The Eichmann Show - Il processo del secolo2015

SCHEDA FILM

The Eichmann Show - Il processo del secolo

Anno: 2015 Durata: 90 Origine: GRAN BRETAGNA Colore: C

Genere:DRAMMATICO

Regia:Paul Andrew Williams

Specifiche tecniche:-

Tratto da:-

Produzione:FEELGOOD FICTION, BRITISH BROADCASTING CORPORATION (BBC)

Distribuzione:LUCKY RED (2016)

ATTORI

Martin Freeman nel ruolo di Milton Fruchtman
Anthony LaPaglia nel ruolo di Leo Hurwitz
Rebecca Front nel ruolo di Sig.ra Landau
Zora Bishop nel ruolo di Eva Fruchtman
Andy Nyman nel ruolo di David Landor
Nicholas Woodeson nel ruolo di Yaakov Jonilowicz
Ben Lloyd-Hughes nel ruolo di Alan Rosenthal
Ben Addis nel ruolo di Ron Huntsman
Dylan Edwards nel ruolo di Roy Sedwell
Justin Salinger nel ruolo di David Arad
Solomon Mousley nel ruolo di Perry Rudolph
Caroline Bartlett nel ruolo di Judy Gold
Ed Birch nel ruolo di Millek Knebel
Anna-Louise Plowman nel ruolo di Jane Hurwitz
Nathaniel Gleed nel ruolo di Tommy Hurwitz
Vaidotas Martinaitis nel ruolo di Adolf Eichmann
Dziugas Siaurusaitis nel ruolo di Comandante Koppel
Justas Vanagas nel ruolo di Rolf Kneller
Maksim Tuchvatulin nel ruolo di Fred Csasznik
Yitzchak Averbuch nel ruolo di Giudice Landau
Zenonas Masiulis nel ruolo di Stan
 

SCENEGGIATORE

Block, Simon
 

MUSICHE

Rossi, Laura
 
 

COSTUMISTA

Petrulyté, Daiva

TRAMA

Gerusalemme, 1961. Per filmare il processo a uno dei uno dei più feroci criminali nazisti, il produttore televisivo Milton Fruchtman assume Leo Hurwitz, acclamato regista pioniere nell'utilizzo della multi-camera, ma inserito per oltre un decennio nella famigerata lista nera di McCarthy. Giunti a Gerusalemme, Hurwitz e Milton devono superare varie difficoltà tra cui quella di organizzare rapidamente una troupe composta da personale inesperto e soprattutto convincere i giudici a dare loro il permesso di filmare il processo. La pressione è tanta, ma il consenso alle riprese viene accordato e la squadra può piazzare in aula alcune telecamere appositamente nascoste. Nel corso di quattro mesi, i momenti salienti del processo vengono montati velocemente giorno per giorno e inviati tramite corriere in tutto il mondo, dando vita a un incredibile evento mediatico. Gli spettatori delle emittenti televisive internazionali vengono infatti messi a parte per la prima volta delle sconvolgenti testimonianze dei sopravvissuti all'Olocausto osservando, allo stesso tempo, l'imputato Adolf Eichmann rimanere impassibile e non mostrare alcun pentimento per quanto compiuto dichiarandosi «non colpevole» e di «avere solo eseguito degli ordini» ai quali non poteva sottrarsi.

CRITICA

"Che ruolo hanno avuto la radio e la tv sulla comprensione della Shoah, in Israele e nel mondo? Per molti israeliani il processo Eichmann (aprile 1961), le cui udienze furono trasmesse in diretta, fu il primo contatto ravvicinato con l'Olocausto. In precedenza il loro approccio era stato caratterizzato da una incomprensione di fondo sull'ampiezza della tragedia e sulla terribile esperienza vissuta dai superstiti. Quell'evento, raccontato per la prima volta dalla tv, rappresentò una svolta nella memoria collettiva. Il processo ad Adolf Eichmann fu un momento drammatico per Israele e non solo. Basti pensare ai resoconti che Hannah Arendt scrisse per il New Yorker (raccolti poi nel libro 'La banalità del male') dove si sosteneva la «terribile normalità» della burocrazia nazista, capace di commettere le più grandi atrocità che il mondo avesse mai visto in nome di una cieca obbedienza. Il Male che Eichmann incarnava appariva alla Arendt «banale», e perciò tanto più terribile, perché i suoi servitori erano grigi impiegati. Il film 'The Eichmann Show' racconta appunto il ruolo che la tv ebbe nell'elevare questo processo a una sorta di presa di coscienza collettiva (è anche un piccolo trattato sulle riprese tv). (...) Ben 37 Paesi (tra cui Usa, Francia, Inghilterra, Australia, Argentina...) vollero mandare in onda quelle registrazioni. Soprattutto in Israele, la tv svolse un ruolo catartico, liberatorio: di fronte allo shock delle immagini, la popolazione si confrontò con se stessa e soprattutto con i sopravvissuti. I «salvati» non avevano voglia di parlare, non amavano raccontare la loro terribile esperienza, anche perché avevano la sensazione di non essere creduti. Gli scampati alla Shoah si coprivano con la camicia i numeri impressi a fuoco sulle braccia. Si sentivano «ebrei sconfitti» al confronto dei «pionieri» che apparivano invece come «ebrei vincenti». Queste anime così diverse che avevano vissuto la tragedia in maniera tanto dissimile riuscirono in un'aula di tribunale a esprimere insieme, per la prima volta dal 1948, un vero spirito unitario. Ci vollero quelle immagini televisive perché anche gli «altri» cominciassero a credere. Da allora, la tv, non diversamente dal cinema, ha assunto sempre più la duplice veste di fonte e strumento di narrazione storica. Se il Novecento è stato definito il secolo «della testimonianza», questo si deve alla sempre più massiccia e pervasiva presenza dei mezzi di comunicazione di massa che affiancano, registrano e, talvolta, si pongono al centro della vita politica e culturale delle società tardomoderne. Dal processo Eichmann, la tv diventa il luogo di dispiegamento - reale, simbolico o meramente retorico - dei fatti storici, che non possono sottrarsi all'occhio della pubblica visibilità (sebbene, ovviamente, il mito della visibilità totale lasci fuori ampi coni d'ombra). Le trasmissioni televisive cominciano a incidersi nella memoria collettiva, raggiungendo una grandissima audience, intervenendo direttamente sul contesto in cui la storia stessa si realizza. La tv diventa «agente di storia». 'The Eichmann Show' ci fa rivivere i quattro mesi del processo e la difficoltà delle riprese, anche dal punto di vista morale. Spesso l'etica (mostrare anche le fasi più noiose del dibattimento) si scontrò con l'estetica: drammatizzare il male attraverso i primi piani dell'imputato. Ma quelle immagini scioccarono il mondo per l'evidente mancanza di rimorso del colpevole." (Aldo Grasso, 'Corriere della Sera', 23 gennaio 2016) "In Israele il processo andava in diretta, trasmesso dalla radio. Nel resto del mondo le immagini televisive arrivavano con lo scarto di qualche giorno, il tempo necessario a spedire i nastri magnetici per posta aerea da Gerusalemme, e poi doppiarli, sottotitolarli. Fu l'evento mediatico del 1961, nonostante la concorrenza della prima missione spaziale sovietica (quella che spedì in orbita il cosmonauta Yuri Gagarin) e a dispetto dell'inasprirsi della crisi a Cuba. (...) Operazione impeccabile dal punto di vista giuridico, ma potenzialmente disastrosa sul piano degli ascolti. Sì, perché il processo era una trasmissione televisiva come mai ne erano state realizzate in precedenza, ma pur sempre una trasmissione televisiva restava. Soggetta alla conta degli spettatori, sempre in bilico tra costi e ricavi. È su questa ambiguità che insiste 'The Eichmann Show' (...). Quelle del processo Eichmann sono fra le riprese televisive più famose nella storia dei media, ma la loro genesi rimane relativamente poco conosciuta. Ed è proprio questo il retroscena indagato da 'The Eichmann Show', dove si ricostruiscono con abbondanza di particolari le vicende e le personalità di quanti furono impegnati nell'impresa. (...) Oggi, a oltre mezzo secolo di distanza, viene da domandarsi se la televisione sia ancora in grado di intervenire con la stessa forza e con immutata integrità morale. Per rispondere, però, ci sarebbe bisogno di istruire un altro processo." (Alessandro Zaccuri, 'Avvenire', 22 gennaio 2016) "(...) rigorosa ricostruzione meta-cinematografica che fa dello sguardo (s)oggetto il suo nucleo vitale. Senza abusare di fastidiose retoriche, il film fissa il proprio punto di vista sui protagonisti Milton Fruchtman (Freeman) il produttore dello show e Leo Hurwitz (LaPaglia) il regista da lui incaricato di organizzare le riprese: due uomini qualunque chiamati a 'mostrare' al mondo il Male assoluto, con le conseguenze che la Storia conosce." (Anna Maria Pasetti, 'Il Fatto Quotidiano', 21 gennaio 2016)

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