The Tracker2002

SCHEDA FILM

The Tracker

Anno: 2002 Durata: 95 Origine: AUSTRALIA Colore: C

Genere:DRAMMATICO

Regia:Rolf de Heer

Specifiche tecniche:35 MM (1:2.35)

Tratto da:-

Produzione:ROLF DE HEER E JULIE RYAN PER VERTIGO PRODUCTIONS PTY. LTD.

Distribuzione:FANDANGO

ATTORI

David Gulpilil nel ruolo di La guida
Gary Sweet nel ruolo di Il fanatico
Damon Gameau nel ruolo di Il segugio
Grant Page nel ruolo di Il veterano
Noel Wilton nel ruolo di Il fuggitivo
 

SOGGETTO

de Heer, Rolf
 

SCENEGGIATORE

de Heer, Rolf
 

MUSICHE

Tardif, Graham
 

MONTAGGIO

Nehme, Tania
 

SCENOGRAFIA

Freeman, Beverly
 

COSTUMISTA

Freeman, Beverly

TRAMA

Australia, 1922. Tre poliziotti a cavallo guidati da un aborigeno inseguono un fuggitivo nell'outback australiano. Ben presto cominciano i dissidi quando i tre uomini si rendono conto che il vero capo è la guida aborigena. Ci si interroga allora su cosa voglia dire nero e cosa bianco mentre la spedizione diventa sempre più pericolosa.

CRITICA

"'The Tracker', di Rolf de Heer, è una ballata western di sapore brechtiano che rievoca un intero genocidio con un pugno di comparse e cinque protagonisti. Chiaro che il servo dei bianchi fa il doppio gioco e prepara la sua rivincita sopportando punizioni inique e massacri di aborigeni inermi. Ma de Heer distanzia la materia incandescente del racconto commentando l'azione con una serie di canzoni. E 'congelando' le scene più efferate nei colori violenti di quadri a olio dipinti per l'occasione. Così, mentre piovono lance dal nulla e i bianchi si fanno la guerra anche fra di loro, la legge degli aborigeni, che è rispetto della Natura e comprensione delle sue diverse scale, dalla polvere al cosmo, si impone su quella dei bianchi sopraffattori. Un gioiello che inaugura una nuova tendenza per il cinema degli antipodi, ma ci ha messo 20 anni a trovare un produttore". (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 27 settembre 2002) "Come in tutti i viaggi che hanno come fine morale e conoscenza, partendo da 'Ombre rosse', 'The Tracker' mostra eccidi e dubbi, mette in discussione valori, polemizza col razzismo di ogni grado, come in una ballata contro il genocidio dalla morale nobilmente didascalica. Infatti le canzoni di commento e i quadri a olio fatti per l'occasione sono un modo brechtiano per prendere le distanze dalle emozioni, ottime e abbondanti". (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 28 settembre 2002) "Il western di de Heer non possiede la ricchezza e la complessità inquietante della pellicola di Hellman. La sua essenzialità voluta e ricercata, quasi primigenia, molto interessante sulla carta perché riaffacciata su un universo classico andato perduto, gli si ritorce un po' contro: a volte si sente 'la scuola', un certo didascalismo noioso che allontana gli eventi dal cuore degli spettatori. Ed è un peccato perché le figure umane risultano leggermente distanti per coinvolgere". (Pier Maria Bocchi, 'Film Tv', 6 ottobre 2002) "L'idea stilistica è suscitare una sorta di lentezza implacabile della crudeltà per scandire il tempo del viaggio all'inseguimento di un fuggiasco innocente come un tempo mitologico, fermato nella storia di quel paese. Richiede un certo abbandono che, nel fascino della cadenza, prevede anche l'insofferenza e la noia. Interessante". (Silvio Danese, 'Il giorno', 27 settembre 2002)

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