Ti do i miei occhi2004

SCHEDA FILM

Ti do i miei occhi

Anno: 2004 Durata: 106 Origine: SPAGNA Colore: C

Genere:DRAMMATICO, FAMILY, SENTIMENTALE

Regia:Icíar Bollaín

Specifiche tecniche:35 MM

Tratto da:-

Produzione:ALTA PRODUCCIÓN, PRODUCCIONES LA IGUANA S.L.

Distribuzione:LUCKY RED

ATTORI

Laia Marull nel ruolo di Pilar
Luis Tosar nel ruolo di Antonio
Candela Peña nel ruolo di Ana
Rosa Maria Sardà nel ruolo di Aurora
Kiti Manver nel ruolo di Rosa
Sergi Calleja nel ruolo di Terapista
Elisabet Gelabert nel ruolo di Lola
Nicolas Fernandez Luna nel ruolo di Juan
Chus Gutiérrez nel ruolo di Raquel
Dave Mooney nel ruolo di John
Elena Irureta nel ruolo di Carmen
 
 
 

SCENOGRAFIA

Molero, Víctor
 
 

TRAMA

Pilar fugge di casa con il figlio Juan e una valigia mezza vuota. Antonio senza di lei è perduto, per lui Pilar è il sole, la luce, l'unica donna della sua vita, ma per lei l'amore e la protezione di Antonio rappresentano il suo terrore più nero. Una storia d'amore, di paura e di potere, in cui la passione è più forte di ogni sofferenza.

CRITICA

"Il bellissimo film spagnolo 'Ti dò i miei occhi', amato da critica (7 premi Goya) e pubblico, racconta come si spegne un amore, secondo gli occhi attenti di Iciar Bolain, ex attrice madrilena. Ha l'ardore del melò frenato dalla consapevolezza, è un racconto che prende al cuore e alla gola grazie a due protagonisti strepitosi sul cui volto si legge tutto, proprio tutto, vulnerabili entrambi. Prototipo di un fenomeno di costume assai vasto, il film va oltre la denuncia, è la radiografia della doppiezza dei sentimenti, della paura, del gotico che si annida non solo in El Greco ma in tutti noi." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 24 aprile 2004) "Con una storia simile era facile cadere nel ricatto del film che non mostra ma dimostra. La Bollain e i suoi attori invece, straordinari per verità e vulnerabilità, lui quanto lei, riescono a esplorare tutti i punti di vista, i doppifondi, le trappole di una vicenda che coinvolge l'intera famiglie, di lei e di lui, restando incerta fin quasi alla fine. E il film smonta con precisione clinica le dinamiche della rabbia maschile, la paura nascosta dietro le crisi distruttive, l'autodisprezzo, le fantasie di abbandono, i tentativi frustrati in partenza di tenere il partner sotto controllo. Usando al meglio anche Toledo con i suoi tesori d'arte e il nuovo lavoro di Pilar, guida turistica nei musei. Un cambiamento che potrebbe riavvicinarli, forse unirli in un sogno comune, e invece accentua il gap culturale precipitandoli in una crisi definitiva. Morale: ai maschi, anche in platea, resta la rabbia per un cambiamento solo annunciato. Alle donne le speranza in un futuro diverso, perché pian piano Pilar reagisce, alza la testa inizia a capire qualcosa di sé (e di sua madre, suo padre, sua sorella). La solitudine non è il peggiore dei mali." (Fabrizio Alò, 'Il Messaggero', 23 aprile 2004) "Soprattutto merito del film è di non mostrare né spiegare troppo. Né all'inizio né dopo vediamo altro che i segni lasciati sulla casa tutta sottosopra o una tensione fatta più di sguardi e parole che di gesti violenti. Senza preamboli e didascalie si introduce il fatto che Antonio va a sottoporsi a terapia psicologica di gruppo, presa con serio impegno e tuttavia di scarsa efficacia. E così via. Non tanto opera di denuncia quanto variazione sul mistero dell'amore." (Paolo D'Agostini, 'la Repubblica', 24 aprile 2004)

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