The Counselor - Il procuratore2013

SCHEDA FILM

The Counselor - Il procuratore

Anno: 2013 Durata: 111 Origine: USA Colore: C

Genere:THRILLER

Regia:Ridley Scott

Specifiche tecniche:RED EPIC, REDCODE RAW (5K), 35 MM/D-CINEMA (1:2.35)

Tratto da:-

Produzione:RIDLEY SCOTT, NICK WECHSLER, STEVE SCHWARTZ, PAULA MAE SCHWARTZ PER CHOCKSTONE PICTURES, SCOTT FREE PRODUCTIONS, NICK WECHSLER PRODUCTIONS

Distribuzione:20TH CENTURY FOX ITALIA (2014) - DVD E BLU-RAY: 20th CENTURY FOX HOME ENTERTAINMENT (2014)

ATTORI

Michael Fassbender nel ruolo di Procuratore
Penélope Cruz nel ruolo di Laura
Cameron Diaz nel ruolo di Malkina
Javier Bardem nel ruolo di Reiner
Brad Pitt nel ruolo di Westray
Bruno Ganz nel ruolo di Commerciante diamanti
Rosie Perez nel ruolo di Ruth
Dean Norris nel ruolo di Acquirente
John Leguizamo
Natalie Dormer nel ruolo di La bionda
Goran Visnjic nel ruolo di Banchiere
Rubén Blades nel ruolo di Jefe
Sam Spruell
Toby Kebbell nel ruolo di Tony
Édgar Ramírez nel ruolo di Sacerdote
Alex Hafner nel ruolo di Agente di polizia sull'autostrada
Barbara Durkin nel ruolo di Cameriera
César Aguirre nel ruolo di Camionista
Chris Obi nel ruolo di Guardia del corpo di Malkina
Daniel Holguín nel ruolo di Camionista
Dar Dash nel ruolo di Barman
Emma Rigby nel ruolo di Ragazza di Tony
Giannina Facio nel ruolo di Donna al telefono
Paris Jefferson nel ruolo di Cameriera
 

SOGGETTO

McCarthy, Cormac
 

SCENEGGIATORE

McCarthy, Cormac
 
 

MONTAGGIO

Scalia, Pietro
 

SCENOGRAFIA

Max, Arthur
 

TRAMA

Un avvocato cede alla tentazione di entrare in un mondo losco e pericoloso per guadagnare in fretta molto denaro. Ben presto, però, si accorge che un'unica decisione sbagliata può avere conseguenze irreversibili e sconvolgenti. Sebbene il Procuratore sia messo in guardia contro i potenziali pericoli dell'affare a cui si accinge a partecipare, la sua arroganza gli impedisce di fermarsi in tempo.

CRITICA

"I cinici dicono che pare un film di Tony non di Ridley Scott. Un'opera schizzata tra le leggi del thriller (il procuratore che entra senza dilemmi nel traffico di droga) e la scrittura di Cormac McCarthy. Ciascuno dei film ha momenti felici e bizzarri, altri imbarazzanti: sovrana è l'eleganza visiva da stilista non solo di costumi con cast stellare e il grande Fassbender che vive algido una superba scena hot con Cruz tra lenzuola da Magritte." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 16 gennaio 2014) "Michael Fassbender e Brad Pitt, Penelope Cruz e Cameron Diaz, Javier Bardem: con un cast del genere c'era da aspettarsi un film epocale. Tanto più con la direzione di Ridley Scott - regista premiatissimo - e la sceneggiatura del romanziere Cormac McCarthy, impegnato per la prima volta come screenwriter. Invece 'The Counselor' è un petardo bagnato: ha tre o quattro scene sensazionalistiche (...), questo sì; tutto il resto, però, è chiacchiera: puro sentenziare dei vari personaggi (ripresi in interminabili primi piani) intorno alla vita, il destino, le donne, il sesso e quant'altro. Se a Scott, come si sa, piacciono i personaggi femminili forti (vedi 'Thelma e Louise o Ripley), la Malkina di Cameron è una dark lady ai limiti del grottesco. Le altre star fanno del loro meglio: quale sottoutilizzata (Cruz), quale distratta (Pitt). Un vero spreco." (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 16 gennaio 2014) "II grande match: affidare a Ridley Scott una sceneggiatura originale di Cormac McCarthy è un po' come mettere sul ring De Niro e Stallone. Chi picchierà più forte, chi gonfierà più i muscoli, chi le sparerà più grosse? Lo scrittore fornisce situazioni estreme, dialoghi pensosi e bizzarri, personaggi da horror-western contemporaneo che richiamano immancabilmente il miglior McCarthy visto al cinema, 'Non è un paese per vecchi' dei Coen. Il regista ci mette il movimento, lo spettacolo, lo smalto visivo, ma con tale sacro rispetto del copione (Einaudi) fa generare affettazione e freddezza. Risultato: 'The Counselor' (cioè avvocato, non procuratore) giostra fra i massimi sistemi con la leggerezza di un cavaliere medievale in un torneo. Sullo schermo si muovono un avvocato incauto e rapace (Michael Fassbender) che vorrebbe fare affari 'una tantum' coi narcos messicani per regalare diamanti alla fidanzata (Penelope Cruz, unica innocente in campo, protagonista della bella scena d'amore iniziale). Un suo pittoresco e facoltoso amico intossicato di lusso lussuria e altri stupefacenti come ad esempio la caccia col ghepardo (Javier Bardem, che in 'Non è un paese per vecchi' uccideva e taceva, mentre qui sciorina elucubrazioni ginecologico-filosofiche come un Cioran o un Bataille del New Mexico: ma tutti i cattivi del film parlano molto). Un cowboy-mediatore troppo innamorato delle donne e dei completi bianchi, che sembra saperla lunga ma ha ingenuità da pivello (Brad Pitt naturalmente). Una predatrice con tatuaggi animalier che ha il fisico nervoso e la bocca avida di Cameron Diaz (sua la scena cult che la vede accoppiarsi, proprio così, con una rombante Ferrari). Più un manipolo di efficientissimi boss e manovali del crimine, non sempre visibili, come le loro efferatezze, intenti a minacciare, inseguire, uccidere con spettacolare ma gelido professionismo. Peccato che tanto riflettere sulla natura ferma del genere umano, l'immensa forza del vizio e delle debolezze e altri temi da moralisti classici cuciti addosso a scenari da horror -western, non appassioni mai ma resti un esercizio di stile compiaciuto, scostante. E in definitiva piuttosto scontato." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 16 gennaio 2014) "Non pensavo di esser deluso da un film di Ridley Scott, il regista inglese che, nei Settanta, al suo esordio con 'I Duellanti', abbiamo salutato tutti con consensi e premi, da un Oscar a un David di Donatello. È vero, negli Ottanta e nei Novanta, diventato anche produttore insieme con il fratello Tony, non ci ha dato più opere egregie, a parte forse 'L'assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford', con Brad Pitt e Liam Neeson e, nel 2001, 'Hannibal', con Anthony Hopkins, ma il suo nome e la sua giusta fama restano legati negli Ottanta a quella grande fantascienza d'autore che è stato 'Alien', seguito, in cifre simili, anche più elaborate e approfondite, da 'Blade Runner', con Harrison Ford, considerato tuttora un classico della fantascienza tanto da essere accolto nel 'Registro Nazionale del Film' conservato presso la Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti. Adesso, invece, gli si vede firmare una sorta di thriller, con un gratuito preambolo erotico, scritto per lui da quel Cormac McCarthy, autore di romanzi facili, di cui uno solo ha avuto successo sullo schermo, 'Non è un paese per vecchi', per merito però soltanto della regia dei fratelli Coen. (...) Il tutto tra le spire di un racconto che, non tanto per suscitare suspense, brancola tra figure sistemate in fretta al centro di situazioni che si decifrano a fatica, chiarite soltanto, ma alla fine quando bisogna per forza tirare le somme, da delle spiegazioni comunque molto appesantite da un continuo e prolisso filosofare dei personaggi fra loro. Il Procuratore è, con modi asciutti, (salvo quando furiosamente fa sesso) Michael Fassbender, la sua fidanzata è Penélope Cruz, nulla da obiettare, nella parte di una donna cattiva c'è Cameron Diaz, imbruttita, il losco è Javier Barden, la vittima del supplizio ispano-cinese è Brad Pitt, visto in occasioni migliori." (Gian Luigi Rondi, 'Il Tempo - Roma', 16 gennaio 2014) "A dirla in breve il problema di 'The Counselor' è che è esteticamente ricercato e si compiace di esserlo. Metti una sceneggiatura originale di Cormack McCarhty - la prima dell'ottantenne scrittore considerato l'erede di Faulkner e Hemingway - che ne porta intera la firma, vuoi per la tematica vuoi per la preziosità letteraria (messa in risalto dal bell'adattamento di Masolino d'Amico); e affidala a un mago della regia quale il grande Ridley Scott. Aggiungi, a impersonare il protagonista del titolo, un ottimo, attraente interprete come Michael Fassbender, circondato da un gruppetto di divi che si chiamano Javier Bardem, Cameron Diaz, Brad Pitt e Penelope Cruz. Che succede? Succede che segui il film abbagliato. Una suggestiva ambientazione nell'assolato, desertico Texas ai confini del Messico; interni magnificamente caratterizzati, dall'appartamento di Fassbender all'ultra moderna e lussuosa villa di Bardem, proprietario di locali e affarista; e, a fronte, il contraltare di depositi abbandonati e di squallidi alberghetti, abituale rifugio di ribelli e perdenti. E poi i dialoghi succosi, intriganti, persino divertenti mentre preannunciano possibili, anzi incombenti, scenari di torture ed efferati assassini. Ma alla fine che resta? (...) Per spunto e cornice non siamo lontani da 'Non è un paese per vecchi', ma lì c'era la forza di un'ironia che sdrammatizzava; e di un personaggio, lo sceriffo Tom Lee Jones in solitaria lotta contro il Male, in cui era possibile immedesimarsi. Qui c'è il Male e basta, mentre le lunghe tirate filosofiche su vita e morte di certi onniscienti signori del Cartel risultano un artificioso esercizio di stile: come se McCarthy non avesse capito che sullo schermo una parola in meno funziona meglio che una parola in più. Soprattutto quando le immagini possiedono una così dirompente, smaltata qualità visiva e gli interpreti tanta bravura e carisma." (Alessandra Levantesi Kezich, 'La Stampa', 16 gennaio 2014) "(...) Ridley Scott, per cui ormai il carrello è quello dei bolliti, e Sua Maestà scrivente il premio Pulitzer Cormac McCarthy, già abbondantemente saccheggiato dal cinema, da 'Non è un paese per vecchi' dei Coen a 'The Road', e qui sceneggiatore originale per la prima volta. Speriamo sia l'ultima, senza scherzi, perché se Mr. Scott esegue in automatico il suo compitino registico, tributando fedeltà canina al verbo di McCarthy, 'il' romanziere americano inchiostra le 116 pagine dello script, parrebbe, con lo scopino del cesso. Dovrebbe sapere, viceversa, qualcuno dovrebbe averglielo detto, che passando da carta a schermo le battute non suonano uguali: si chiama traduzione, trasposizione, quel che volete, ma 'The Counselor - Il procuratore' non se ne cura. Parentesi: se non bastassero Ridley e Cormac, a far confusione ci si mette pure la nostrana 20th Century Fox, traducendo il titolo con licenza ultra-poetica. In americano, 'counselor' è 'avvocato', e così il doppiaggio appella il personaggio di Fassbender per tutto il film, mentre il sottotitolo opta per 'procuratore': che dire, forse nel nostro Paese pallonaro 'procuratore' paga di più al box office, forse l'exemplum di Ghedini e altri principi del Foro sconfessa qualsiasi apparentamento? Bah. (...) Le atmosfere, il milieu, il mood pescano abbondanti dal pessimismo cosmico di Cormac e tingono di nero disperazione su sfondo ultrapop, ma finiscono per occhieggiare a 'Savages' ('Le belve') della coppia Don Winslow e Oliver Stone, già meritoriamente massacrato dalla critica nel 2012: 'The Counselor' finisce per restituirgli dignità. Perché il sommo Cormac sbaglia quasi tutto: incongruenze evitabili con un mero corso di sceneggiatura per corrispondenza (su tutte, un cavo d'acciaio teso su una statale ore e ore prima che il target passi...), pretenziosità para-filosofiche come se piovesse, digressioni da stroncare nella culla Tristram Shandy e battute da consegnare ai postumi di una sbornia, ovvero precotte: 'La verità non ha temperatura'; istrioniche: 'L'avidità è sopravvalutata. Non la paura'; Pollicine: 'La più piccola briciola pub divorarci' e ma(s)chissime: 'Mi sono sempre piaciute le donne intelligenti, ma è un hobby costoso'." (Federico Pontiggia, 'Il Fatto Quotidiano', 16 gennaio 2014) "Pochi film americani dell'anno scorso sono stati selvaggiamente fatti a pezzi dalla critica come quest'attesissima collaborazione tra Cormac McCarthy e Ridley Scott. Con l'eccezione (tra le firme note) di Scott Foundas ('Variety') e Manohla Dargis ('New York Times'), i critici Usa hanno regalato a 'The Counselor' un trattamento simile a quello riservato nel film dalle cheetah di Cameron Diaz alle loro vittime. Molto spesso con un vocabolario turgido, eccessivo, quasi ispirato da quello che Scott ha scelto per modulare il suo ultimo lavoro. (...) Tempi interminabili, colori ipersaturi, dialoghi fiume, la fotografia patinata che ricorda gli spot dei generi di lusso di venticinque anni fa, la macchina usata in modo insopportabilmente ponderoso (che sia ferma o in movimento), donne bellissime ma un po' tendenti al fanè...: alla fine degli anni ottanta 'The Counselor' sarebbe stato considerato un capolavoro postmoderno. Oggi, la profonda disattualità che sembra aver inferocito tutti (incassi devastanti come le recensioni) diventa l'unico reale punto di interesse del film, la «stranezza» che obbliga lo spettatore ad aggiustare continuamente lo sguardo (dato che la parabola anticapitalistica che forse ci vedeva McCarthy non tiene proprio....). (...) Alla sua prima sceneggiatura originale, McCarthy affida a questi suoi personaggi cifra, flussi interminabili di parole che dovrebbero convogliare in un qualcosa di importante. Ma i dialoghi di McCarthy non sono quelli di Elmore Leonard, Ridley Scott non è suo fratello Tony e, pulp sanguinario per pulp sanguinario, Brad Pitt sembrava divertirsi molto di più in 'Una vita al massimo' ('True Romance'). McCarthy è un autore difficile da tradurre al cinema. Persino i fratelli Coen hanno smorzato un po' la loro imperturbabile 'coolness' adattando 'Non è un paese per vecchi'. Solo James Franco, per ora, è riuscito ad affrontarlo in modo libero, anticonvenzionale nel suo 'Child of God'. In 'The Counselor', non aiuta la sceneggiatura piena di sé un regista pieno di sé come Scott, che invece di scavare nel vorticoso testo per dargli forma, scolpirlo, tirarne fuori la forza, opta per un'adesione fotografica alla pretenziosità del tutto. Il risultato è un film non riuscito, ma anche una trance così radicalmente controtendenza che vale il prezzo del biglietto." (Giulia D'Agnolo Vallan, 'Il Manifesto', 16 gennaio 2014) "Tra le mani un nuovo libro di Cormac McCarthy, l'autore di 'Non è un paese per vecchie', 'La strada' e la 'Trilogia della frontiera'; negli occhi il nuovo film di Ridley Scott, il regista di 'Blade Runner', 'Alien', 'II gladiatore', 'Prometheus'... L'ultimo libro di McCarthy non è un romanzo, ma una sceneggiatura, il film di Scott ne è l'adattamento. Cosa c'entra l'universo americano di colpa e destino di McCarthy, spesso pervaso di inquietudini religiose, con l'eclettismo inglese di Ridley Scott, da sempre sensibile alle tematiche creazioniste (a partire da 'Blade Runner' fino a 'Prometheus')? Insomma una strana coppia che sulla carta non sembrerebbe intendersi. Il fatto è che invece si sono scelti, ma crediamo non trovati. Corman McCarthy non solo ha scritto con 'The Counselor' la sua prima sceneggiatura cinematografica, ma ha anche partecipato alla realizzazione del film nelle vesti di produttore. Molta voce in capitolo, quindi. Ora, chi conosce la letteratura di McCarthy sa bene a quali vette può arrivare, sa bene qual è la potenza dei suoi dialoghi. E' difficile poter ravvisare lo stesso tenore nei dialoghi, tantissimi, presenti nel film 'Il procuratore'. La storia del cinema soprattutto hollywoodiano è tappezzata di scrittori appesi al chiodo della loro specifica ambizione cinematografica. È come se il «Dostoevskij d'America», com'è stato definito, avesse sentito il peso della scrittura per il cinema, come anche la sua esigenza di sintesi. Dialoghi in cui l'intenzione pesa come un macigno, senza il respiro di una storia che ha potuto largheggiare nello spazio della fantasia letteraria, quella propria di questo autore. Ridley Scott poi non sembra il regista adatto per esaltare le corde di questa storia di confine, di droga, di avidità, di spietatezza, di ricchezza, di stupri, di violenze e di morte. Ciudad Juarez è l'epicentro di una dannazione senza fine che miete migliaia di cadaveri all'anno, comprese ragazze innocenti, oggetto di giochi orrendi dei signori del narcotraffico. In questo contesto di assoluta perdizione si muove un manipolo di «manigoldi» resi algidi da attori stellari (...) che fanno di tutto per ricordarci il loro status d'eccezione per una storia che vorrebbe essere eccezionale, ma non lo è." (Dario Zonta, 'L'Unità', 16 gennaio 2014) "Piacerà agli ammiratori di Cormack McCarthy, certamente. A quasi 80 anni l'autore di 'Non è un paese per vecchi' (uno dei primi cinque letterati d'America, secondo autorevoli classifiche) ha deciso di provarsi come sceneggiatore. 'The Counselor' non nasce per una volta come romanzo, ma come «screenplay» inviato quasi per gioco ai produttori di 'The Road'. Il passaggio non è arbitrario. Cormack non è mica Scott Fitzgerald (che faceva pena come screenwriter alla MGM), anzi è ritenuto da sempre il più cinematografico dei letterati d'America viventi. Perché non ha fronzoli, è secco, brutale, non si innamora della bella pagina. I suoi libri ti bruciano nelle mani come quelli di Hammett e Chandler. 'The Counselor' è cormackiano fin dalle virgole. A cominciare dai personaggi, lavorati stupendamente. E stupendamente recitati. Oltre a Fassbender, a Pitt a Penelope Cruz (la donna del «counselor») metteteci anche gli sconci Javier Bardem e Cameron Diaz (dark lady che va in orgasmo strusciandosi a una fuoriserie). E poi il tema favorito di Cormack. Il Paese (a Nord e a Sud della frontiera) che non solo non è più per vecchi, ma per chiunque ci si avventuri senza la chiara idea a che cosa va incontro. E se uno non l'ha chiara (come Fassbender, come il Josh Brolin dei 'Vecchi') si caccia in una trappola senza scampo, anche se per uscire si batterà con coraggio belluino. Certo, non ci troviamo di fronte a un McCarthy al massimo. Cormack è un mostro di bravura, ma rimane sempre un letterato prestato al cinema. Per azzeccare il film super gli occorre il super regista, l'animale cinematografico in grado di trasformare la pagina in fotogramma. Coi fratelli Coen ('Non è un paese per vecchi') era andata da Dio. Con Ridley Scott, meno. Ridley gli è quasi coetaneo (classe 1939) la sua ispirazione non è più quella dei tempi belli ('Blade Runner'). Gli rimane un gran mestiere che gli consente di tenere abbastanza alto il quoziente spettacolare. Ma al prodotto memorabile non è più in grado di accedere. I cormackiani sono avvertiti." (Giorgio Carbone, 'Libero', 16 gennaio 2014) "Eccitante, crudo poliziesco di Ridley Scott: gran ritmo, nonostante qualche chiacchiera di troppo, e tensione adeguata." (Massimo Bertarelli, 'Il Giornale', 16 gennaio 2014)" "L'autore Cormac McCarthy è lo stesso, scomodo e crudo, di 'The Road' (Premio Pulitzer 2007) e di 'Non è un paese per vecchi' (la cui versione in film ha fruttato 4 Oscar ai fratelli Coen). Il regista è quel Ridley Scott entrato ormai nell'empireo di Hollywood per titoli come 'Alien', 'Blade Runner', 'Black Rain', 'Thelma & Louise', 'Il gladiatore'. A tutto ciò si aggiunga un cast strepitoso in cui spiccano i nomi di Javier Bardem, Penelope Cruz, Brad Pitt, Cameron Diaz e Bruno Ganz a fare da corona al magnetico protagonista Michael Fassbender ('Shame', 'X-Men'). Ecco tutti i motivi che fanno di 'The Counselor - Il procuratore' uno dei film più attesi del primo scorcio di questo 2014. (...) Film duro, che non richiede solo maturità di giudizio, ma anche stomaco forte. Eppure ogni violenza, anche solo accennata, serve a dare l'idea di quale girone dantesco sia quello della criminalità legata alla droga. Altro che telefilm o news da Tg. Noir agghiacciante, di grande impatto visivo." (Maurizio Turrioni, 'Famiglia Cristiana', 19 gennaio 2014) "Nonostante le ottime credenziali, infatti, 'The Counselor' scritto dal super-romanziere Cormac McCarthy e diretto dal mitico Ridley Scott è un filmaccio fatto a pezzi dalla critica, eppure facilmente classificabile tra i cosiddetti «dirty pleasure», i titoli trash che i cinefili usano ogni tanto concedersi. Troppo lunga, troppo colorata e troppo (e talvolta ridicolmente) dialogata, la parabola anticapitalistica lascia il tempo che trova, rivelandosi sin dalla prima inquadratura una specie di pulp tarantiniano privo dell'ironia sferzante del buon Quentino, meglio, un western-horror tanto affettato e compiaciuto da generare il piacere sconveniente di cui sopra. Siamo alle prese con un rapace avvocato dotato d'eccitante fidanzata ma, ahinoi, invischiato in una sporca faccenda di narcotrafficanti, disonesti per cretinaggine e femminone scostumate: non ci si annoia, le immagini risplendono d'anticato esotismo avventuroso, ma quando tipacci come quello interpretato dallo stralunato Bardem si mettono a filosofeggiare tra l'esistenzialistico e il ginecologico si fa fatica a non scoppiare in goliardiche risate." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 23 gennaio 2014)

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