Squadrone bianco1936

SCHEDA FILM

Squadrone bianco

Anno: 1936 Durata: 96 Origine: ITALIA Colore: B/N

Genere:DRAMMATICO

Regia:Augusto Genina

Specifiche tecniche:MUTO

Tratto da:romanzo "L'escadron blanc" di Joseph Peyré

Produzione:FRANCESCO GIUNTA PER ROMA FILM

Distribuzione:ENIC - VHS: DELTAVIDEO, VIDEO CLUB LUCE - DVD: BIBAX (2009)

ATTORI

Fosco Giachetti nel ruolo di Capitano Santelia
Antonio Centa nel ruolo di Tenente Mario Ludovici
Fulvia Lanzi nel ruolo di Cristiana
Francesca Dalpe nel ruolo di Paola
Guido Celano nel ruolo di Tenente Fabrizi
Olinto Cristina nel ruolo di Capitano Donati
Cesare Polacco nel ruolo di El Fennek
Mohamed Ben Mabruk nel ruolo di Belkier
Nino Marchetti nel ruolo di Soldato segretario di Santelia
Olga Pescatori nel ruolo di Anna
Loris Gizzi nel ruolo di Turista
Giorgio Covi nel ruolo di Turista
Doris Duranti nel ruolo di Turista
Donatella Gemmò nel ruolo di Turista
Enrico Marroni nel ruolo di Turista
Jole Tinta nel ruolo di Turista
Bernardino Molinari nel ruolo di Direttore d'orchestra alla basilica Massenzio
 

SOGGETTO

Joseph Peyré
 
 

MONTAGGIO

Tropea, Fernando
 

SCENOGRAFIA

Fiorini, Guido
 

COSTUMISTA

Vittorio Accornero

TRAMA

Per soffocare una passione non corrisposta, un ufficiale di cavalleria si fa destinare ai meharisti di Tripolitania. Giunto al fortino, a cui è assegnato, si trova subito in contrasto con la mentalità rude e fiera del capitano comandante. A quel contatto e con quell'esempio il sodato comprende la futilità della vita trascorsa fino ad allora. In una lunga spedizione attraverso il deserto all'inseguimento di una banda di ribelli, ha modo di dimostrare tutta la propria fierezza. Durante il combattimento, dopo giorni di marcia, il capitano muore e l'uficiale riconduce lo squadrone al forte. Tra un gruppo di turisti lo attende anche la donna che lo aveva respinto. Ma il giovane le dichiara di non voler più abbandonare quella che sarà la sua vita.

CRITICA

"[...] L'ambiente inconsueto, 'esotico' addirittura, avrebbe offerto effetti su efettacci, e il primo merito di Genina è di averli respinti. Ha riassunto in una specie di prologo (assai corrivo) l'avvio della vicenda; e la parte essenziale del film, l'avventura nel deserto, ha così potuto respirare poi con un suo ritmo, in un clima e in una atmosfera vivificati da un montaggio severo. [...] Già si doveva avere parecchia attenzione per il Genina, apparso subito dopo i pionieri della nostra prima cinematografia, e poi aggiornatosi con le ultime risorse e le ultime pretese del suo mestiere, in più di vent'anni di tenace lavoro. Ma ancora non ci aveva dato un film che in gran parte fosse convincente come questo [...] dove delicatezze ed evanescenze cedono il passo a un piglio saldo e virile. Il dramma del giovane tenente, dapprima sperduto, sbandato e poi ritrovatosi in un fervore di sacrifici e di riscatto, questo dramma è proposto molto semplicemente, e poi condotto e risolto con elementi apparentemente inavvertibili. Queste figure sono scabre, perché forti, asciutte perché antiretoriche; e la marcia nel deserto è ritmata dalla fatica e dalla sete prima ancora che dalla minaccia dei predoni". (Mario Gromo, "La Stampa", 22 agosto 1936).

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