Toys - Giocattoli1992

SCHEDA FILM

Toys - Giocattoli

Anno: 1992 Durata: 129 Origine: USA Colore: C

Genere:ALLEGORICO

Regia:-

Specifiche tecniche:-

Tratto da:-

Produzione:MARK JOHNSON PER BALTIMORE PICTURES

Distribuzione:FOX (1993)

TRAMA

Kenneth Zevo impiantò la fabbrica con la ferma convinzione che per realizzare balocchi riusciti, chi li costruisce deve divertirsi lavorando. E suo figlio Leslie, che ha recepito il messaggio paterno, prende sul serio una sola massima: "Mai prendere nulla sul serio!". Mentre se ne va a zonzo per la fabbrica con indosso un cappotto canticchiando in diverse lingue, egli osserva raggiante la splendida realizzazione di un sogno che il padre ha coltivato per tutta la vita: "divertimento a portata di mano per tutti". Il padre, morente, lascia la direzione della fabbrica al fratello, il generale Leland Zevo, un guerrafondaio che pensa di realizzare videogames e moderne armi giocattolo per soppiantare il reale armamentario bellico degli Stati Uniti. Ma Leslie, con l'aiuto della sorella Alsatia, di Gwen e del cugino e dei giocattoli vecchi, sgominerà il folle piano. "Non ha la minima idea di quanto sia precario il mondo", dice Robin Williams del personaggio che interpreta in "Toys", ultima fatica registica di Barry Levinson. "O di quanto facilmente un giocattolo possa trasformarsi in qualcosa di diverso..." "Nel corso degli anni - aggiunge Barry Levinson - mi sono sentito chiedere se "Toys" fosse un film antimilitarista. La risposta è implicita nella premessa: un generale assume il controllo di una fabbrica di giocattoli. Sinora ha giocato con grossi giocattoli. Adesso si trova circondato da giocattolini. Ma "Toys" non si limita a questo. Ha più l'impronta di un racconto ammonitore. Guardo con timore al giorno in cui la generazione del Nintendo verrà a contatto con le pratiche della guerra computerizzata di domani, dove tutto diventa un gioco - l'estrema perversione dell'innocenza - o, per usare le parole del generale: "la guerra senza coscienza".

CRITICA

Una favola stravagante e sconcertante, estranea ad ogni genere cinematografico corrente. Una fiaba pacifista, talmente strana e sgangherata, così ricca di splendore figurativo, da diventare ammaliante. (Lietta Tornabuoni, "La Stampa", 01 maggio 1993)

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