Tracks - Attraverso il deserto2013

SCHEDA FILM

Tracks - Attraverso il deserto

Anno: 2013 Durata: 115 Origine: AUSTRALIA Colore: C

Genere:BIOGRAFICO

Regia:John Curran

Specifiche tecniche:PANAVISION, 35 MM (1:2.35)

Tratto da:ispirato alle fotografie di Rick Smolan e basato sul romanzo autobiografico "Tracce" di Robyn Davidson (ed. Rizzoli, 1984; ripubblicato da Feltrinelli con il titolo "Orme - Una donna, quattro cammelli e un cane nel deserto australiano")

Produzione:SEE-SAW FILMS

Distribuzione:BIM (2014)

ATTORI

Mia Wasikowska nel ruolo di Robyn Davidson
Adam Driver nel ruolo di Rick Smolan
Rolley Mintuma nel ruolo di Eddie
Rainer Bock nel ruolo di Kurt Posel
Robert Coleby nel ruolo di Pop
John Flaus nel ruolo di Sallay
Tim Rogers nel ruolo di Glendle
Lily Pearl nel ruolo di Robyn ragazzina
Daisy Walkabout nel ruolo di Ada
Felicity Steel nel ruolo di Gladdy
Ian Conway nel ruolo di Chilpi
Evan Casey nel ruolo di Evan
David Pearce nel ruolo di David
Jessica Tovey nel ruolo di Jenny
Darcy Crouch nel ruolo di Toly
Brendan Maclean nel ruolo di Peter
Jamie Timony nel ruolo di Bernard
Melanie Zanetti nel ruolo di Annie
Ryan McMillan nel ruolo di Bob
Leah Michele nel ruolo di Niece
Emma Booth nel ruolo di Marg
Steven Parker nel ruolo di Pete
Bryan Probets nel ruolo di Geoff
Vincent Forrester nel ruolo di Vincent
Edwin Hodgeman nel ruolo di Sig. Ward
Carol Burns nel ruolo di Sig.ra Ward
 

SCENEGGIATORE

Nelson, Marion
 
 

SCENOGRAFIA

Doring, Melinda
 

COSTUMISTA

Kerr, Marriott

TRAMA

La scrittrice Robyn Davidson compie un viaggio epico da Alice Spring attraverso il deserto Australiano fino all'Oceano Indiano. Percorrendo 2700 chilometri accompagnata dal suo cane e quattro cammelli, la donna ha affrontato zone selvagge e inesplorate. L'avventura, che ha rivelato la capacità di Robyn di affrontare la solitudine e le condizioni più estreme, è stata ripresa Rick Smolan, fotografo del "New Yorker" e di "National Geographic". Nonostante l'iniziale riluttanza di Robyn per la presenza del fotografo, il rapporto non facile fra due persone molto diverse si trasforma lentamente in un'improbabile e duratura amicizia.

CRITICA

"Che cosa spinge una persona a tentare avventure in solitario fuori dai percorsi e dai tracciati tradizionali? E che cosa spinge un regista a sceglierlo come soggetto di un film, anche quando l'esito non è propriamente un inno al lieto fine? Sarebbe un buon tema per un sociologo con sensibilità cinefile, visto che almeno dopo il successo di 'Forrest Gump' (forse il prototipo dell'eroe antisociale) sembra che chi sfida da solo le convenzioni - del turismo, dello sport, del nomadismo, della fuga tout court - stia conquistando sempre più spazio al cinema. Penso a 'Into the Wild' di Sean Penn che racconta la storia di Christopher McCandless e del suo viaggio alla ricerca della «frontiera» (...). O a '127 ore' di Danny Boyle con James Franco intrappolato sotto una roccia, come una volta le volpi nelle tagliole, a meditare sui limiti dell'individuo, l'attaccamento alla vita e la forza dei ricordi. O ancora, in una dimensione meno realistica, al Robert Redford di 'All Is Lost', al François Clouzet di 'In solitario'. (...) Alla schiera si aggiunge ora Robyn Davidson, australiana adesso sessantatreenne, che a 27 anni non ancora compiuti decise di attraversare una parte del deserto australiano, 2.700 chilometri, da Alice Springs alla costa occidentale, con la sola compagnia di un cane e di quattro dromedari. Nove mesi di viaggio tra le dune del deserto, senza una vera ragione se non la voglia di fuggire dalle persone e dalle loro chiacchiere (...), arrivando a rischiare la vita senza un vero perché. Allora il resoconto del viaggio finì sulle pagine del National Geographic Magazine (...) ed ebbe un tale successo che la Davidson ne scrisse un libro poi molto popolare, 'Tracks' appunto, diventato l'anno scorso un film in concorso a Venezia (...). Il lavoro di John Curran, sceneggiato da Marion Nelson, segue linearmente le vicende e il libro che le narra (...) Come va a finire è noto (...), quindi non ci può essere suspense nel film. Al massimo ci si può appassionare alla performance di Mia Wasikowska (...). La Davidson della Wasikowska non è mai attraversata da rovelli interiori, retro pensieri, angosce nascoste: a volte si interroga su quello che sta facendo, ma solo per trovare il modo per andare avanti, per risolvere l'ostacolo che ha davanti. La sua è un'interpretazione tutta di «superficie» (che non vuol dire certo superficiale), anti Actor's Studio, dove il corpo sembra venire prima della mente, e la fatica precede la riflessione. E così alla fine il film non svela nessun mistero, non offre nessuna risposta. Ha solo seguito il viaggio stremante e avventuroso di una ventisettenne e dei suoi quattro dromedari (...), sforzando di restituirlo in tutta la sua affascinante e dolorosa bellezza. Qualche volte si ha la sensazione che il fascino delle immagini la vinca su tutto (...), altre volte la testardaggine e la determinazione della protagonista ti fanno sentire il bisogno di qualche spiegazione psicoanalitica, ma poi si finisce per accettare questo sguardo «oggettivo» e rispettoso. Se non ce lo vuole dire lei il mistero della sua vita, perché dovremmo pretendere di svelarlo noi?" (Paolo Mereghetti, 'Corriere della Sera', 28 aprile 2014) "Su una storia analoga, con 'Into the Wild' Sean Penn era riuscito a fare un gran film. John Curran si accontenta di meno. Il suo 'Track' si distende su una narrazione troppo lineare, interrotta da poche varianti (qualche flashback che spiega succintamente il passato dell'eroina, un aborigeno che le fa da guida per un tratto...) nonché commentata da una musica invadente e dalla voce-over della viaggiatrice, non indispensabile per aiutarci a capire quel che succede. La penuria di drammaturgia finisce per rendere monotono il viaggio, a onta degli sforzi di Curran per stupirci con immagini estetizzanti del deserto australiano." (Roberto Nepoti, 'La Repubblica', 1 maggio 2014) "'Tracks' (...) non è un 'Into the Wild' al femminile, semmai ne è il suo rovescio. Infatti non si conclude con la morte ma con la rinascita della protagonista (l'ottima Mia Wasikowska, un po' adolescenziale per la parte), che aveva ragioni molto personali per intraprendere un'avventura simile. La Davidson aveva già rievocato tutto in un bel libro, 'Orme' (pubblicato da Feltrinelli). Ma Curran, pur non uscendo mai dalle convenzioni del cinema ben fatto (molto ben fatto), riesce a restituirci un senso dell'avventura ormai fuori corso. E illumina questo viaggio, che è anche e soprattutto interiore, con una finezza, un rispetto, un'eleganza assai poco comuni nelle grandi produzioni. Riportandoci anche verso quella che fu l'ultima epoca in cui era possibile ribellarsi senza necessariamente finire sotto i riflettori del villaggio globale. Bei tempi. Alla fine il sentimento dominante del film non è l'avventura. È la nostalgia." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 1 maggio 2014) "Oggi nota scrittrice e antropologa, nel 1977 Robyn Davidson era una giovane donna che «non sentendosi di casa da nessuna parte» decise di perdersi nella solitudine di quel nowhere che è il deserto. Ispirandosi al suo libro 'Tracks' (...) il cineasta americano John Curran ha realizzato un film girato nei luoghi veri con una troupe tutta «aussie». Dove spicca la direttrice di fotografia Mandy Walker che per la chiave visiva si è ispirata al reportage con cui Rick Smolan (Adam Driver), su incarico di National Geographic, immortalò momenti salienti del viaggio. Ma lungi dal correre il rischio di sembrare un documentario commissionato dalla prestigiosa rivista, 'Tracks' immerge nella suggestione di un paesaggio e di una cultura (l'aborigena) ancestrale suggerendo l'idea di un'avventura interiore. Molto si deve alla concentrata interpretazione di Mia Wasikowska, molto a un regista capace di restituire il meglio dello spirito Anni Settanta: niente telefonini e internet, niente paura del futuro, e una gran voglia di inventarsi la vita." (Alessandra Levantesi Kezich, 'La Stampa', 1 maggio 2014) "L'autobiografica vicenda di Robyn Davidson (...) è ricostruita dal regista americano trasferitosi tra gli aussies Curran senza troppi abbellimenti e con il minimo di retorica indispensabile facendo sì che la protagonista appaia spesso più fanatica che eroica, più egoista che intrepida. (...) si può riscontrare qualche affinità con 'Into the Wild' (2007), il film di ben maggiore livello dedicato da Sean Penn alla figura del giovane americano che vagabondò sino alla morte per intransigente spirito di ribellione alle consuetudini della società urbanizzata e consumistica. La tenuta di 'Tracks' finisce, in definitiva, per dipendere dall'immedesimazione della Wasikowska, un'attrice giovane ma già esperta, che si cala nella parte con una determinazione impressionante, capace di trasmettere una fisicità ruvida, autosufficiente e un po' animalesca come richiede il rapporto con la natura selvaggia che costantemente la circonda. Robyn, sulla falsariga di un passato doloroso, ha un solo quanto ossessivo desiderio, attraversare a piedi il desertico bush australiano da Alice Springs all'Oceano Indiano con l'unica compagnia di tre cammelli (tra cui una femmina incinta) e un cane (...). Purtroppo, però, il film (...) non fa mai un passo avanti preferendo abbandonarsi sempre più all'abc psicologico, qualche superfluo fatterello e l'inevitabile inchino alla primordiale nobiltà degli aborigeni. Così l'impresa resta epica, ma il film ripiega nel canone ecologico-estetizzante." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 1 maggio 2014) "Il regista americano John Curran conosce bene l'Australia e il suo fascino per essersi ivi trasferitosi anche lui negli anni Settanta. Questa vicinanza emotiva non lo ha aiutato a prendere la giusta distanza e non gli ha evitato di cadere nel tranello dell'estetismo da viaggio, con grande messa di tramonti svaporati. Il richiamo 'Into the Wild' è sempre forte e presente, ma spesso in questo genere di film quello che non si riesce mai a trasmettere è proprio l'ignoto movente che porta una persona ad affrontare in solitaria l'ignoto stesso nel cuore della selvaggia natura. Curran rimane sulla superficie e ogni tanto per dare spessore alla narrazione cade nella buca del ritratto psicologico evocato da qualche allucinazione visiva uditiva che fa riemergere un momento del passato reo di aver indotto il malcapitato nell'insano proposito di perdersi da solo nel mezzo del deserto." (Dario Zonta, 'L'Unità', 1 maggio 2014) "'Tracks' mette in scena la storia sulla base del libro che ha scritto Robyn a Londra, mentre era ospite di Doris Lessing, dopo che il servizio del National Geographic aveva suscitato un forte interesse. Per Robyn accettare che nel suo lungo viaggio debba ogni tanto incontrare il fotografo è quasi uno smacco, ma è il prezzo da pagare per conseguire il suo obiettivo, costruito con due anni spesi accudendo cammelli per imparare come rapportarsi a quegli animali e per prendere confidenza con le asperità del deserto. Si soffre con lei durante il viaggio, si sta sulle spine per quel momento di necessità sessuale animalesca che riesce a soddisfare con la collaborazione dell'unico essere umano che può arrivare a sapere dove sia. Poi ci sono gli aborigeni, con le loro terre sacre, i loro riti, pronti però a riconoscere Robyn come una di loro seppure diversa, quindi complici nel darle una mano, nel consentirle ciò che per altri è precluso, con una tenerezza e una comprensione lontana dalla nostra presunta civiltà. Maestri di vita. Lungo il cammino dovrà dire addio al suo cane, superare prove durissime, sfiorare la follia, ma alla fine, dopo nove lunghissimi mesi l'acqua dell'oceano sarà lì, davanti a una festante Robyn, immortalata da Rick che l'ha raggiunta appositamente. Molti tentativi erano stati fatti per tradurre 'Tracks' in film, rutti falliti. Poi sono arrivati John Curran e soprattutto Mia Wasikowska per concretizzare il progetto. Lei, attrice australiana con trascorsi hollywoodiani (indimenticabile Alice per Tim Burton) si è fiondata in una produzione difficile per un film ostico e una storia borderline. Praticamente una sfida, forse non così estrema come quella della vera Davidson, ma comunque molto impegnativa e ricca di implicazioni. E alla fine la sua sfida personale è stata vinta, con la stessa caparbietà e sensibilità femminile del personaggio che interpreta, perché riesce davvero a far vibrare lo spettatore che prova un'empatia particolare, pur sapendo che ci sarà il lieto fine perché così è davvero finita la storia. E accanto a lei Adam Driver, giovane fotografo chiamato a supportare l'inarrestabile giovane donna impegnata nell'impresa della vita. Testimone di qualcosa che, nel suo ambito, farà storia." (Antonello Catacchio, 'Il Manifesto', 1 maggio 2014) "Dopo il paese delle meraviglie di Tim Burton, Mia Wasikowska riscopre le durezze della sua Australia, nello specifico l'Outback. Sulle spalle una storia vera, quella della temeraria Robyn Davidson (la sua autobiografia è 'Tracce', Rizzoli), che a fine anni '70 percorse 2700 kilometri a piedi in nove mesi, accompagnata da un cane e quattro cammelli, da Alice Springs all'Oceano Indiano. (...) l'illustrazione è magniloquente, le immagini mooolto belle, l'oleografia non è un miraggio. E proprio la storia cela il tranello, perché Robyn si pagò l'avventura con quattromila dollari del National Geographic, che le mise alle calcagna il fotografo Rick Smolan (Adam Driver): ebbene, lo stile patinato del celebre magazine conquista pure il film, che pastorizza Robyn, aborigeni e natura in un presepe senza Epifania." (Federico Pontiggia, 'Il Fatto Quotidiano', 1 maggio 2014) "(...) formidabile, ben guidata dalla sceneggiatura Mia Wasikowska (...). Western di cammelli, aborigeni mistici, estremismo della resistenza, liberazione intima, paesaggi e colori da cineclassic, è un po' illustrato invece che ricreato. Spazioso." (Silvio Danese, 'Nazione - Carlino - Giorno', 1 maggio 2014) "Piacerà a chi vuol lustrarsi la vista colle più belle vedute degli Antipodi mai passate su uno schermo. Mia Wasikowska non è Julia Roberts (la primissima scelta) ma proprio per il suo aspetto di 27enne qualunque è più adatta (se non più brava) ad esprimere l'apparente normalità dell'eroina." (Giorgio Carbone, 'Libero', 1 maggio 2014) "Dopo il passaggio a Venezia, arriva nelle sale un film che fa a pugni con i blockbuster. Tratto da una storia vera, racconta il viaggio compiuto, nel '77, da Robyn Davidson, animata da voglia di solitudine e sfida, attraverso il deserto australiano, per 2700 chilometri. In un ambiente così spazioso, la donna è alla ricerca di una sua interiorità, spesso tormentata. A darle volto, una ottima Mia Wasikowska che conferma di essere una signora attrice, tra scenari mozzafiato." (Maurizio Acerbi, 'Il Giornale', 1 maggio 2014)

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