TANGOS - L'ESILIO  DI GARDEL1985

SCHEDA FILM

TANGOS - L'ESILIO DI GARDEL

Anno: 1985 Durata: 119 Origine: ARGENTINA Colore: C

Genere:DRAMMATICO, MUSICALE

Regia:-

Specifiche tecniche:PANORAMICA

Tratto da:-

Produzione:TERCINE PARIS CINESUR BUENOS AIRES

Distribuzione:ACADEMY PICTURES - GENERAL VIDEO, SAN PAOLO AUDIOVISIVI

TRAMA

Alla fine degli anni '70, un gruppo di Argentini vive in esilio volontario o forzato a Parigi. Sono degli intellettuali nella maggioranza - scrittori o gente dello spettacolo - che hanno trovato asilo in Francia a seguito del colpo di Stato operato nel loro Paese. Mariana con la figlia Maria (è questa che racconta la storia), Juan Dos, lo scrittore Gerardo, il patetico Miseria, Alicia, Angelo e tanti altri sono personaggi che vivono alla meglio, telefonando concitatamente a casa per avere denaro e notizie e sognando di tornare al più presto in Patria. Intanto pensano di mettere su uno spettacolo, a scuotere l'apatia e l'indifferenza generale, e lo chiamano "tanghedia", per farne memoria, testimonianza e ragione di vita: testo e musica sono curati da Juan Primo, con gli appunti e le lettere che egli manda da Buenos Aires, dove è rimasto, e da Juan Dos, suo fratello e musicista geniale. La "tanghedia" consiste in una serie di quadri e scene, dove i fatti e le vicende anche di carattere personale saranno raccontati, simbolizzati, cantati e danzati con l'ausilio di decine di tanghi, da quelli classici di Castaneira de Dios e, soprattutto, del celeberrimo Gardel, a quelli più attuali e brucianti dell'epoca d'oggi. Ma Juan Dos ed il regista (francese) Pierre non riescono a trovare il finale dello spettacolo. Si ricorre perfino alle apparizioni del generale San Martin (eroe dell'indipendenza argentina, morto tristemente in esilio a Parigi nel 1850) e di Gardel, cantore popolare di celebrità mondiale (esiliato e morto nel 1935 nella stessa città). Con la citazione dei due personaggi, i quali pacatamente inducono alla fiducia ed all'inevitabile ritorno in Patria, nonchè con le franche parole della giovanissima Maria, troppo lontana dalla dittatura e dai "desaparecidos", ormai integratasi nel Paese che l'ha accolta e vogliosa di vivere, la "tanghedia" non andrà in scena, ma resterà un canto genuino e dolente, una toccante esperienza aperta alla speranza.

CRITICA

"L'originalità del film non sta infatti nelle amare meditazioni di Solanas, nel ripiegarsi sull'antico rimpianto della terra lontana. E' nella sua composita struttura (si va dal bozetto familiare al teatro da strada, dal documentario alla commedia musicale), in quel simpatico incrocio di realistico e di visionario, che accoglie gli stessi fantasmi di Gardel e di San Martin (l'eroe popolare del Sud America), e al quale si deve uno spettacolo vivacissimo, tanto spesso ambientato nelle scenografie naturali di Parigi, inconsueta ribalta per allegoriche coreografie cui danno vita mimi e ballerini di prim'ordine. Condito dalle musiche di Astor Piazzolla, ispiratosi alle canzoni popolari del Rio della Plata e a nuovi testi - alcuni dei quali scritti dallo stesso Solanas - e realizzato con un libero impasto di folclore e lirismo, di comico e accorato, il film annovera tanghi bellissimi, classici e moderni. Se la Carmen di Saura era il trionfo del flamenco, la vitalissima opera di Solanas, godibile come poche, ci dice del tango lo splendido languore e la provocante sensualità." (Giovanni Grazzini, 'Il Corriere della Sera', 21 Febbraio 1986) "'Tangos' è pure un film storico e politico, e lo è senza demagogia, in modi critici, dialettici. S'interroga sui diritti dell'uomo, sui problemi e le contraddizioni dell'integrazione culturale, sui rapporti tra gli argentini e Parigi, capitale della cultura e di tutti gli esuli, sulla generazione dei figli adolescenti degli esuli: il loro Paese sarà quello dei genitori che tornano o quello che sceglieranno da sè? 'Tangos' è, infine, un film che s'interroga su se stesso, sul cinema, sull'arte. 'Niente creatività senza rischi', dice un personaggio. I suoi rischi, Solanas se li è presi con un'audacia, ma anche con una matura padronanza dei mezzi espressivi, che mi hanno conquistato: è riuscito a far coincidere etica ed estetica senza che si neutralizzino a vicenda." (Morando Morandini, 'Il Giorno', 21 Febbraio 1986) "Al Festival di Venezia piacque assai, ai più sentimentali soprattutto, ai reduci nostalgici di tante battaglie e illusioni politiche, anche se sembra fin troppo ricco e pletorico, un profondo sospiro che voleva essere un grido. La giuria accolse la generale commozione e decreta un premio speciale, commosso anche nella motivazione: 'La Patria e la sua cultura devono essere amate e difese allorché esprimono anche il desiderio di una più grande giustizia e di una libertà inalienabile'. Una ragazza argentina, che aveva dieci anni quando lasciò il suo Paese, racconta a Parigi l'esilio patito dalla madre, attrice e danzatrice; e s'immagina che gli esuli argentini tentino di mettere in scena una Tanghedia, mescolanza di commedia e tragedia, sulle note del tango. L'eroe sarà Gardel, mitico autore di tango, e il copione si costruirà in diretta collaborazione telefonica con l'Argentina. Difficile sarà trovare un finale degno dell'idea e delle sofferenze patite, ma, in fondo al sogno ad occhi aperti, intervengono lo stesso Gardel e il generale San Martin, liberatore del Sud America e pure lui esule per tanti anni. La musica di Piazzolla,l'omaggio alla Francia terra ospitale, il contagio culturale tra esuli e ospiti si fondono nel film in un modo insieme abbandonato e ufficiale, quasi un manifesto inviato dalla vecchia Europa all'Argentina, nuovamente democratica, ma ancora pericolante. La Laforet ha i begli occhi di sempre, un poco offuscati da tutto quello che è accaduto in questi anni e che non si sarebbe voluto vedere." ('La Stampa', 19 Gennaio 1986)

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