Veloce come il vento2015

SCHEDA FILM

Veloce come il vento

Anno: 2015 Durata: 119 Origine: ITALIA Colore: C

Genere:DRAMMATICO

Regia:Matteo Rovere

Specifiche tecniche:ARRI ALEXA/BLACKMAGIC MFT 2.5K/BLACKMAGICDESIGN 4K/CANON 5D MK III/RED EPIC

Tratto da:-

Produzione:DOMENICO PROCACCI PER FANDANGO CON RAI CINEMA

Distribuzione:01 DISTRIBUTION (2016)

ATTORI

Stefano Accorsi nel ruolo di Loris De Martino
Matilda De Angelis nel ruolo di Giulia De Martino
Roberta Mattei nel ruolo di Annarella
Paolo Graziosi nel ruolo di Tonino
Lorenzo Gioielli nel ruolo di Ettore Minotti
Giulio Pugnaghi nel ruolo di Nico De Martino
Giuseppe Gaiani nel ruolo di Mario De Martino
Rinat Khismatouline nel ruolo di Team Manager
Tatiana Luter nel ruolo di Eva
Cristina Spina
 

MUSICHE

Farri, Andrea
 

MONTAGGIO

Vezzosi, Gianni
 

SCENOGRAFIA

Vannucci, Alessandro
 

COSTUMISTA

La Parola, Cristina

TRAMA

La passione per i motori scorre da sempre nelle vene di Giulia De Martino. Viene da una famiglia che da generazioni sforna campioni di corse automobilistiche. Anche lei è un pilota, un talento eccezionale che a soli diciassette anni partecipa al Campionato GT, sotto la guida del padre Mario. Ma un giorno tutto cambia e Giulia si trova a dover affrontare da sola la pista e la vita. A complicare la situazione il ritorno inaspettato del fratello Loris, ex pilota ormai totalmente inaffidabile, ma dotato di uno straordinario sesto senso per la guida. Saranno obbligati a lavorare insieme, in un susseguirsi di adrenalina ed emozioni che gli farà scoprire quanto sia difficile e importante provare ad essere una famiglia.

CRITICA

"(...) Matteo Rovere cambia pelle e ambizioni: non più il ritratto psicologico di una condizione esistenziale (e di un pubblico che voglia rispecchiarvisi) ma un film dichiaratamente di genere (...) dove il melodramma è temperato da abbondanti dosi di adrenalina. La storia di un riscatto impossibile e quasi neppur cercato che però si impone nelle cose e costringe il protagonista a farsi carico delle proprie azioni e delle proprie scelte. (...) dopo una prima parte quasi «illustrativa», dove il film cerca di raccontare allo spettatore la tempra di Giulia, l'autodistruttività di Loris, la fragilità di Nico e soprattutto la tensione sportiva delle gare Gran Turismo, la sceneggiatura (...) scommette tutto sul percorso di riscatto dell'ex pilota e sulla sua capacità di trasmettere alla sorella la propria abilità e la propria esperienza. È il cuore del film, quello che dovrebbe imprimere la svolta emotiva al racconto, ma è anche quello che mette in evidenza il divario di qualità tra l'interpretazione e la regia. O meglio: tra l'impegno messo nel costruire il personaggio di Loris e quello riservato alla messa in scena. Da quando lo spettatore fa la conoscenza di Loris, appare evidente che tutto il resto è destinato (quasi) a scomparire. Accorsi si mette in gioco come ultimamente non aveva più fatto, con uno scrupolo di realismo non molto comune nel cinema italiano. A volte forse con un po' di autocompiacimento di troppo ma comunque prendendo sulle spalle il film e la sua carica emotiva. L'esordiente Matilda De Angelis si ferma a una scontata dimostrazione di rabbiosa testardaggine e il Tonino di Paolo Graziosi viene presto dimenticato (mentre forse la sceneggiatura avrebbe potuto sfruttarlo meglio). A bilanciare la prova di Accorsi ci sono solo le riprese delle gare automobilistiche, piuttosto ripetitive per definizione. Ci sarebbe voluto un altro tipo di messa in scena, probabilmente, più attenta a dare spessore e concretezza a tutti i personaggi e non solo ad Accorsi, capace magari di raccontare meglio il mondo delle gare (...). E scavare un po' di più nella psicologia di Giulia tanto da farne una reale coprotagonista e non solo la sfumata figura di sfondo cui è ridotta. Ci sarebbe stato, forse, il bisogno di guardare con più attenzione chi quella strada l'aveva già battuta (un esempio per tutti: 'The Fighter' di David O. Russell) per riflettere sul necessario equilibrio tra le componenti, tra le gare e la vita, tra le ambizioni e i risultati. Così resta soprattutto il volonteroso tentativo di percorrere una strada insolita per le produzioni italiane, l'aver ritrovato un attore che sembrava smarrito dietro a ruoli troppo ripetitivi e l'ambizione di un cinema alla ricerca di una chiave realistica che sia lontana da tanti luoghi comuni. Accontentiamoci." (Paolo Mereghetti, 'Corriere della Sera', 5 aprile 2016) "Mancava una tessera nel puzzle del buon cinema di genere che sta risollevando il cinema italiano. Un film d'azione. Lacuna colmata: 'Veloce come il vento' di Matteo Rovere (...) è una vera sorpresa (...). Un piccolo grande esempio di ciò che si può fare con pochi ingredienti trattati con cura (...). Piccolo perché non è certo un film ad alto costo, eppure non manca niente, chi cerca prodezze da videogame ripassi i vari 'Race' e 'Fast and Furious'. Grande per come declina in chiave italiana una parabola che sembra caduta da un angolo sperduto degli Usa, ma solo perché il nostro cinema non va più a caccia di storie e di ambienti. Mentre qui c'è un microcosmo preciso, con tutte le sue belle mitologie già apparecchiate: il mondo delle corse GT, che fra un rombo e una derapata accoglie a meraviglia i sentimenti estremi di una storia di famiglia e redenzione basata sul classico scontro tra opposti. (...) intonatissima Matilde De Angelis (...) entusiasmante Stefano Accorsi, al suo meglio storico (...) Roberta Mattei, forse l'unica figura sacrificata del film (...) un crescendo catartico quasi alla Rocky, ma sempre palpitante e credibilissimo. Un po' perché nutrito di mille dettagli autentici, a partire dalla lingua, che mescola il gergo dei motori a musicalità emiliano-romagnole. Un po' perché, tra curve e bravate, la solida trama spettacolare poggia sempre su un nitido sottotesto affettivo che rende quei due fratelli così diversi quasi una metafora di due possibili Italie: una operosa e una parassitaria, una rispettosa delle regole, l'altra pronta a travolgerle. Anche se naturalmente è proprio quando queste due anime si incontrano che prendono il volo. (...) film che recupera in chiave mitologica un bel pezzo di Italia." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 5 aprile 2016) "Matteo Rovere, che da produttore si è fatto un nome con Smetto quando voglio e The Pills, si è ispirato alla figura controversa del pilota di rally Carlo Capone (...). II film lo mette in scena, attraverso l'interpretazione di Stefano Accorsi (estrema, sofferente e non solo grazie all'ausilio del trucco), come fratello maggiore inaffidabile ma capace di un almeno momentaneo riscatto, della minorenne Giulia. (...) Tentativo non del tutto convincente ma rispettabile. Da notare la prova della ventenne Matilda De Angelis (...)." (Paolo D'Agostini, 'La Repubblica, 7 aprile 2016) "Il termine 'subcultura' (o 'sottocultura' che dir si voglia) non ha, in antropologia, una valenza negativa: indica quei gruppi sociali che tendono a distinguersi nell'ambito di una sodata più ampia per scelte e valori che possono riguardare la religione, la politica ma anche ambiti più 'leggeri' come la moda, la musica, lo stile di vita. (...) In Romagna, terra che tanto ha dato al cinema, all'arte e alla poesia, esiste una radicata subcultura legata alla passione per i motori, a due e a quattro ruote. (...) 'Veloce come il vento' è un film immerso in questo mondo. (...) In questo terzo film Rovere fa uno spettacolare salto di qualità come regista: 'Veloce come il vento' è scritto sapientemente, benissimo recitato, girato splendidamente; se fosse americano, sarebbe un gioiellino indipendente degno di 'Easy Rider' e dei film motoristici di Roger Corman (...). La trama nasconde un tema forte, il ricomporsi di una famiglia distrutta, il ritorno di affetti che si credevano perduti. Accorsi non è mai stato così bravo e la giovane Matilda De Angelis è una rivelazione." (Alberto Crespi, 'L'Unità', 7 aprile 2016) "L'ha detto 'Lo chiamavano Jeeg Robot', lo ribadisce 'Veloce come il vento': l'unica via d'uscita per il cinema italiano è sfanculare i padri - più o meno - nobili e aderire al genere. Così si riaffeziona un pubblico, così si dribbla la (supposta) dicotomia tra (pretesa) autorialità e (presunta) commerciabilità, così si fa ritorno al futuro, quando nei nostri Anni 60 e 70 il genere suggellava il prezioso sodalizio tra cineasti e spettatori. Le analogie tra Gabriele Mainetti (...) e Matteo Rovere (...) non sono trascurabili, e le possiamo riassumere così: adesione al genere, comprensione - e controllo - dei meccanismi produttivi, concezione spettatoriale anziché autoriale del film, direzione e 'redenzione' d'attori e lo stesso direttore della fotografia Michele D'Attanasio. (...) Dopo un film sballato, 'Un gioco da ragazze' (2008), e uno sbagliato, 'Gli sfiorati' (2011), al terzo tentativo Rovere spariglia le carte in tavola: sa Dio quanto gli errori partoriscano il buon cinema. L'avremmo detto soprattutto produttore di discreto presente e ottimo (...) futuro, ma anche da regista è niente male e potrebbe essere ancora meglio. Accanto a un finale troppo 'pilotato' e alcuni snodi drammaturgici stracchi, l'unico neo di 'Veloce' è proprio la regia, che qui e là non osa abbastanza e s'accontenta, forse timorosa di sovrastare la storia. In realtà, il rischio era calcolabile, ed è pari a zero, perché questa storia di 'azione e sentimenti', come Rovere l'ha presentata al produttore Domenico Procacci, conquista, mettendo su strada e su schermo debolezze e resistenza, aneliti e sopravvivenza, con un'unica grande pretesa: essere davvero un 'film per tutti'. (...) Una parola per Accorsi: smagrito, i capelli radi, le ciabatte indolenti e un tutore sull'avambraccio, fosse un divo americano avrebbe l'Oscar in tasca; non lo è, ma questa prova, sapida, terragna e godibile come il film che la ospita è forse la migliore della sua carriera. Dunque, finiamola di idolatrare i soliti Sorrentino e Garrone, di rimpiangere i maestri andati e celebrare quelli, sparuti, ancora in vita e guardiamo a questi 'corpi intermedi', Rovere e Mainetti, capaci di dire pane al pane e cinema al cinema: giovani registi e film di genere, non abbiamo bisogno di altro." (Federico Pontiggia, 'Il Fatto Quotidiano', 7 aprile 2016) "Piacerà ai cacciatori di adrenalina che si sorprenderanno a provare emozioni quasi sempre monopolio del cinema ricco americano ('Veloce come il vento' non lo è anche se lo sembra). E gradiranno gli scorci emiliani messi in pagina con evidente simpatia." (Giorgio Carbone, 'Libero', 7 aprile 2016) "Appassionato melò, schierato dalla parte degli sfigati. (...) Una specie di 'Gran Premio' (con Liz Taylor) versione auto anziché ippica. Bravo Accorsi, mai così bisognoso di shampoo e rasoio." (Massimo Bertarelli, 'Il Giornale', 7 aprile 2016)

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