Un ragazzo, tre ragazze1996

SCHEDA FILM

Un ragazzo, tre ragazze

Anno: 1996 Durata: 107 Origine: FRANCIA Colore: C

Genere:COMMEDIA

Regia:Eric Rohmer

Specifiche tecniche:NORMALE, 35 MM

Tratto da:-

Produzione:FRANÇOISE ETCHEGARAY, MARGARET MÉNÉGOZ PER LES FILMS DU LOSANGE, LA SEPT CINÉMA, CANAL +, SOFILMKA

Distribuzione:COLUMBIA TRI STAR FILM ITALIA - MONDADORI VIDEO

ATTORI

Melvil Poupaud nel ruolo di Gaspard
Amanda Langlet nel ruolo di Margot
Gwenaëlle Simon nel ruolo di Solene
Aurelia Nolin nel ruolo di Lena
Aimé Lefèvre nel ruolo di Abitante di Terranova
Alain Guellaff nel ruolo di Zio Alain
Evelyne Lahana nel ruolo di Zia Maiwen
Yves Guérin nel ruolo di Suonatore di fisarmonica
Franck Cabot nel ruolo di Cugino
 

SOGGETTO

Rohmer, Eric
 

SCENEGGIATORE

Rohmer, Eric
 

MONTAGGIO

Stephen, Mary

TRAMA

Durante l'estate, il giovane Gaspard, appena laureatosi in matematica, sale su un traghetto diretto a Dinard, sulla costa bretone, dove alcuni amici gli hanno prestato una casa. Ha con sé soltanto la chitarra a tracolla e l'immancabile zainetto. Intende trascorrere una vacanza su quella spiaggia con la sua "ragazza", Lena, che dovrebbe raggiungerlo da un momento all'altro. Lena però non arriva, non telefona, non si fa viva in nessun modo. Intanto Gaspard incontra in una crêperie Margot, un'etnologa fidanzata con un ragazzo che si occupa di cooperazione in Polinesia. I due si raccontano le loro storie e le analoghe condizioni di attesa di un assente; diventano amici, escono spesso insieme, si confidano i rispettivi progetti di vita, entrando in una crescente intimità. Gaspard mostra a Margot le foto di Lena, che lei non ritiene il tipo adatto a lui, spingendolo invece verso Solène, una ragazza avvenente, disinibita e estroversa. Quando finalmente arriva Lena - ormai quasi non più attesa - Gaspard si scopre sempre più confuso. Quello che gli piaceva tanto in lei, la sua instabilità e la ridente volubilità con cui prima gli si concede, poi si interessa ad altri ragazzi, lo fanno stare male. L'unica cosa che desidera è rivedere Margot. Ma, appena prima dell'appuntamento, una telefonata lo ripoterà a casa...

CRITICA

"Da un soggetto apparentemente frivolo e leggero, Rohmer ha tratto un film delicato, sensibile, tutto giocato sul sottile conflitto fra l'essere e l'apparire. Ancora una volta il vero protagonista di un film di Rohmer è il Caso. Ma, con la sua solita elegante ironia, Rohmer ci scherza su, tanto è vero che a un certo punto uno dei suoi personaggi parla delle 'abitudini del Caso'. [..] Sotto la vernice color pastello di una garbata commedia, Rohmer lascia trasparire problematiche ben più impegnative delle semplici schermaglie amorose dei suoi protagonisti: le divergenze fra valutazioni soggettive e dati oggettivi; la profonda contraddizione fra propositi e atteggiamenti; l'incapacità (o l'impossibilità?) di esprimere i sentimenti. E, come al solito, lo fa con la grazia e la leggerezza di un moderno poeta trobadorico". (Enzo Natta, 'Famiglia Cristiana', 3 luglio 1996) "Non si può accusare Morandi di aver dipinto sempre le 'stesse' bottiglie, quindi sarebbe ingiusto dire di Rohmer che racconta sempre le 'stesse' storie. Eppure non possiamo nascondere che all'ennesima schermaglia sentimentale, di fronte all'ennesima ragnatela fatta di parole e piani sequenza confessiamo che il nostro interesse tende a scendere. Perché? Perché non funziona 'l'effetto bottiglia'? Probabilmente per colpa di quel realismo minuto e quotidiano che è una caratteristica del cinema di Rohmer, da sempre a cavallo tra esigenze documentarie e consapevolezze cinefile. La minuzia con cui i suoi film registrano come le persone entrano in relazione tra loro non si basa su un processo di astrazione o di ricerca dell'essenzialità ma piuttosto sulle semplici evidenze di un realismo immediato e quotidiano, preminimalista. Il paesaggio, l'atmosfera la vince sugli accadimenti e finisce per schiacciarli e appiattirli, lasciando nello spettatore un ricordo che si accavalla da un film all'altro. E che finisce per rendere i suoi film troppo 'uguali' gli uni agli altri. Annebbiato". (Paolo Mereghetti, 'Sette', 13 giugno 1996)

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