SCHEDA FILM

Un prete da uccidere

Anno: 1988 Durata: 115 Origine: FRANCIA Colore: C

Genere:DRAMMATICO, POLITICO

Regia:-

Specifiche tecniche:PANORAMICA

Tratto da:-

Produzione:J. P. ALESSANDRI PRODUCTION FR 3 FILM PRODUCTION

Distribuzione:COLUMBIA TRI STAR FILMS ITALIA (1989) - COLUMBIA TRISTAR HOME VIDEO

TRAMA

A Varsavia, dopo la promulgazione della legge marziale contro il sindacato 'Solidarnosc', padre Alec, uno dei sacerdoti più attivi nella difesa dei diritti umani, dopo essere stato arrestato viene rilasciato grazie all'intervento del vescovo. Il capitano della polizia segreta Stefen, deluso, tenta di dimettersi ma il suo capo lo invita a tornare sulle tracce del sacerdote con maggiore libertà di azione. Preso dagli scrupoli, il capitano telefona in forma anonima al sacerdote invitandolo, pena la morte, a non recarsi l'indomani nel villaggio di Kutno. Ma l'invito cade nel vuoto. Stefen, con due suoi accoliti, tende un agguato al sacerdote che viene ucciso e gettato in un bacino. Riconosciuto autore del crimine il capitano viene espulso dalla polizia e condannato pubblicamente in un processo.

CRITICA

"Molto efficace è il racconto del delitto, consumato in un marasma e di inabilità e sgangheratezza: i tre gaglioffi non sono all'altezza dell'orribile compito, la Fiat non parte e il prete non vuol morire. Lo aveva già dimostrato Hitchcock in 'Il sipario strappato': ammazzare non è affatto facile e nemmeno liberarsi di un cadavere. Se 'Un prete da uccidere' è una tragedia, la si può considerare una tragedia ottimistica. E' evidente che per Agnieszka Holland la mobilitazione di massa in Polonia è destinata a vincere gli avvenimenti di questi giorni sembrano darle ragione, ma si è incerti se attribuire tale speranza a un'analisi ragionevole o a un legittimo afflato propagandistico. Certo è agiografia pura, molto al di sotto di alcune qualità del film, la voce di Joan Baez che conta 'The Crimes of Cain'." (Tullio Kezich, 'Il Corriere della Sera', 11 Settembre 1989) "Sembra che Agnieszka Holland (1948) abbia fornito a Wajda il modello dell'energica e combattiva cineasta di 'L'uomo di marmo'. Dopo tre notevoli film in patria ('Attori di provincia', 'Febbre', 'Una donna sola'), questa romantica ribelle è emigrata all'estero - ma lei dice: 'Sono stata abbandonata dalla Polonia' - e dopo aver diretto in Germania 'Raccolto amaro' (1985), ha fatto in Francia con capitali franco-americani 'Un prete da uccidere' (To Kill a Priest, 1988), liberamente ispirato all'assassinio di padre Popieluszko, cappellano di Solidarnosc, avvenuto il 19 ottobre 1984 per mano dei servizi segreti polacchi. (...) Peccato perché in questo film, avvelenato dall'ideologia che spesso scade a propaganda, non mancano i momenti in cui vengono alla luce i segni di un talento lucido in certi interni familiari, nei raptus di violenza, nelle sciamannate e livide fasi della cattura e dell'uccisione della vittima. Le voci principali sono di Sergio Di Stefano (Lambert) e Cesare Barbetti (Ed Harris)." (Morando Morandini, 'Il Giorno', 12 Marzo 1989) "Il cinema politico, fatto mentre gli avvenimenti si svolgono o si sono appena conclusi, è gravido di impegni con la realtà, non può e non vuole avere lo sguardo profetico, quanto l'ansia della militanza. Si fa cinema per partecipare ai fatti, secondo la formula di Wajda. La Holland, già stretta collaboratrice di Waida e per suo conto regista notevolissima ('Attori di provincia', 'Una donna sola', 'Angry Harvest'), ora attiva in Francia, vi ha aggiunto una inclinazione personale a valutare i fatti con uno stile abbastanza visionario, inseguendo contrasti netti. Mettiamo, contrapponendo Solidarnosc e alcuni agenti della polizia segreta polacca: come l'acqua santa e il diavolo, e difatti sono incarnati da un prete superuomo (quasi un'immagine miracolosa) e da un ufficiale preso da terrori demoniaci verso il sindacato. Ma, in questo modo, per essere troppo attaccato alla realtà (nella fattispecie, l'uccisione di padre Popieluszko da parte dei servizi segreti nel 1984), il film non finisce per tradire la realtà? Certo, se paragonato con gli avvenimenti successivi (il negoziato governo-Solidarnosc) il film è monco, ma tutto il cinema politico polacco vive in questa tempestosità che è anche la sua grandezza e il suo limite. La Holland va giudicata anche per i suoi errori, che il tema non rende più veniali, e per il suo sguardo, sempre sull'orlo dell'inferno." ('La Stampa', 11 Marzo 1989)

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