:-

Specifiche tecniche:PANORAMICA A COLORI

Tratto da:romanzo omonimo di John O'Brien

Produzione:INITIAL PRODUCTIONS, LUMIERE PICTURES

Distribuzione:MIKADO - 20TH CENTURY FOX HOME ENTERTAINMENT

TRAMA

Lo sceneggiatore Ben, un alcolizzato cronico, dopo essere stato licenziato brucia quasi tutti i suoi effetti personali, passaporto compreso, e raccolti tutti i suoi risparmi decide di andare a Las Vegas ad ubriacarsi fino a morire. Qui incontra Sara, una prostituta di origini russe, anche lei fuggita da Los Angeles e dal suo protettore Yuri, che però l'ha seguita fin lì e la obbliga a lavorare ancora per lui. Quando la mafia russa uccide l'uomo, Sara, libera e incuriosita da Ben che pur incapace di possederla fisicamente la attrae, lo accoglie in casa. Ben la mette da subito in guardia sull'inevitabile corso degli eventi. I due vanno a giocare al Casinò, lui dà in escandescenze e lei deve salvarlo dalla vigilanza. Si scambiano regali e sorrisi, e decidono di andare in vacanza in un motel nel deserto, ma anche qui vengono cacciati via per le intemperanze di lui. Sara, dopo aver invano implorato Ben di chiamare un medico, esce per guadagnare del denaro. Ben va al casinò e gioca: le sue vincite attirano una prostituta con la quale Sara lo trova al rientro. Offesa, lo caccia. La donna, distrutta ed abbattuta, commette poi l'imprudenza di farsi avvicinare da tre giovani studenti di un college che la seviziano. Poi una sera ecco giungere la telefonata di Ben: è allo stremo. In un ultimo sussulto di vita fa l'amore con lei prima di spirare all'alba del mattino seguente.

CRITICA

"Bianco e nero e colore, accelerazioni e contrazioni, macchina a mano, montaggio 'slogato', una colonna sonora insinuante e ossessiva composta in parte dallo stesso Figgis (che ha un passato di jazzista): tutto concorre a portarci 'dentro' il mondo irreale e venato di humour nero di Ben (che ha un modo molto spiritoso di mandar tutto in malora, anche a letto) e di Sara, che vediamo anche 'dopo', a colloquio con un interlocutore invisibile, forse uno psichiatra. Peccato che nella seconda parte (il motel nel deserto) Figgis indulga a volgarità da spot, mentre la vicenda sconta alla lunga la più totale assenza di drammaturgia. Ma le quattro candidature all'Oscar (attore, attrice, adattamento, regia) sono meritate, Elisabeth Shue è una rivelazione. E se nella particina del pappa condannato a morte riappare, a sorpresa, Julian Sands, qua e là occhieggiano comparse illustri come Bob Rafelson e Julian Lennon. Considerando il doppiaggio un atto contro natura, infine, non vorremmo lodare il virtuosismo di Massimo Ghini e di Alessandra Korompay. Ma è quello che stiamo facendo." (Fabio Ferzetti, "Il Messaggero", 13/3/96) "Un film deprimente come pochi, dark, introverso, necrofilo; pesantemente manieristico nel leitmotiv, eppure 'strappato' immagine per immagine allo stereotipo grazie allo stile friabile jazzistico, ellittico ed alle aspre disarmonie della colonna sonora. Esaltato, infine, dal protagonismo dell'inedita Elisabeth Shue - attrice di disperata, ulcerata fisicità e di bellezza insieme inerme ed aggressiva di cui si parlerà a lungo nel futuro - e del più ovvio (ma, comunque, impressionante) Nicolas Cage. Via da Las Vegas, piccolo film d'autore girato in economia dall'inglese Mike Figgis ('Stormy Monday', 'Affari sporchi'), corre non indegnamente per l'Oscar nelle categorie di miglior regia, miglior sceneggiatura non originale, migliore attore e miglior attrice; ma quella che ci sembra davvero notevole è la chiave ambientale, un reticolo di luci rutilanti e di riflessi asettici deodorati nel quale le identità dei protagonisti assumono qualità di macchia ripugnante, di slabbratura oscena. Senza ricorrere, peraltro, al mezzuccio (modello Uomo da marciapiede, pure citato da alcuni recensori) degli anatemi moralistici contro la Shangri-la del vizio e del consumo. Las Vegas, nella concezione di regia, è il solo scenario che può offrire lo spazio drammaturgico 'assoluto' ad una vicenda melodrammatica primaria: alle cose, ai volti, ai cieli e ai deserti non si chiede che di essere quello che sono, just as it is." (Valerio Caprara, "Il Mattino", 10/3/96) "Immersi nelle immagini morbide e pastose dell'operatore Declan Quinn, consolati dalla voce di Sting nella colonna musicale assemblata dallo stesso Figgis, gli amanti attraversano con stoicismo e tolleranza reciproca quello che per uno dei due sarà un sottofinale di vita senza mai congiungersi sino all'ultimissimo istante. Il tutto si svolge in un contesto drammaturgico che rischia di risultare piatto per l'assoluta mancanza di conflittualità fra i personaggi. Finché Ben approda alle manifestazioni terminali della Dipsomania e lei ha il peggiore dei suoi incidenti professionali con tre giovani manigoldi. Tra i sicuri valori di questa elegia metropolitana va evidenziata la presenza toccante di Elisabeth Shue, quarta e imprevedibile 'nomination' di 'Via da Las Vegas'; e se il suo nome non appariva nel repertorio 'Young Hollywood' dall'anno scorso, possiamo star certi che nella nuova edizione ci sarà." (Tullio Kezich, "Corriere della Sera", 9/3/96) "Le sequenze sono accompagnate da molta musica che cerca, con i colori rossastri dei tramonti e le luci abbacinanti di Las Vegas, la ricostruzione di un ambiente dell'anima vinta e immolata: ci sono blues cantati da Sting e una canzone scritta e interpretata da Nicholas Cage, 'Ridicolous'. Guidato da un 'maestro alcolista', Cage regge una parte difficile, doppiata da Massimo Ghini con risultati discontinui. Per ora l'attore è premiato c

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