UN BICCHIERE DI RABBIA1999

SCHEDA FILM

UN BICCHIERE DI RABBIA

Anno: 1999 Durata: 70 Origine: BRASILE Colore: C

Genere:DRAMMATICO

Regia:-

Specifiche tecniche:-

Tratto da:ROMANZO OMONIMO DI RADUAN NASSAR

Produzione:FLAVIO TAMBELLINI PER RAVINA PRODUCOES

Distribuzione:TEODORA FILM (2000)

TRAMA

TRAMA BREVE Lui, poco più che trentenne, si è ritirato in una fazenda alle porte di San Paolo; lei, sua coetanea, fa la giornalista. Si incontrano al tramonto per fare l'amore tutta la notte. Ma il mattino dopo scoppia la rabbia fra i due, in una sorta di guerra ideologica. TRAMA LUNGA Lui, poco più che trentenne, ha scelto di vivere in una fazenda alle porte di San Paolo. Lei, all'incirca della stessa età, ha accettato il suo invito. Una sera, quando torna a casa, lui la vede nel giardino che lo aspetta. Insieme attraversano la terrazza, la cucina e, senza dirsi troppe parole, arrivano in camera da letto, dove per tutta la notte fanno l'amore. La mattina dopo, a colazione, si scambiano poche frasi, quando lui si accorge che le formiche, suo personale terrore, stanno aprendo un altro varco nella siepe. Questo episodio insignificante scatena in lui un accesso di rabbia e di furore che degenera in una lite furibonda. Bastano pochi attimi perché tra i due comincino a volare reciproche accuse, e insulti, offese, disprezzo: lui anarchico ma nullafacente e benestante, in fin dei conti maschilista; lei giornalista impegnata e piena di utopie. Le frasi pesanti e le male parole si intensificano, finché lui la prende a schiaffi e la caccia via. Poco dopo è preso dal rimorso e rievoca la propria infanzia. Lei infine torna, sale in camera e guarda lui, nudo sul letto e su un fianco.

CRITICA

"Una storia nello stile della letteratura latinoamericana che sovente non è realistico-cronologica come la narrativa dell'Europa meridionale né cupo-fantastica come quella dell'Europa centrosettentrionale: procede invece per accensioni, emozioni, tensioni, per simbiologie, dilatazioni, metafore. (...) L'uso di musica nobile, elevata, risulta eccessivo. Il film molto riuscito ha avuto in Brasile un successo importante, è stato presentato a vari festival internazionali e inaugura in Italia l'attività della nuova società di distribuzione Teodora Film". (Lietta Tornabuoni, 'La Stampa', 23 aprile 2000) "Non avesse altri meriti 'Un bicchiere di rabbia' avrebbe quello della brevità: un'ora e un quarto di sesso accesissimo, bravi attori, cinema avventurosamente semplice, filosofeggiare libertino e colto, tenerezza, umanità, brutalità. (...) Abranches, con la collaborazione di Flavio Tambellini, è riuscito nella curiosa e affascinante operazione di dar corpo al fluviale monologo in chiave maschile (con finale brevissimo al femminile) che costituisce il racconto lungo di Raduan Nassar 'Um copo de còlera'. Abranches orchestra questo Kammerspiel tropicale - metà torrido metà cerebrale, metà "hard" metà teatrale, metà denso di citazioni (penso a un Pessoa colto al volo) metà di invenzioni, sempre collegato da un filo logico - con bravura ineguale e qualche incertezza di stile. Ma i suoi attori sono più che bravi. I dialoghi sono letterari ma divertenti, colti ma ironici: una versione sofisticata e feroce delle risse amorose e delle discussioni sull'universo che tutti gli amanti e affini conoscono. E che finiscono spesso nello stesso modo: si fa terra bruciata per ricominciare, la violenza di lui si rivela per quello che è - fragilità - l'ironia di lei cede di fronte alla tenerezza, il gioco di massacro dell'amore riprende. Proibito ai parrucconi e a chi crede che il film debba essere obbligatoriamente facile". (Irene Bignardi, 'la Repubblica', 12 aprile 2000) "Certi titoli sono profetici. 'Un bicchiere di rabbia' lo è per difetto. Perché l'ira che coglie lo spettatore, istigato dai critici snob, dopo questa bufala pseudoerotica brasiliana non può essere contenuta nemmeno in una damigiana. Siamo dalle parti di San Paolo del Brasile, oltre che di Tinto Brass, sperando che il regista veneziano non si offenda per l'immeritato accostamento (...)" (Massimo Bertarelli, 'Il Giornale', 17 aprile 2000)

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